Resta la terzultima provincia italiana per valore aggiunto procapite, ma ha un Pil che percentualmente, seppur lentamente, cresce in linea con quello regionale e più del resto del Paese. Ed è soprattutto un territorio dinamico, con prospettive concrete per i giovani e per le donne. E’ una fotografia ancora a tinte fosche, ma con più di un segnale di speranza quella scattata nel 2016 su Terra di Lavoro dall’Istituto Tagliacarne per conto di Unioncamere. I dati del Casertano sono stati presentati oggi a Capua alla Facoltà di Economia dell’Università della Campania dal presidente della Camera di Commercio di Caserta Tommaso De Simone, da Giacomo Giusti dell’Istituto Tagliacarne e da Vincenzo Maggioni del Dipartimento di Economia.
In Terra di Lavoro la crisi scoppiata nel 2008 ha lasciato macerie ben più consistenti rispetto al resto del Paese, con una perdita di ricchezza di quasi 9 punti percentuali e una forte deindustrializzazione. Ma nel 2016 la tendenza ha iniziato a invertirsi con un +1,3% di crescita del Pil e tanti indicatori positivi. La provincia sta ancora recuperando il danno dovuto alla “campagna mediatica” sulla ‘Terra dei Fuochi’ iniziata nel 2014, che ha determinato per l’export, ancora oggi segmento trainante dell’economia casertana, un calo di 400mln euro da una base di oltre 1,2 miliardi di euro di prodotti esportati. Ancora oggi si registra un saldo negativo tra import ed export. Fa però ben sperare la crescita del settore agricolo, che oggi rappresenta il 5,2% del Pil provinciale, e del turismo, mentre soffre l’edilizia. Sul fronte occupazionale il numero di occupati nel 2016 è cresciuto di circa 9.000 unità, di cui oltre 7000 sono donne; un livello comunque lontano da quello dell’anno 2004 di oltre 20.000 unità; è aumentato per contro il numero dei disoccupati (+7.600 unità rispetto al 2015); potrebbe sembrare una cattiva notizia, ma unita all’aumento del numero di occupati segnala come sia in corso la transizione da inattivo a persona in cerca di occupazione.
“Questa provincia – dice De Simone – sta iniziando a crescere, il periodo di crisi buia è ormai superato”. Piena di studenti l’aula magna della facoltà, tutti interessati a capire quali saranno le reali prospettive future; la maggioranza non ha ancora un’idea ben precisa del proprio futuro, qualcun altro invece già cosa potrà realizzare. “Bisogna puntare sui finanziamenti per le start up – dice lo studente Daniele Lombardi – e noi giovani dobbiamo fare di tutto per restare qui”. Invita i giovani a non emigrare l’assessore regionale alle Attività Produttive Amedeo Lepore: “Il provvedimento nazionale ‘Resto al Sud’ e quello della Regione su ‘Garanzia Giovani’ – dice – sono due strumenti molto importanti per i nostri ragazzi, cui si aggiunge il processo di digitalizzazione della Campania che sta andando avanti e che si completerà nei prossimi mesi. I nostri giovani dunque non avranno bisogno di andare via, ma potranno restare qui usando bene la rete”.
Un focus è stato dedicato proprio alla cosiddetta “questione giovanile”, molto avvertita a Caserta, seconda provincia in Italia dopo Napoli quanto a incidenza degli under 35 sul totale della popolazione (40,7%). I dati interessanti sono quelli sulla percentuale del numero di imprese messe su dai giovani rispetto al totale e sulla mobilità giovanile: Caserta è seconda dopo Napoli per numero di imprese giovanili (13608 contro le 40mila del napoletano) ma è prima per incidenza sul totale delle aziende (14,8%). Il giovane casertano si sposta ma pochissimo all’estero (il tasso di emigrazione è secondo più basso fra le province italiane dopo quello di Parma), e preferisce sfruttare il vantaggio di vivere a metà strada tra due grandi metropoli come Roma e Napoli. L’effetto è che solo il 73,6% dei giovani casertani occupati lavori all’interno dei confini provinciali, a fronte di dati ben più consistenti relativi all’Italia (86,7%). Caserta risulta però anche tra le primissime posizioni per l’incidenza delle imprese giovanili sul totale delle imprese (quarta). “Nel Casertano, il sistema imprenditoriale giovanile – spiega Giusti dell’Istituto Tagliacarne – appare decisamente strutturato. Appaiono esserci quindi le condizioni affinché i giovani possano sviluppare forme di impresa, se vogliamo dire innovativa”.