Quando cultura e politica non “camminano” insieme

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(foto da Imagoeconomica)

Riproponiamo l’articolo di Ermanno Corsi apparso sul Roma di martedì 2 agosto all’interno della rubrica Spigolature

di Ermanno Corsi

Per celebrare i primi 100 anni di vita, gli Istituti di cultura italiana all’estero hanno prescelto Napoli. Una ottantina di delegazioni si sono incontrate fra Palazzo reale e il San Carlo. Orgoglioso di fare da guida l’ambasciatore Pasquale Quito Terracciano, napoletano di Posillipo (“la città di Partenope ha tutti i titoli per essere proclamata capitale della cultura, a livello internazionale, e non per un giorno solo”). La nascita degli Istituti (1922) viene così celebrata a Napoli e non a Roma(del resto non è la prima volta che la Città ha il prestigioso riconoscimento di capitale; si ricorda quando Francesco Cossiga, presidente della Repubblica, scelse Napoli -palazzo reale- per ricevere le credenziali e accreditare i nuovi ambasciatori che venivano a rappresentare le proprie Nazioni). Dall’evento di fine luglio 2022,gli impegni dei ministri Luigi Di Maio (Esteri) e Dario Franceschini (Patrimonio artistico), per rafforzare sempre più le “molteplici forme della creativa identità italiana” nei 5 continenti.

ALTRO 1922 CHE RICORRE. Il 24 ottobre di cento anni fa venne preparata a Napoli la marcia dei fascisti (4 giorni dopo), su Roma. Il “Popolo d’Italia” ci racconta che quel giorno a Napoli piove. Alle sei del mattino è ancora buio e cominciano ad accendersi le luci nelle case. Si nota però già un gran fermento. Per le strade scorrono camion pieni di miliziani con gagliardetti, manganelli e armi. Dai vicoli spuntano folti gruppi di camicie nere, mentre treni speciali arrivano dalla provincia e nel porto continuano gli sbarchi dal sud tirrenico. Un’ondata di labari con tricolori (non tutti con lo stemma sabaudo) si ammassa in piazza Plebiscito. Alle 10,sul palco del San Carlo compare Mussolini in camicia nera e fascia tricolore. La sua voce stentorea annuncia solennemente che “il fascismo deve diventare Stato” e che il Parlamento va esautorato, “ridotto a inutile giocattolo”. Applausi scalpitanti e frenetici. Dopo il San Carlo,il palco in piazza Plebiscito così grande da coprire quasi tuttala facciata della Basilica. Nel silenzio generale, la “voce” di “Lui” che proclama “oggi abbiamo conquistato l’anima vibrante di Napoli, l’anima ardente di tutto il Mezzogiorno d’Italia”. In chiusura, una squadra di camicie nere si allunga su via Santa Brigida, invade la redazione del giornale “Il Mondo” diretto Giovanni Amendola, la devasta e brucia tutta una preziosa documentazione storica. In serata, telegramma a Roma del prefetto Angelo Pesce: manifestazione fascista tutta nell’ordine, niente da segnalare.

DUE “M” DISTINTE E DISTANTI. Comparare oggi la M di Mussolini con quella della Meloni, significa essere platealmente, se non consapevolmente, analfabeti di storia. Può essere solo argomento di una comica piece sempre che, in tempi così travagliati, ci sia ancora un po’ di predisposizione a sorridere. Mussolini resta dentro, fino al collo, nella tragedia che si è a conclusa nel 1945.Renzo De Felice ha scritto un’opera fondamentale per comprendere il ventennio prima e dopo. Gli studiosi non si fermeranno negli approfondimenti, mentre per il duce del fascismo vale da 77 anni, umanamente, il virgiliano “parce sepultis”.

CAMBIAMENTO DI PASSO. Epoca e aria del tutto nuove, non eguagliabili, con “Io sono Giorgia”. Lei è cresciuta nella pratica della democrazia parlamentare, ha frequentato con incarichi ministeriali le istituzioni repubblicane, ha un programma che espone con chiarezza e senza nevrotiche pulsioni. Punti fermi in politica estera: europeismo, atlantismo, rifiuto della demagogia populistico-sovranista. Dopo l’aggressione della Russia, continua a difendere senza se e senza ma, il diritto dell’Ucraina a reagire con le armi. Adesso, in vista delle elezioni del 25 settembre che potrebbero portarla a Palazzo Chigi come primadonna premier (evento straordinario nella storia italiana),la Meloni deve difendersi da molte insidie: quelle degli “amici di coalizione” Berlusconi e Salvini, quelle di Conte sempre più isolato ma pieno di invidia e rancore. Non sottovalutabile, cara Giorgia, la pericolosità, ai fini dell’immagine pubblica, del tuo “cerchio magico” comprendente parenti che, dice un proverbio, sono come le scarpe: ”Più stretti sono, più possono fa male”.

PERICOLO PER TUTTI. E’ l’incattivirsi della politica e l’indebolimento della cultura: quella cultura “che sa ma non può” e quella politica “che può ma non sa”. Così diceva Alberto Moravia e sono molti decenni che continua ad aver ragione.