“Pulsa de nura”, l’ultimo romanzo di Fiorella Franchini

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di Maria Carla Tartarone Realfonzo

È In libreria l’ultimo romanzo di Fiorella Franchini. Dopo “Korallion” ed “Il velo di Iside” e diversi altri scritti, troviamo, edito da Guida Editori, “Pulsa de nura. La maledizione di Berenice di Cilicia”, un romanzo che deve senza dubbio definirsi “storico” in quanto, sia i luoghi che il tempo delineato, lungo il primo secolo dopo Cristo, con grande precisione, ci conducono con i protagonisti in un difficile ed elaborato susseguirsi di avvenimenti che avvincono e coinvolgono il lettore. Non solo il linguaggio, gli usi comuni che fanno da sfondo e le abitudini linguistiche utilizzate rendono attraente l’ambiente, sono i numerosi avvenimenti, per lo più drammatici, che attraggono alla lettura. Il racconto comincia nel giugno del ’79 dopo Cristo e termina il 3 ottobre dell’81 dopo Cristo. Il titolo di ogni capitolo, in italiano e in latino, introduce gli avvenimenti che saranno narrati, ed i luoghi in cui si svolgono, che sono per lo più sulle rive del Mediterraneo. I personaggi del romanzo, si susseguono numerosi, con ruoli complessi, con personalità di varia rilevanza. Talvolta appaiono personaggi allusivi ai protagonisti de “Il velo di Iside”. Del resto sia i luoghi, vari e interessanti, sia l’antica storia delle regioni meridionali italiche, presenti in questo romanzo, sia la vita molto varia delle personalità protagoniste, caratterizzate anche da professionalità particolari, attinenti ai vari siti e determinate anche dalle religioni in quel tempo maggiormente professate, incuriosiscono il lettore. Siamo nell’Impero romano e nei luoghi campani in cui si ergevano anche ville di prestigio di personaggi come il navarco protagonista Valerio Pollio Isidoro, in partenza da Miseno con la sua triremi e con la giovane Cassia Livilla, già protagonisti nel precedente “Il velo di Iside”. Le conversazioni tra i personaggi arricchiscono il racconto di avventure, miti, riti, in situazioni varie, con la scoperta di luoghi campani ai loro primordi di cui abbiamo sentito parlare, i cui resti visitiamo. Tra i gioielli preziosi si parla anche di oggetti rari, di cui non si conosce l’esistenza: si nomina lo “Sesheshet” uno strumento musicale considerato magico, divino, da numerosi protagonisti che vorrebbero possederlo. Tra questi è il navarco Valero Pollio Isidoro, uno dei capi nella navigazione. Ed è anche il sacerdote Mazin, padrone di una ricca biblioteca che ha interessato anche Cassia Livilla, la giovane figlia di una madre odiosa e vendicativa, che frequentando la biblioteca di Mazin ha imparato anche l’uso di erbe preziose alla salute che le saranno utilissime quando, fra le tante terribili avventure, una catastrofica eruzione del Vesuvio invade i luoghi a lei circostanti procurando molti feriti che la giovane riesce a curare. Nei loro discorsi i protagonisti sembrano in fuga dai luoghi che attualmente vivono: Livilla vuole raggiungere l’Egitto, quindi prendere una nave e Mazin la affida ad un navarco, Asis, gentile e protettivo, che le consente di portare con sé le sue cose tra cui le erbe e gli unguenti che saranno preziosi a molti di coloro che incontrerà nel suo viaggio. Nei suoi spostamenti, a un tratto Livilla viene a sapere che Valerio Cassio Isidoro, il suo amato, da cui le vicende l’hanno allontanata, che considerava morto, è vivo ma la notizia deve considerarsi un segreto. Livilla viene a conoscere anche la storia dei cristiani, seguaci di Yesua di Nazareth, crocifisso, odiati e non rispettati sia dagli ebrei che dai romani. Il suo viaggio continuerà con numerosi incontri, verso Puteoli con il suo anfiteatro, verso la