Russia: urne aperte per la ‘rielezione’ di Putin

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Roma, 15 mar. (askanews) – Urne aperte nella Federazione russa per elezioni presidenziali spalmate su tre giorni, dall’esito scontato ma che potrebbero riservare sorprese e problemi anche per Vladimir Putin, pur certo della vittoria. Il leader russo ha lanciato un appello a recarsi alle urne, indiretta conferma dei timori di una scarsa partecipazione, data la mancanza di vere alternative alla sua candidatura. E la Procura moscovita ha messo in guardia da azioni di protesta, a riprova che almeno nella capitale sono attese iniziative sul modello proposto da Yulia Navalnaya: l’invito è a recarsi alle urne domenica alle ore 12 come silenzioso atto anti-Putin, come già proposto da Aleksey Navalny, morto in carcere a metà febbraio e salutato ai suoi funerali e nei giorni successivi da migliaia e migliaia di moscoviti.

Intervenuto in tarda serata mercoledì alla tv, Putin ha invitato i connazionali a “venire alle urne ed esprimere la propria posizione civica e patriottica, votare per il candidato prescelto, per il futuro di successo della nostra amata Russia”.

“Oggi è di fondamentale importanza non deviare da questa strada. Realizzare gli obiettivi prefissati, raggiungere grandi obiettivi”, ha affermato, e votare è “un modo per partecipare direttamente all’ulteriore sviluppo dello Stato”.

Putin vuole un plebiscito e in termini di voti lo avrà (obiettivo 80% o qualcosa in più), ma vuole anche che vi sia una forte partecipazione per il voto che sarà tradotto anche in un nuovo mandato come comandante in capo. Sotto il 70% sarebbe una sconfitta. L’affluenza dunque conta, molto, e per garantirla sono stati mobilitati autorità locali, associazioni, capi delle imprese. In molte regioni verranno organizzate lotterie con viaggi e automobili in palio, in alcuni casi anche appartamenti.

Le elezioni si tengono anche nei cosiddetti ‘Nuovi Territori’, ovvero nelle parti di Ucraina controllate dalla Russia e dichiarate annesse al settembre del 2022, dove il voto è iniziato in anticipo di alcuni giorni. Per la prima volta in un’elezione presidenziale 23 soggetti della Federazione e la Crimea possono votare via internet a distanza, cosa che alimenta timori di più facili brogli rispetto a risultati ed affluenza. Si vota anche all’estero, compresi i ‘Paesi ostili’ (l’Italia è nella lista, come tutti i Paesi dell’Ue) anche se in un primo momento era stato ipotizzato il contrario.

Oltra a Vladimir Putin, i nomi sulla scheda elettorale sono quindi quelli di Nikolay Karitonov, 75 anni, presentato dal senescente Partito Comunista (Kprf) ma membro iscritto solo dal 2007; Leonid Slutsky, 56 anni, candidato del partito Liberal-democratico (Ldpr, destra nazionalista) orfano dello storico leader Vladimir Zhrinovsky morto l’anno scorso; Il partito Nuova Gente candida Vladislav Davankov: 39 anni, in politica dal 2020 e prima uomo d’affari, è vicino al campo ‘liberal’ ma da intendere come visione economica. Inserito a pieno titolo nel sistema politico ufficiale – è deputato e vicepresidente della Duma – Davnkov è comunque la figura più vicina al concetto di alternativa. E potrebbe rappresentare la sorpresa in termini di risultati, se dovesse sorpassare Karitonov e ottenere il secondo posto dopo Putin, come alcuni sondaggi prospettano.

I tre ‘sfidanti’ siedono in parlamento e fanno parte della cosiddetta opposizione sistemica che contrasta il partito governativo Russia Unita e quindi il Cremlino su pochi, singoli argomenti e non pone particolari problemi al potere. Dei candidati persi strada facendo, l’unico degno di nota è Boris Nadezhdin, 60 anni, apertamente critico nei confronti di Putin e opposto alla guerra in Ucraina: inizialmente il Cremlino sembrava tentato dal lasciarlo partecipare per veicolare un voto di protesta ritenuto comunque marginale, ma l’interesse che ha suscitato ha fatto cambiare idea ai vertici, con conseguente prevedibile bocciatura della sua candidatura per ragioni tecniche.

L’opposizione extraparlamentare è stata ridotta a un ruolo di totale marginalità con anni di progressive interdizioni, intralci, minacce, processi. La guerra in Ucraina ha determinato una svolta in tal senso: chi si oppone alla guerra, e chi contesta in generale le politiche del Cremlino – e quindi la campagna militare in Ucraina – è iscritto nelle liste degli ‘agenti stranieri’ o degli ‘elementi estremisti’, con conseguenze amministrative e anche penali, in alcuni casi molto pesanti. Oltre a Navalny, che al momento della morte stava scontando una condanna a 19 anni per estremismo in una colonia penale dell’estremo Nord artico, molti attivisti anti-sistema sono finiti in carcere. I più noti, e più insidiosi in termini politici, sono Vladimir Kara Murza, cittadino russo-britannico condannato a 25 anni di carcere per tradimento e fake news sull’esercito russo, e Ilya Yashin, otto anni di prigione per discredito delle forze armate.

Preoccupano il Cremlino anche la pioggia di droni e le recenti incursioni di gruppi paramilitari di ‘patrioti’ russi anti-Putin dall’Ucraina : della guerra i vertici russi parlano continuamente, ma non della guerra ‘in casa’, delle minacce per il territorio russo. I sondaggi registrano tassi di approvazione per Putin sempre molto alti, attorno all’80%, ma anche una crescente richiesta di porre fine alla guerra.