Sotto l’Alto Patronato del Presidente della Repubblica, domani sarà celebrata la 96ª Giornata Mondiale del Risparmio, da sempre organizzata da Acri, l’Associazione che rappresenta le Fondazioni di origine bancaria e le Casse di Risparmio Spa. In videocollegamento interverranno il presidente di Acri Francesco Profumo, il presidente di Abi Antonio Patuelli, il Governatore della Banca d’Italia Ignazio Visco, il ministro dell’Economia e delle Finanze Roberto Gualtieri. La diretta dell’evento si potrà seguire sul sito www.acri.it. Come ogni anno, alla vigilia della manifestazione, Acri presenta i risultati dell’indagine sugli Italiani e il Risparmio, che da vent’anni realizza insieme a Ipsos per questa occasione. I principali risultati sono suddivisi in due macroaree: la prima, comune a tutte le rilevazioni (dal 2001 al 2020), consente di delineare quali siano oggi il livello di soddisfazione per la propria situazione economica e tenore di vita, l’atteggiamento e la propensione verso il risparmio, evidenziando i cambiamenti rispetto al passato; la seconda è focalizzata sul tema specifico della Giornata, che quest’anno è “Risparmio: Futuro Presente”, tema estremamente attuale nelle riflessioni delle principali istituzioni politiche ed economiche, con forti implicazioni sui comportamenti e sulle scelte di consumo e investimento degli italiani.
L’indagine in sintesi
Il clima degli italiani nei confronti dell’economia e del risparmio è caratterizzato da evidenti contraddizioni. Da una parte si rileva una ritrovata serenità e fiducia rispetto alla propria situazione economica, dovuta al senso di tranquillità indotto dal largo incremento del numero di risparmiatori e, forse, da un ridimensionamento delle aspettative. D’altra parte, è diffusa una preoccupazione generalizzata circa i destini del Paese e del mondo, che induce molta cautela sia nel consumo, che nell’investimento. In questo contesto si acuiscono le differenze: una quota significativa di italiani, seppur minoritaria, sta velocemente riducendo la propria capacità di resistere alle difficoltà, mentre altri la stanno migliorando. I timori sul futuro appaiono contrastati solo da una crescita della fiducia nell’Ue, nella direzione intrapresa e nelle potenzialità dell’euro.
Non si era ancora usciti dalla crisi economica precedente, quando l’emergenza sanitaria si è abbattuta sul mondo intero, imponendo regole ferree e scelte drastiche che, inevitabilmente, hanno avuto ricadute economiche e finanziarie, seppur non necessariamente di matrice negativa per il sentiment degli italiani. La crisi è innegabilmente grave, ma sono soverchianti le preoccupazioni sanitarie, che pongono in secondo piano i temi economici. Inoltre, la percezione di essere inseriti in un problema globale riduce la percezione di una specificità negativa italiana.
La riduzione delle occasioni di consumo ha favorito il risparmio, dando un’ulteriore spinta a una propensione ben consolidata e distintiva degli italiani che, in questo modo, si sentono sempre più al riparo di fronte al timore dell’imprevisto, potendo contare su risorse proprie. Coloro che si trovavano già in difficoltà, invece, hanno sensibilmente peggiorato la propria capacità di risparmio. Il risparmio rimane sempre gestito nella forma della liquidità, per la difficoltà, evidente da alcuni anni, a identificare l’investimento ideale.
L’Unione Europea ha rappresentato un valido aiuto per l’Italia durante l’emergenza Covid, determinando un’impennata nel livello di fiducia, con dei riverberi sul livello di soddisfazione per l’Euro. Il Recovery Fund, infatti, è molto noto e segna un cambio di passo, anche se non ancora una vera e propria svolta positiva nella relazione tra Italia e Europa.
Gli italiani ambiscono e guardano al risparmio come fonte di tranquillità, molto più di quanto non accadesse in passato, a fronte di un futuro in cui le incognite non mancheranno. Infatti, oggi il risparmio viene sempre più vissuto come un ingrediente funzionale a una proiezione al breve-medio termine, piuttosto che come fonte di sacrificio odierno per una progettazione di lungo periodo.
Proiettare l’orizzonte temporale ai prossimi 10 o 20 anni infonde una forte incertezza e preoccupazione, alimentata dalle due dimensioni maggiormente all’ordine del giorno: la salute e lo sviluppo economico. Rispetto a quest’ultimo, gli italiani considerano centrale la necessità di proporre un futuro migliore e con più ampie prospettive ai giovani.
Per gli italiani, la ricostruzione “post Covid” dovrà tenere conto di due istanze importanti: perseguire con convinzione un percorso verso lo sviluppo sostenibile e offrire formazione soprattutto ai giovani, per contrastare la povertà educativa. In questo contesto, i corpi intermedi possono offrire un contributo importante e utile di conoscenza, esperienza diretta e capacità di incanalare le azioni nel modo più efficiente.