vasta Neapolis, in cui tra decumani e cardini, il nasarco Asis, di origini egiziane, le racconta che il padre quando egli era bambino lo affidò a Mazin, di cui poi col tempo divenne adepto, affinché il sacerdote lo conducesse lontano dall’Egitto dove la famiglia non era gradita. Nel percorso, attraversando un bosco, incontrano un anziano medico, Basilio, proveniente da Puteoli e diretto alla proprietà di un certo Antiniano. E’ ferito e Livilla prova a curarlo con i suoi unguenti ed egli comprende quanto la giovane sia brava. Decidono di viaggiare insieme e di andare a Neapolis, dove sarebbero stati liberi. Il tempo trascorre tra una darsena e l’altra. Giungono anche tra le terre sannite dove l’eruzione aveva danneggiato le cisterne dell’acqua realizzate dal curator aquarum Marco Vipsanio Agrippa, su incarico di Augusto. Nel sesto capitolo la scrittrice ci rivela cosa sia “la pulsa de nura”: una potente maledizione assai temuta anche sul colle Paturcium (il Vomero), dove vivevano molti malati intossicati dalla nube nera che si era propagata dal Vesuvio. Tra i frequentatori di Livilla, lo studioso Basilio, per distrarla, le racconta anche dello scritto, ormai noto, di Virgilio che narra la storia di Orfeo ed Euridice.
Sul mare alla base del colle Paturcium si muovono le numerose navi pronte alla partenza, cui si affidano i personaggi importanti, anche con i loro figlioletti, per darsi alla fuga dai tristi luoghi coperti da un cielo plumbeo. Nel XIII capitolo siamo sulla via consolare Pozzuoli-Capua. Finalmente si tranquillizza Rectina, una domina in fuga che conosce la storia di quelle popolazioni: i sanniti, nemici di Roma, avevano inflitto una sconfitta umiliante alle sue legioni provocando la vendetta che giunse con la distruzione di molti villaggi sanniti. Nel medesimo capitolo i viaggiatori Gaio Cassio Frontone e la moglie vengono ospitati nella domus di Appio Postumio e della moglie Sentilia, con normale opulenza, come si usava per gli antichi conoscenti. Proseguendo il viaggio i nostri protagonisti incontrano anche un gruppo di attori, musici, danzatori, uno stupefacente nano, tutti animati dalla scrittrice che riesce a penetrare non solo nei luoghi ma anche negli usi, e nelle abitudini delle personalità del tempo. Il viaggio prosegue verso Benevento attraversata da due fiumi, Alor e Sabus, presso cui v’era un appuntamento, con un alessandrino. Nel percorso difficoltoso Rectina e Flavia devono ancora implorare la adorata dea Iside perché li protegga. Dopo tante avventure, giunti nei luoghi ambiti, ogni personaggio riprende la propria vita: a Roma, dove erano giunte le notizie delle distruzioni di Pompei, Ercolano e Stabia trovarono la città da rianimare, dopo essere stata avvolta dall’aria cupa che l’aveva tormentata. Poi la nostra scrittrice ci conduce fino al matrimonio dei due protagonisti, un avvenimento che appare contemporaneo, descritto con molti particolari, in un mondo che noi abbiamo sempre considerato irreale e fantastico, che abbiamo sempre percepito solo attraverso frammenti scultorei ed architettonici, attraverso resti difficili da riedificare e scritti di attenti studiosi. La nostra Franchini nel suo romanzo ricompone, in un ampio mondo attentamente ricostruito, una moltitudine di personaggi che ci propongono la loro vita realisticamente sofferta. Con i suoi protagonisti, attraverso le sue conoscenze storiche e la sua fantasia, ne comprendiamo i problemi e i sentimenti fino a condividerne la realtà, sino al al matrimonio finale. Infine, proseguendo il viaggio dei due sposi sulla nave Virtus, per giungere a Cesarea Marittima, in Israele. Desidero dimostrare la mia gratitudine alla studiosa Fiorella Franchini che ci fa vivere la nostra storia.