Udine, 15 ott. (Labitalia) – Ottenere nuove selezioni di vitigni, a partire dal Pinot nero, resistenti o altamente tolleranti a malattie fungine. E’ l’obiettivo di un nuovo progetto promosso dall’Università di Udine in collaborazione con le nove cantine aderenti alla Rete di impresa Pinot nero Fvg – Castello di Spessa, Conte d’Attimis Maniago, Masùt da Rive, Russolo, Zorzettig, e dallo scorso novembre anche Gori, Jermann, Antico Borgo dei Colli e Antonutti – che accoglieranno nelle loro vigne cloni di Pinot nero per permettere le attività di monitoraggio e studio sul vitigno.
Non solo. Il progetto prevede, inoltre, l’erogazione di borse di studio che verranno finanziate dalle cantine della Rete, a favore di studenti del corso di laurea in Viticoltura ed enologia dell’Università di Udine per tirocini o tesi da svolgersi in zone dove il Pinot nero ha recentemente conosciuto un crescente interesse r risultati altamente qualitativi, come l’Oregon e la Nuova Zelanda.
“Nonostante si abbiano testimonianze sulla presenza del Pinot nero in Friuli Venezia Giulia sin dalla fine del 1800 – commenta il presidente di Rete di impresa Pinot nero Fvg, Fabrizio Gallo – questo vitigno rimane ancora molto particolare e tra i più complessi da coltivare e vinificare. Per questo, siamo veramente orgogliosi di aderire al progetto dell’Università di Udine, per contribuire concretamente allo sviluppo di questo vitigno e invogliare sempre più viticoltori a raccogliere la sfida del Pinot nero, un vitigno difficile ma in grado di dare vita a vini unici, nordici e mediterranei allo stesso tempo”.
Considerato da sempre, infatti, un vitigno impegnativo, il Pinot nero è uno dei vitigni internazionali originario della Francia (Borgogna), che meglio riesce a portare con sé il significato e il valore del terroir in cui nasce, come ricorda Enrico Peterlunger, docente di Viticoltura all’Università di Udine: “In Italia il Pinot nero ha trovato casa soprattutto in Trentino Alto-Adige, in Oltrepò Pavese, in Veneto, in Toscana e in Friuli Venezia Giulia, dove ha una lunga storia. Giunto nel Nord-Est alla fine del Novecento, il vitigno non ha conosciuto immediata fortuna. Questo a causa della complessità dell’uva e delle difficoltà riscontrate immediatamente nell’allevarla”.
“Per moltissimi anni, infatti, il Pinot nero – precisa – è stato usato solo come base per tagliare l’acidità dei vini autoctoni. Ci sono voluti diversi anni prima che arrivassero all’orizzonte produttori coraggiosi capaci di affrontare il nobile vitigno, dedicandogli tutte le cure necessarie sia in fase di allevamento sia in fase di vinificazione e credendo fortemente che quest’uva potesse diventare addirittura espressione dell’identità vitivinicola del Friuli Venezia Giulia”.
L’annuncio del progetto arriva subito dopo che le cantine della Rete hanno concluso la vendemmia del Pinot nero: una vendemmia particolarmente positiva che sembra promettere un’ottima annata. “L’andamento meteorologico – spiega Gallo – è stato ottimo. La primavera è stata fresca e il germogliamento, in ritardo di due settimane rispetto al 2017, presentava un’ottima uniformità così come il successivo sviluppo della vegetazione. L’estate calda e alcune precipitazioni sopraggiunte al momento giusto hanno determinato un anticipo della maturazione delle uve che ha creato un ottimo bilanciamento tra l’accumulo zuccherino e l’aciditià, generando una produzione generosa. L’elevata sanità delle uve verrà ricordata per lungo tempo e le aspettative per i vini sono entusiasmanti”.
