Salute, applicazioni basate su algoritmi per diagnosticare le malattie genetiche

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Sono in costante sviluppo applicazioni per smartphone che, utilizzando algoritmi di Intelligenza Artificiale, hanno la capacità di riconoscere, analizzando le foto di pazienti affetti da presunte malattie genetiche, le caratteristiche facciali specifiche associate a queste patologie. Al congresso nazionale di Genetica Umana di Padova si è parlato, tra le varie applicazioni di AI, anche di questa tecnica. Funziona così: puntando lo smartphone sulla foto, o fotografando dal vivo il paziente, l’algoritmo analizza l’immagine, ne deduce le possibili patologie genetiche e fornisce al medico un elenco di opzioni probabili. Uno strumento diagnostico prezioso per aiutare medici e ricercatori a definire un sospetto diagnostico. Prezioso perché la diagnosi di una malattia genetica a volte è difficile. Oggi si stima che un bambino su 200-250 possa avere una malattia di origine genetica; alcune di queste condizioni cliniche, come la Sindrome di Down, sono ben note, discretamente frequenti e facilmente diagnosticabili. Ma altre, più rare e molto meno conosciute sia in termini di esistenza sia in termini di storia naturale, non sono riconoscibili con la stessa facilità.

L’evoluzione tecnologica nell’ambito della diagnostica genetica ha ampliato molto la conoscenza delle basi biologiche delle diverse sindromi, e oggi la grande maggioranza delle diagnosi cliniche hanno la possibilità di essere confermate con un test di laboratorio. Adesso sta entrando in gioco con peso sempre maggiore anche l’Intelligenza Artificiale. “Anche per le sindromi più rare, più difficili da diagnosticare” dice Luigi Memo, pediatra e genetista presso l’IRCCS Burlo Garofolo di Trieste, “il genetista clinico può disporre di nuovi strumenti: tecniche diagnostiche quali cariotipo molecolare e sequenziamento di nuova generazione, ma anche motori di ricerca online molto potenti. E in più adesso è disponibile anche questa app: può essere usata o come una sorta di secondo parere per diagnosticare disturbi genetici raramente visti, oppure per fornire un punto di partenza nei casi in cui il medico non sappia come trattare e definire i sintomi di un paziente”.