Riforme al rush finale. Renzi: “Giornata storica”. Opposizioni: ‘Slitti voto finale’ – diretta –

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Rush finale sulle riforme costituzionali che tornano in Aula alla Camera per l’ultima lettura e dovrebbero essere approvate mercoledì 13. “Giornata storica – twitta il premier Matteo Renzi che interverrà in Aula – oggi per le riforme costituzionali. Ma prima a Verona: aziende, JobsAct, Vinitaly 2016. Grinta e coraggio, l’Italia riparte”.

Oggi ci saranno circa undici ore di dibattito generale e subito dopo, attorno alle 18 la replica in Aula dello stesso Renzi. Sulle barricate le opposizioni che chiedono in Aula alla Camera di convocare una riunione della conferenza dei capigruppo per presentare formalmente la richiesta di rinviare il voto finale sulla riforma costituzionale. La richiesta è stata avanzata prima da Arturo Scotto (SI), poi da Michele Dell’Orco (M5s), poi da Renato Brunetta (FI). “E’ assurdo che si vada a riformare la Costituzione se non si sa nemmeno se il 19 aprile ci sarà ancora il governo, dopo la mozione di sfiducia”, ha detto Dell’Orco.

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Ma per Renzi la tabella di marcia è già fissata: entro mercoledì 13 al più tardi sulle riforme si chiude.

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Altri temi caldi le intercettazioni e il conflitto di interessi. Da martedì 12 aprile in commissione Giustizia del Senato si dovrebbe tornare a parlare di riforma del processo penale (al cui interno c’è il capitolo intercettazioni) ma già si ipotizza uno slittamento dei tempi (almeno a dopo il referendum dicono dal governo). Per il conflitto di interessi, invece, si va verso la calendarizzazione in aula.

Si avvicina la scadenza di domenica 17 aprile, quando il paese sarà chiamato a pronunciarsi sul referendum anti-trivelle inviso dal premier che punta su un esito “fallimentare”. Un altro passaggio-chiave per l’esecutivo dato che Renzi non ha esitato a metterci la faccia convinto di avere dalla sua solide ragioni che ha voluto contrapporre a quelle dei governatori promotori, degli ambientalisti e soprattutto dei 5 stelle che su questo referendum hanno costruito una campagna contro “trivellopoli” e contro il governo dalle “mani sporche di petrolio”, per l’inchiesta di Potenza.

E quasi senza soluzione di continuità, dopo 48 ore, martedì 19 aprile, al Senato si aprono le danze sulle due mozioni di sfiducia al governo presentate separatamente da M5s e dal centrodestra (Fi-Lega-Cor).

I documenti fanno seguito proprio al caso dell’inchiesta sul petrolio che ha portato alle dimissioni della ministra Federica Guidi. Il premier non dà mostra di preoccupazione alcuna (“il Parlamento non ci manderà a casa neanche questa volta”). Alle dichiarazioni di guerra delle opposizioni, si contrappone il realismo politico di chi vede con scetticismo la possibilità che i parlamentari decidano di fare le valigie anzitempo.

Intanto, però, va avanti la guerriglia delle dichiarazioni incrociate tra M5s e Lega che si dicono pronti a votare le reciproche mozioni di sfiducia. Quello che sembra impensierire di più Renzi è piuttosto il passaggio elettorale delle amministrative del 5 giugno. Non si annuncia facile vincere le sfide di Roma, Milano, Napoli, Torino, Bologna, per dire alcune delle più importanti città al voto. E dalle opposizioni già intonano il “de profundis” per governo e maggioranza, convinti che per Renzi e i suoi sarà un flop elettorale. Per i 5 stelle sicuramente si tratta di un test nazionale: “Se vinciamo nelle grandi città dritti alle elezioni politiche”, ha avvisato Luigi Di Maio.

Rush finale sulle riforme costituzionali che tornano in Aula alla Camera per l’ultima lettura e dovrebbero essere approvate mercoledì 13. “Giornata storica – twitta il premier Matteo Renzi che interverrà in Aula – oggi per le riforme costituzionali. Ma prima a Verona: aziende, JobsAct, Vinitaly 2016. Grinta e coraggio, l’Italia riparte”.

Oggi ci saranno circa undici ore di dibattito generale e subito dopo, attorno alle 18 la replica in Aula dello stesso Renzi. Sulle barricate le opposizioni che chiedono in Aula alla Camera di convocare una riunione della conferenza dei capigruppo per presentare formalmente la richiesta di rinviare il voto finale sulla riforma costituzionale. La richiesta è stata avanzata prima da Arturo Scotto (SI), poi da Michele Dell’Orco (M5s), poi da Renato Brunetta (FI). “E’ assurdo che si vada a riformare la Costituzione se non si sa nemmeno se il 19 aprile ci sarà ancora il governo, dopo la mozione di sfiducia”, ha detto Dell’Orco.

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Ma per Renzi la tabella di marcia è già fissata: entro mercoledì 13 al più tardi sulle riforme si chiude.

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Si avvicina la scadenza di domenica 17 aprile, quando il paese sarà chiamato a pronunciarsi sul referendum anti-trivelle inviso dal premier che punta su un esito “fallimentare”. Un altro passaggio-chiave per l’esecutivo dato che Renzi non ha esitato a metterci la faccia convinto di avere dalla sua solide ragioni che ha voluto contrapporre a quelle dei governatori promotori, degli ambientalisti e soprattutto dei 5 stelle che su questo referendum hanno costruito una campagna contro “trivellopoli” e contro il governo dalle “mani sporche di petrolio”, per l’inchiesta di Potenza.

E quasi senza soluzione di continuità, dopo 48 ore, martedì 19 aprile, al Senato si aprono le danze sulle due mozioni di sfiducia al governo presentate separatamente da M5s e dal centrodestra (Fi-Lega-Cor).

I documenti fanno seguito proprio al caso dell’inchiesta sul petrolio che ha portato alle dimissioni della ministra Federica Guidi. Il premier non dà mostra di preoccupazione alcuna (“il Parlamento non ci manderà a casa neanche questa volta”). Alle dichiarazioni di guerra delle opposizioni, si contrappone il realismo politico di chi vede con scetticismo la possibilità che i parlamentari decidano di fare le valigie anzitempo.

Intanto, però, va avanti la guerriglia delle dichiarazioni incrociate tra M5s e Lega che si dicono pronti a votare le reciproche mozioni di sfiducia. Quello che sembra impensierire di più Renzi è piuttosto il passaggio elettorale delle amministrative del 5 giugno. Non si annuncia facile vincere le sfide di Roma, Milano, Napoli, Torino, Bologna, per dire alcune delle più importanti città al voto. E dalle opposizioni già intonano il “de profundis” per governo e maggioranza, convinti che per Renzi e i suoi sarà un flop elettorale. Per i 5 stelle sicuramente si tratta di un test nazionale: “Se vinciamo nelle grandi città dritti alle elezioni politiche”, ha avvisato Luigi Di Maio.