Riforma Boschi e rapporto Stato-Regioni: come cambia l’art. 117 Cost.

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Se la riforma costituzionale dovesse andare in porto, nel rapporto Stato-Regioni muterebbero gli equilibri, ancora una volta.

Nel mese di Ottobre gli italiani saranno chiamati al voto per promuovere o bocciare la riforma costituzionale del Governo Renzi, già approvata da Camera e Senato in doppia lettura. Se il referendum confermativo dovesse dare ragione ai promotori della “revisione”, la Costituzione sarebbe rinnovata in 36 degli attuali 134 articoli (omissis esclusi), per quella che si prospetta come la più grande riforma della nostra Carta Costituzionale dalla nascita della Repubblica. Il ddl Boschi prevede numerose modifiche all’attuale assetto ordinamentale, dalla fine del bicameralismo perfetto con la riforma del Senato, all’abolizione del CNEL e all’emendazione dell’elezione del Presidente della Repubblica (e dei giudici della Corte Costituzionale), del referendum abrogativo e dell’iter legislativo di iniziativa popolare. Ma non è tutto qui. Per l’ennesima volta, a passare sotto il meccanismo di revisione di cui all’art. 138 Cost, è la ripartizione delle competenze tra Stato e Regioni. La legge costituzionale 3/2001 aveva modificato l’art. 117 portando all’apice del riconoscimento giuridico la forma di Stato federalista. Quindici anni dopo, la nuova riforma determinerebbe un passo indietro nel processo di decentramento politico, segnale del fallimento di un esperimento regionalista cominciato negli anni ’70 e mai portato definitivamente a compimento. Tornerebbero, infatti, nell’alveo della competenza esclusiva statale all’incirca una ventina di materie, di cui alcune strategiche e cruciali, quali i trasporti, l’occupazione, le infrastrutture strategiche, i mercati assicurativi, il turismo e le attività culturali, la gestione di porti e aeroporti, l’ambiente, la navigazione, la produzione e la distribuzione dell’energia, l’ordinamento delle professioni e delle comunicazioni, la sicurezza sul lavoro, la previdenza sociale. Dal Titolo V verrebbe sostanzialmente a scomparire la lista delle materie a legislazione concorrente tra Stato e Regioni, tutte “attratte verso l’alto”. L’obiettivo è certamente quello di escludere gli enti substatali dal circuito decisionale, ritenuti forieri di intralci e portatori di particolarismi dannosi per lo sviluppo socio-economico della Nazione (oltre che ridurre l’enorme mole di ricorsi per conflitto di attribuzione di cui è oberata la Corte Costituzionale). Se l’accentramento politico sia davvero la scelta giusta non è ancora dato saperlo: nel frattempo siamo noi quelli chiamati a deciderne la sorte. Arrivederci ad Ottobre.