La ricerca: metodologia
L’indagine è stata realizzata, come ogni anno, nella settimana a cavallo tra settembre e ottobre, tramite interviste telefoniche con tecnologia Cati – Computer Aided Telephone Interviews – ed è stata arricchita di alcuni dei risultati delle indagini congiunturali prodotte dall’Istat e di altre indagini condotte da Ipsos nel 2020. Sono state svolte circa 1.000 interviste, presso un campione rappresentativo della popolazione italiana adulta, stratificato in base ai seguenti criteri: area geografica e ampiezza del centro, sesso ed età. In corso di elaborazione, i risultati sono stati ponderati al fine di riprodurre fedelmente l’universo di riferimento.
Il Futuro dell’economia, personale e globale
Il sentiment degli italiani riguardo alla situazione economica personale inquadra comportamenti e scelte di vita in una cornice meno negativa rispetto al resto del mondo, come riportato dallo studio Global@dvisor di Ipsos.
La crisi economica che stiamo attraversando è indubbiamente grave per la quasi totalità degli italiani (84%), anche se la fine sembrerebbe più vicina rispetto a quanto emerso in passato, probabilmente perché legata, da una parte, alla risoluzione dell’epidemia, con l’auspicabile arrivo del vaccino; dall’altra, al sostegno massiccio e concreto proveniente dall’Europa con il Recovery Fund, che rappresenta un fatto nuovo e, in un certo senso, quasi inatteso.
Per la prima volta, in quasi vent’anni, due terzi degli italiani (65%) sono molto o abbastanza soddisfatti della propria situazione economica e, più della metà, non ha registrato difficoltà nel mantenere il proprio tenore di vita o addirittura nel migliorarlo. Sono i dati più alti dall’inizio del nuovo millennio e, forse, evidenziano anche un ridimensionamento delle aspettative, in un contesto dove l’emergenza sanitaria mette in secondo piano tutti gli altri temi, compresi quelli economici.
Anche volgendo lo sguardo al futuro prossimo personale (3 anni), aumenta il saldo positivo tra chi pensa a un miglioramento e chi pensa a un peggioramento delle proprie finanze (+13 punti percentuali).
Questa forma di rassicurazione sembra avere basi poco solide, non trova, infatti, conferma al di fuori delle mura domestiche: per gli italiani, il Paese, prima di tutto, ma anche la propria zona di residenza e il resto del mondo, è probabile che continuino a dover affrontare situazioni economiche sfidanti. Solo l’Europa sembra essere relativamente più resistente alle avversità.
Questa frattura, tra le previsioni per l’economia personale e l’economia nazionale, induce a privilegiare, in misura maggiore rispetto al passato, la vita attuale (42% vs 38% nel 2019) rispetto a quella futura, sebbene quest’ultima continui a catalizzare l’attenzione degli italiani (53% vs 59% nel 2019).
Risparmio e Consumi: ultimi 12 mesi e attese per i prossimi 12
Ancora in crescita la percentuale di italiani che si identifica con chi risparmia senza troppe rinunce (58%), tradizionalmente indice di “facilità” di risparmio, e che guarda con soddisfazione agli ultimi 12 mesi, periodo durante il quale è accresciuto il proprio accantonamento di riserve.
Questo accumulo consente, a un numero crescente di italiani, di mettersi al riparo da spese impreviste: l’82% non avrebbe problemi a far fronte, con mezzi propri, a spese impreviste pari a € 1.000 e il 42% qualora queste spese fossero pari a € 10.000, dato in crescita di 8 punti percentuali rispetto a 3 anni fa.
Del resto, la contrazione dei consumi, soprattutto quelli legati al fuori casa e al divertimento, ha consentito di incanalare le entrate verso il risparmio senza incorrere in troppi sacrifici: infatti il sacrificio è stato “a monte”, e le rinunce non sono quindi state dettate, in larga misura, da motivi economici.
È comunque da rimarcare che accanto a questo sentiment maggioritario, esiste una minoranza che si trova in una situazione ancor più complessa che in passato, sia per i consumi, che per le possibilità di risparmio. Sono coloro che stanno pagando la crisi attuale e le code della precedente, e che rischiano di essere sempre più marginalizzati: vivono la situazione con crescente ansia, perché non intravedano vie d’uscita.
L’Europa e l’Euro
In questa crisi, l’Unione Europea ha rappresentato e continuerà a rappresentare non solo un aiuto, ma un vero e proprio sostegno per la ripresa economica del nostro Paese.
