Rilancio e sviluppo del Sud non possono più attendere

74
in foto Costanzo Jannotti Pecci

Riproponiamo l’articolo di Ermanno Corsi apparso sul Roma di martedì 17 ottobre all’interno della rubrica Spigolature

di Ermanno Corsi

La voce è ferma, il messaggio volutamente sintetico senza giri di parole (non diceva Pirandello che le parole sono sacchi vuoti?). La sala ascolta, molto attenta. Costanzo Jannotti Pecci, presidente degli industriali partenopei, fornisce l’ultima e “contabilizzata” conseguenza della imperdonabile disattenzione verso l’arretratezza meridionale: ogni anno 134 mila giovani lasciano il Sud (“un’emigrazione alla ricerca di un lavoro che qui non c’è”). Un dramma di cui da troppo tempo si attende la fine. A carico delle regioni  “sudiste” i costi per formare le nuove generazioni e al Nord i vantaggi di poter disporre di lavoratori pronti per l’inserimento in quadri e reparti dell’attività produttiva.

LE ATTESE LOGORANO. Avviene in sostanza, nel programmare l’economica e durante gli sviluppi più significativi della comunità, quello che accade nello stimolante lavoro teatrale “En attendant Godot” di Samuel Becket, premio Nobel per la Letteratura 1969.I due personaggi Vladimir e Estragon aspettano fiduciosi il “signor Godot” su cui si sono concentrate tante aspettative. Ma col sistematico rinvio di giorno in giorno, questo personaggio tanto immaginato fa capire che non arriverà mai. Significative ed emblematiche le rassegnate batture finali dei protagonisti. ”Bene, andiamo?”; ”Sì, andiamo”. Ma i due non si muovono e restano fermi dove sono. Metafora della debilitante frustrazione accumulata nel tempo.

GIOVANI IMPRENDITORI. Se il presidente napoletano Jannotti Pecci afferma che il tempo dell’attesa è scaduto da tempo, ancora più decisi a scorgere nel “Decreto Sud” una irripetibile via di cambiamento sono i giovani industriali. Di generazione in generazione si riuniscono a Capri dal 1985 e sempre nel mese di ottobre “a ridosso dell’annuale bilancio dello Stato” che, quest’anno, si presenta particolarmente problematico. Espressione del modo nuovo di vivere la globalizzazione, il presidente della Confindustria Carlo Bonomi e, tra gli altri, il vice Riccardo Di Stefano con gli under Antonio Amato e Vittorio Ciotola. Punto di partenza le risorse finanziarie che, sotto molte voci, prendono la via della Comunità europea per arrivare in Italia. Da qui i “futuri possibili” che sono tanti “quanti saremo in grado di coglierne”. Il principale punto di riferimento resta lo scenario euro-mediterraneo. Così il viaggio caprese nell’economia globale porta inevitabilmente lontano, ma per tornare sempre all’Italia e al Sud con al centro risorsa mare, infrastrutture fisiche e sociali, scuole, giustizia, cultura. Un cammino tuttavia non facile che fa riecheggiare, sotto il cielo di Capri, il nuovo allarme della Banca d’Italia: sempre più squilibrato il rapporto tra debito pubblico e Pil (prodotto interno lordo). Pesanti le ricadute su Stato, famiglie, imprese, qualità della vita.

DALLE REGIONI IN POI. Se il futuro ha un cuore antico, come diceva Carlo levi impareggiabile autore del “Cristo si è fermato a Eboli”, di questo “cuore” è necessario verificare -anche se per sommi capi- cosa è accaduto, nel nostro Paese e specie al Sud, almeno dall’avvento delle Regioni (datate 1970). Quando la legge istitutiva fu approvata dal Governo di Mariano Rumor, si parlò, enfaticamente, di un “nuovo Risorgimento” in grado di comprendere meglio bisogni ed esigenze della comunità nazionale. Ma davanti all’Ente che nasceva c’era il vuoto. Trascorse tutto un “biennio bianco” in attesa che si precisassero le materie ad esso demandate (in Campania non c’era nemmeno una sede per avviarvi i lavori; per un lungo periodo la prima Giunta regionale, presieduta da Carlo Leone fratello del più famoso Giovanni, dovette arrangiarsi in un sottoscala di palazzo reale).In 53 anni di vita, sostiene ora dal suo punto di vista il presidente degli industriali jannotti Pecci, si è praticato un regionalismo all’italiana con un decentramento irrazionale che “ha finito per sottrarre risorse al Sud meno sviluppato per trasferirle alle regioni più ricche”.

INGEGNERIA COSTITUZIONALE. Altri momenti decisivi, nel “riequilibrio” dei poteri, la legge che dal 1993 consente l’elezione diretta dei Sindaci, seguita da quella che nel 2001 (Governo Giuliano Amato) ha modificato il titolo V della Costituzione: alle Regioni la “legislazione concorrente”. Tutta una ragnatela di nuove competenze che hanno reso ancora più confusionaria e confliggente la vita del nostro Paese.