Protext! Quando il tessuto si fa manifesto. Il dissenso in mostra al Centro Luigi Pecci di Prato

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di Fiorella Franchini

“La vita è un arazzo e si ricama giorno dopo giorno con fili di molti colori, – scrive Isabel Allende – alcuni grossi e scuri, altri sottili e luminosi, tutti i fili servono”. La tessitura come metafora dell’esistenza, dono di conoscenza fatto all’umanità da divinità femminili legate alla Dea Madre. Arianna, Aracne e Anankè, le Parche, le tre Moire greche, la dea russa Makoš, le norne scandinave, la Nut egizia e le Janas, in tutti i miti determinano la nascita e la morte, l’intreccio del destino. Tessere è espressione di cultura, di progresso economico, e di evoluzione sociale, ma è anche espressione di protesta, e ne rende testimonianza una mostra originale e simbolica intitolata Protext! Quando il tessuto si fa manifesto, a cura di Camilla Mozzato e Marta Papini. Fino al 14 marzo 2021 il Centro per l’arte contemporanea Luigi Pecci di Prato esplora la rappresentazione del dissenso attraverso l’esposizione di striscioni, stendardi, t-shirt, arazzi artigianali, installazioni, sculture, disegni, ricami, affiancati da dibattiti critici su autorialità, lavoro, identità, produzione e cambiamento ambientale. Le opere mescolando arte e critica, si caricano di valenze storiche, filosofiche, politiche, veicolando istanze di ribellione e di appartenenza. Nel 1951 Albert Camus nel saggio “L’uomo in rivolta” scriveva: “La bellezza, senza dubbio, non fa le rivoluzioni. Ma viene il giorno in cui le rivoluzioni hanno bisogno di essa”. Già negli anni Settanta la sperimentazione di artiste femministe fece del tessile un manifesto delle politiche di emancipazione, ma è nel XXI secolo che la libera rappresentazione estetica e visiva della contestazione conquista la ribalta. Dalle palline colorate fatte scivolare lungo le strade di Damasco, alle pentole rumorose di Istanbul, agli ombrelli colorati di Hong Kong, ai murales che invadono spazi pubblici di città e periferie, queste manifestazioni di opposizione coinvolgono l’espressione artistica e creativa dell’essere umano. In Protext è la stoffa che da fashion style si trasforma in espressione artistica e messaggio di rivolta. E’ un susseguirsi di suggestioni: dall’ambiente site-specific realizzato dal collettivo greco Serapis Maritime Corporation, composto da un murales di grandi dimensioni dipinto su una tenda, che deborda sulla parete, e da grandi cuscini realizzati con materiali di riciclo appoggiati a terra, che rimandano all’uomo e la sua relazione fisica con il lavoro, alle sculture tessili realizzate da Pia Camil con t-shirt e jeans di seconda mano prodotti in America Latina per gli Stati Uniti, che tornano ai luoghi d’origine seguendo le rotte delle migrazioni e del commercio globale. Otobong Nkanga presenta gli arazzi The Leftlovers, Infinite Yeld, In Pursuit of Bling e Steel to Rust – Meltdown insieme all’omonima installazione, in una ricerca che esplora i cambiamenti sociali e topografici evidenziando l’impatto storico e la memoria collettiva della relazione tra Uomo e Natura. L’opera di Vladislav Shapovalov, Flags, nasce da una ricerca dell’artista al Centro di Documentazione della Camera del Lavoro di Biella, città con una ricca storia industriale legata alla manifattura della lana. All’interno di una collezione di bandiere usate nelle manifestazioni dei lavoratori delle fabbriche tessili dalla metà dell’Ottocento a oggi, l’artista ne trovato due composte di piccoli frammenti di tessuto ricamati con i nomi delle lavoratrici cuciti insieme. Nelle sue opere Güneş Terkol raccoglie materiali e storie che intreccia in arazzi, video, schizzi e composizioni musicali in cui sono protagoniste le donne, quelle che si adattano e quelle che, invece, rifiutano di adeguarsi alle trasformazioni sociali e culturali della Turchia contemporanea. L’atto di cucire diventa, in tal modo, un gesto di resistenza che racconta voci, altrimenti, inascoltate. La mostra è accompagnata per tutta la sua durata da un ricco public program con workshop, talk realizzati in collaborazione con gli artisti e le realtà locali, e da una pubblicazione di Nero Editions in due volumi con il testo critico delle curatrici, le interviste agli artisti, biografie e fotografie delle opere, e un libro d’artista firmato da Marinella Senatore, introdotto da Cristiana Perrella, Direttrice del Centro Pecci.
Un progetto che è una vera e propria visualizzazione estetica della ribellione perché l’esigenza della rivolta può essere anche, in parte, una necessità estetica. “L’arte, infatti, – afferma Carola Cerami – può contribuire alla costruzione di nuove soggettività, può rendere visibile nel dissenso ciò che il consenso tende a oscurare e cancellare.“ Il genio creativo resta il più grande nemico del fondamentalismo, la forma più democratica di civiltà, capace di generare nuove idee e farle circolare. A distanza di millenni la magia antica di un ordito non perde il suo potere e il suo incanto. Che sia davvero un favore divino?

in foto Güneş Terkol, bandiera preparatoria per il workshop del Centro Pecci 2020. Courtesy l’artista