Il Recovery Fund ha determinato una svolta nel rapporto tra l’Italia e l’Europa, che è stata l’unico soggetto internazionale, insieme alla BCE, a essere percepito come vicino. Questo ha fatto crescere il livello di fiducia negli ultimi mesi (57% degli italiani si fida ora dell’UE). Anche guardando ai prossimi 5 anni, per il 62% della popolazione, permane l’aspettativa che l’Unione Europea andrà nella giusta direzione.
Questa situazione ha accelerato il processo di “apprezzamento” della moneta unica da parte degli italiani, trainando l’ulteriore risalita del livello di soddisfazione, per quanto vi sia ancora una certa prevalenza di critici (54%). Infatti, i soddisfatti per l’Euro sono cresciuti di 11 punti in 5 anni (da 2014 in cui erano il 26% al 2019 in cui raggiungevano il 37%), e sono aumentati di ben 9 punti in un anno, raggiungendo nel 2020 il 46%.
Di conseguenza, più di due terzi degli italiani (68%) sposa appieno l’idea che l’uscita dell’Italia dall’Unione Europea sarebbe un errore imperdonabile e il 57% ritiene che, in una prospettiva lunga 20 anni, è meglio essere nell’Euro piuttosto che avere una propria divisa nazionale, preferita solo dal 27%.
La relazione tra risparmio e investimento
Il comprovato accumulo di liquidità veicola, per il 46% degli italiani, un senso di tranquillità, accentuando, rispetto al 2019, la ricerca di questa forma di autotutela in un contesto mutevole e insidioso.
Questo, d’altra parte, induce ad associare al risparmio un senso di sacrificio (21%) in misura più contenuta rispetto al recente passato (30%), probabilmente per la maggiore facilità di risparmio e per la consapevolezza della serenità che solide basi di risparmio accumulato possano garantire in caso di avversità.
Il risparmio, come già in passato, significa accumulo di liquidità per il 63% degli italiani, sebbene si osservi un progressivo crescente orientamento verso l’investimento di almeno una piccola parte del proprio denaro, privilegiando gli immobili (33%) o strumenti finanziari meno rischiosi (29%).
Si osserva come, alla base delle scelte d’investimento, prenda sempre più spazio la solidità del soggetto proponente (21%, +2% rispetto al 2019) e cresca l’attenzione a voler investire in modo finalizzato, con scelte che siano di sostegno allo sviluppo del Paese (17%, +2% rispetto al 2019), o che pongano al centro l’attenzione dall’impatto sociale e ambientale (22%).
Il risparmio tra presente e futuro
Se il prossimo futuro non genera forti preoccupazioni, pensare a un orizzonte temporale di 10 o addirittura 20 anni preoccupa e addirittura intimorisce il 57% degli italiani. Economia (basse prospettive per i giovani, lavoro instabile e mancanza di risparmi cumulati su cui contare) e salute sono le due grandi incognite da cui si cerca di rifuggire facendo leva sulla rete parentale, prima di tutto, e sull’impegno a prevenire le malattie e a curarsi.
Il 35% degli italiani risparmia senza pianificazione o precise finalità, mentre il 65% risparmia avendo in mente progetti ed esigenze future (38% esigenze immediate, 33% medio termine, 28% lungo termine).
Guardando agli investimenti pubblici, circa la metà degli italiani ritiene che siano orientati all’immediato, in linea con l’orizzonte temporale che essi si attendono e ritengono corretto. La drammaticità della situazione, e forse una certa timidezza negli ultimi anni sugli investimenti importanti, hanno generato un desiderio di agire con urgenza rispetto ai problemi dell’oggi. Solo una minoranza auspica una programmazione su un arco temporale di più ampio respiro, che guardi al Paese nei prossimi 10 anni.
Le priorità su cui puntare sono chiare agli italiani: fornire migliori opportunità di lavoro ai giovani (importante per il 54%) e realizzare un sistema sanitario adeguato (48%). In generale, ciò che si richiede è una crescente attenzione a welfare, responsabilità sociale, formazione, innovazione: su questi aspetti si dovrebbero concentrare gli impegni dell’agenda governativa, in modo da favorire la crescita e lo sviluppo del nostro Paese, soprattutto in un periodo impegnativo come questo.
Più in generale, la ricostruzione “post Covid” dovrà tenere conto di due istanze importanti, che coinvolgono la guida e l’amministrazione dello Stato, i cittadini, le imprese: perseguire con convinzione un sentiero di sviluppo sostenibile e offrire formazione soprattutto ai giovani, per contrastare la povertà educativa. In questo contesto i corpi intermedi (76%), e in particolare le associazioni di volontariato (86%), possono offrire un contributo importante e utile di conoscenza e di capacità di incanalare le azioni nel modo più efficiente.