Qualcosa è cambiato. O almeno così sembra. Per ora

in foto Mario Draghi

Nella giornata di martedì sono venute fuori in diversi ambienti comunque legati all’attività di governo, alcune indicazioni di come le parti sociali, alcune rinnovandosi, altre scadendo ancor più nella già innata mediocrità che le caratterizza fin dall’origine, si ostinano a comportarsi. Nello stesso tempo si è avuta conferma, semmai ce ne fosse stato ancora bisogno, che in qualsiasi attività una persona voglia cimentarsi, se non è preparata e non ha acquisito la necessaria esperienza, difficilmente farà strada. Fanno eccezione quelle assistite dalla fortuna o predilette dal caso, per chi crede nella loro influenza. Così ieri il premier Draghi ha dovuto assumere il ruolo del duro con il pugno di ferro in un guanto di velluto e ripetere il suo leit motiv con parole diverse indicanti gli stessi concetti, questa volta pesate con precisione ancora più accurata del solito. È possibile incentrare l’intero suo pensiero per l’occasione, la conferenza stampa dopo l’incontro con i rappresentati dei sindacati, su questi due punti: non esiste un governo Draghi senza gli alleati attuali; il governo non può operare se non lasciato nelle condizioni materiali di poterlo fare.
Andando al nocciolo della questione, ha usato la stessa tecnica della suocera che ammonisce la figlia perché la nuora ne prenda atto. Quindi, se non decidono di mettere fine alla loro attività di vero e proprio stalking, i peones grillini, mai sineddoche fu più appropriata, verranno ricordati come quei pochi acini di sale, quindi parva materia quale nella sostanza sono, che, mancando, fecero si che la minestra non riuscisse nel modo giusto. Da notare bene: non che l’ingrediente de quo abbia particolari pregi o che un eccipiente aggiunga o tolga alcunché a una preparazione culinaria, però sono necessari. In giornata il governo incontrerà Confindustria e il gioco dei quattro cantoni si potrà ritenere completato. È bene riprendere il filo di quanto finora ha cominciato a prender forma. L’incontro governo-sindacati si è concluso con una dichiarazione da parte del padrone di casa di trovare soluzioni durature e non spot ai problemi urgenti che stanno mettendo in difficoltà i percettori di reddito da lavoro dipendente e i pensionati. Draghi ha precisato che i provvedimenti in tal senso sono un obiettivo primario suo e dell’esecutivo e già coloro i quali sono di competenza si stanno attivando per il reperimento della provvista finanziaria necessaria. I segretari delle sigle sindacali più importanti, pur dichiarandosi sostanzialmente convinti che la strada imboccata dal governo sia quella giusta, con i mezzi dell’informazione hanno dovuto recitare, seppure in maniera soffice, la parte degli eterni scontenti. Questo è il gioco delle parti e transeat. Non così per i peones di cui innanzi, uno dei quali, venuto dal niente come tanti altri suoi colleghi, che finirà prima o poi nel nulla, anticipandoli nel percorso, in un’intervista rilasciata a una delle reti Rai, ha accusato Draghi di ricorrere con eccessiva disinvoltura alla consultazione con Mattarella. La domanda che scaturisce immediata, dal sapore amaro, è se quel figurante mal riuscito, come lui tanti altri dello stesso livello, ha mai sentito parlare dell’esistenza di un libro intitolato Costituzione della Repubblica Italiana. Nello stesso, tra i tanti argomenti dell’ordinato vivere, è indicato anche quale debba essere il regolare funzionamento dei suoi organi. In uno di essi, per uno scherzo di cattivo gusto della sorte, si trova a operare anche quell’improbabile tribuno. Per la qual cosa non è concessa nessuna attenuante a chi lo ha messo in gioco e ha proposto la sua candidatura agli elettori. Certo è che, andando avanti condizionata come oggettivamente sta accadendo, l’attività dell’esecutivo difficilmente riuscirà a perseguire nella maniera più corretta gli obiettivi che lo stesso si era proposto all’atto del suo insediamento e che sta tentando di affinare in itinere. Tutto ciò stride ancor più se messo a confronto con l’operatività della EU. Le due Signore sulla tolda di comando della nave ammiraglia Europa, Frau Von der Leyen per la Commissione Europea e Madame La Garde per la BCE, si stanno sottoponendo a tour de force encomiabili. Gli obiettivi preposti, seppure non come sarebbe stato senza la nefasta presenza della pandemia e l’inqualificabile comportamento di Putin, sono stati colpiti, anche se non sempre affondati, per usare ancora il linguaggio marinaro. Della serie con la determinazione e l’impegno si riescono a portare a termine progetti a prima vista considerati irrealizzabili. Non accade la stessa cosa per situazioni che necessitano dell’impegno di terzi, soprattutto quando sono di dubbia affidabilità. Ritorna così in campo il Cremlino, che ogni paese, europeo e non, anche se con irriducibili eccezioni, tratta come il cane in chiesa, viene cioè scansato e allontanato da tutti. Martedì sera Draghi ha cenato con i rappresenti della stampa estera scoprendo un suo sense of humor poco conosciuto. Giovedì al Senato il Primo Ministro guarderà in faccia tutti prima del voto di fiducia. Con l’augurio che non dovrà cercare di individuare tutti quelli che sembreranno decisi a sfiduciarlo. Sarebbe un vero guaio se quei soggetti riuscissero nel loro intento. Le conseguenze si manifesterebbero di portata certamente più che grave. Non è da escludere che lo stesso premier, con il self humour che ha appena rivelato di possedere, finisca per commentare che l’ultima cena, non la sua, quella di tanti anni fa, non è stata di sicuro un evento una tantum.