Ad accomunare le cantine della Rete, la ferma volontà di accrescere la notorietà del Pinot nero, esaltando le peculiarità del territorio e promuovendo le diverse sottozone del Friuli Venezia Giulia che producono questo vitigno. Le nove cantine coinvolte nella Rete, nata nel 2016, infatti, credono che il Pinot nero sia simbolo di una produzione d’eccellenza. I soci di Rete d’impresa Pinot nero Fvg sostengono il valore del terroir a dimostrazione di come non ci sia un unico Pinot nero, ma tanti Pinot nero quante le zone di produzione, la natura del territorio e la sua storia.
“Siamo una regione bianchista per eccellenza, eppure siamo convinti che il Pinot nero possa essere una fra le più alte espressioni della nostra qualità. Il nostro comune denominatore è la volontà di far crescere la notorietà del Pinot nero spiegando, con l’esempio dei nostri vini, perché proprio in questa regione il vitigno assume caratteristiche inimitabili”, sottolinea il presidente Fabrizio Gallo, che è anche titolare dell’azienda Masùt da Rive. “Il Pinot nero – aggiunge – è un’uva della quale ci si innamora con un colpo di fulmine; il suo carattere complesso, però, non è poi semplice da gestire. Il Pinot nero richiede moltissime attenzioni soprattutto durante la fase estrattiva del colore e degli aromi. Siamo convinti che questo vino così diverso a seconda della zona di nascita possa dimostrare la straordinaria capacità produttiva della nostra terra”.
Le nove cantine socie di Rete d’impresa Pinot nero Fvg contano complessivamente 28 ettari di vigneto (su circa 150 totali) allevato a Pinot nero, con una produzione di 150 mila bottiglie, in leggera crescita rispetto agli anni precedenti. Tutte le cantine socie hanno maturato una buona expertise nella produzione di Pinot nero di almeno dieci e, in alcuni casi, anche vent’anni e producono complessivamente 11 diversi Pinot nero.
“L’unico Pinot nero che produciamo nasce da un vigneto di un ettaro e mezzo e si presenta fine ed elegante, ma anche di facile beva”, afferma Flavio Schiratti (Antico Borgo dei Colli). Per Adriana Antonutti (Antonutti), “è un vino tipicamente friulano, riconoscibile”. “Il nostro Pinot nero, il Collio Doc Casanova, è un Cru omaggio alla visita che Casanova fece al Castello di Spessa nel 1773. In bocca questo vino si caratterizza per la freschezza iniziale seguita da una piacevolissima astringenza conferita dalla maturazione in botte”, testimonia Loretto Pali (Castello di Spessa). Come spiega Alberto d’Attimis Maniago (Conte d’Attimis Maniago), “questo terreno si chiama ponca ed è uno dei migliori per la vite; il Pinot nero ha un carattere complesso riconducibile a quello tipicamente friulano ed è uno dei rossi ai quali dedichiamo maggior impegno”.
“Il nostro Pinot nero si chiama Nemas 1° – dice Piero Gori (Gori) – e nasce da una mia personale riflessione sul Pinot Nero e sulle sue straordinarie potenzialità, soprattutto in una terra dal microclima favorevole al vitigno come questa”. Mentre Edi Clementin, direttore generale Jermann, assicura: “Dedichiamo al Pinot nero ben 11 ettari e non escludiamo di poter crescere ancora”. “Grifo Nero proviene dal vigneto di Armentaressa, ai margini di un’area tutelata dal punto di vista ambientale. Il terreno, come piace dire a me, è un materasso di sedimenti alluvionali”, osserva Igino Russolo (Russolo).
“Le viti dalle quali arriva il nostro Pinot nero Friuli Colli Orientali Doc hanno circa 25 anni di vita. Nasce da un vigneto di circa 1,30 ettari e ha uno stile che ricorda molto quello della Borgogna, dal quale ci siamo ispirati. Per me è uno dei nostri vini più interessanti”, dichiara Giuseppe Zorzettig (Zorzettig). E il presidente della Rete Fabrizio Gallo (Masùt da Rive) conclude: “Da anni siamo convinti, e i risultati ci danno ragione, che questa etichetta, Maurus, possa diventare il nostro orgoglio nel mondo”.