Riflessioni per non perdere del tutto il filo di quanto avviene in Italia e nella Ue

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La settimana è iniziata portando novità di certo significative, comunque non buone, dai fronti di guerra, principalmente da quello mediorientale. Durante il fine settimana sono aumentate le probabilità che il conflitto possa coinvolgere anche l’Iran e il Libano. Ciò corrisponderebbe a una dichiarazione di guerra da parte del primo dei due stati a una pletora di altri e per ora meglio non fasciarsi la testa. Può essere invece di aiuto tentare di capire cosa stia succedendo in Italia, oltre agli effetti negativi prodotti dai conflitti. Secondo le attuali rilevazioni, riferite con professionalità e prudenza, quindi qualcosa in più e di maggiore attendibilità delle dichiarazioni generiche della prim’ora fatte all’impronta e non da specialisti sull’onda rovente delle prime notizie, nel Paese i prezzi dei combustibili, dopo una prima fiammata, sono ritornati all’ incirca ai livelli di venti giorni fa. Poiché i conflitti, quello in Israele e quello in Ucraina, non accennano a concludersi, l’Europa dovrà continuare a impegnarsi perché si accorcino i tempi necessari al passaggio all’impiego di energie ottenute da fonti rinnovabili. Per restare con i piedi per terra, dovrà continuare a premere l’acceleratore sull’ impegno di reperire fonti disponibili a rifornire la stessa di combustibili di natura fossile. In tale operazione sta tirando la volata l’Italia, supportata dalla Eu, con l’attuazione del Piano Mattei. Tutto ciò sarà necessario, ma al momento non è sufficiente, nel Paese in modo particolare, perché i suoi cittadini smettano di boccheggiare e ritornino a respirare il più normalmente possibile. Il punto debole di quanto il Governo, in sintonia con la EU, sta portando avanti, è la lotta all’inflazione. È senz’altro vero che tale problema è stato preso di petto, sul filo di quanto sia la Commissione Economica che la BCE hanno posto in essere: benefici a pubblico e privati la prima, aumento del tasso di interesse la seconda. In ossequio all’essenza di un principio che è adottato da quel di, è necessario verificare se il gioco valga la candela. Vale a dire, nel caso del costo del denaro, se i benefici prodotti dallo stesso quanto meno lo superiano. Al momento, non è troppo presto per dirlo, dall’inizio della manovra di rialzo del costo dell’ euro, poco più di un anno fa, l’inflazione è si diminuita, ma non quanto gli addetti ai lavori avevano, a ragione, previsto. La prima conclusione, condivisibile senza sforzi, è che il solo intervento sulla moneta non può bastare a correggere le dinamiche che generano la differenza tra entrate e uscite di una famiglia, come quella del delta tra costi e ricavi di un’ azienda. L’ anello debole della catena di quanto si sta facendo per sconfiggere la povertà è proprio questo: se da sola la lotta all’inflazione non basta, su quali altre variabili economiche il Governo possa e debba concentrare gli sforzi. Il problema non è di facile soluzione, perché l’interrogativo appena riportato non prevede una sola risposta. Si può provare a azzardarne una, quella del rendere più economici i processi produttivi in generale. A questo punto viene fuori immediatamente il primo ostacolo: come reperire le risorse per fare tutto quanto è necessario. Stante il fatto che, come è noto, il Tesoro ha problemi di liquidità di suo, un tentativo che converrebbe che l’Esecutivo mettesse in atto, è il coinvolgimento dei risparmiatori privati, almeno di parte di quello che giace pressoché infruttifero nelle banche o nei cassetti. Questo tipo di intervento, che in altri paesi funziona con soddisfazione, in Italia nel passato è stato più volte sul punto di prendere consistenza per poi essere accantonato senza particolari motivazioni.
Quella appena descritta potrebbe essere l’occasione adatta per il debutto dello stesso Almeno in tal modo si potrà farne una prova sul campo e stabilire se è opportuno procedere o se sia stata solo una pia illusione. Tenendo presente che nel villaggio si è soliti dite che non sbaglia solo chi non fa niente.