Protesta dei coltivatori: come dar risposta alle loro legittime richieste senza danneggiare i consumatori

57
(foto da Imagoeconomica)

di Franco Fronzoni

E’ in atto una ribellione degli agricoltori degli Stati della Ue, avviliti per i bassi prezzi alla vendita dei loro prodotti ed è difficile trovare la strada giusta per soddisfare le loro richieste che, pur  apparendo giustificate, rivestono carattere di complessità in ordine a diversi fattori, tra i quali quelli dei sussidi che il settore ottiene dalla Ue stessa (innumerevoli, specie, in Francia e Germania) e della concorrenza esercitata da produttori esterni che esportano verso la Ue a prezzi inferiori a quelli dei produttori nostrani. La detta complessità sta – oltre quella della differenza della maniera e situazione della produzione – anche nel fatto che il trattamento favorevole accordato alla importazione in Europa è frutto di misure e accordi di più largo raggio che comprendono magari anche nostre esportazioni in quegli Stati. Non entro, pertanto, in questa complessa questione, ma introduco soltanto una riflessione che avanzo con riferimento al contenuto della figura allegata.

Si tratta di operare un raffronto fra gli enunciati prezzi corrisposti ai produttori con quelli praticati sui banchi di vendita; se ne evidenzia un così forte divario al punto di far sorgere seri dubbi di ingiusta speculazione a danno dei Produttori. Questi, nella realtà, sono esposti a tantissimi rischi nel corso della produzione, sia in ordine alla quantità sia per la qualità; rischi assolutamente non prevedibili e non evitabili, poiché, per lo più, derivanti dall’andamento climatico nel corso di tutto il periodo di produzione. Detti fattori incidono fortemente sui costi, ma non sono di solito riconosciuti dai grossisti e acquirenti, i quali impongono la loro “Spada di Brenno”, attesa la deperibilità della maggior parte dei prodotti agricoli. 

Tutto ciò premesso, come intervenire? C’è chi richiede l’aiuto dello Stato (che, già, ne sostiene qualche carico) e della UE (che già prodiga una grandissima entità di risorse a tutto il settore); personalmente, penso che non si possa fare di più e, pertanto, la soluzione andrebbe ritrovata all’interno del settore, proprio partendo dalla riflessione enunciata sul divario fra i vari costi di produzione e di vendite. Analizzando l’argomento, antepongo due fattori, innanzitutto il concetto che sia assolutamente necessario – specie in questo momento nel quale si cerca di recuperare l’incremento inflattivo prodottosi per pandemi e guerre – tenere fermi i prezzi al consumatore e, poi, la considerazione che sia assolutamente giustificato l’aumento de prezzi ai produttori agricoli. 

Con queste considerazioni, ipotizzando un aumento di un 30% all’acquisto, l’onere per grossisti e venditori appare molto modesto, se rapportato al prezzo al consumo, pur considerando tutti gli oneri successivi all’acquisto (trasporti, magazzinaggi, intermediazioni e costi commerciali).

Esemplifichiamo il concetto, sempre con riferimento alla tabella: GRANO, al momento, costo 0,24 €/kg e ricavo 3/5 €/kg, l’aumento del 30% provoca un carico al grossista di soli 7 centesimi che incidono meno del 3% sul prezzo di vendita; sul LATTE, costo 0,5 ricavo 2,10, il medesimo aumento di € 0,15, potrebbe incidere meno dell’8%. Sulle ARANCE, costo 0,49, ricavo 1,5, il medesimo aumento per € 0,15 inciderebbe poco più del 10 %. 

Con una buona volontà generalizzata potrebbe essere raggiunto il risultato dei necessari aumenti per gli agricoltori, senza determinare instabilità nei prezzi.

Ribadendo il concetto che –  negli attuali frangenti di difficoltà mondiale e di nostra in particolare (3.000 miliardi di debito pubblico) – tutti noi Italiani si debba cooperare per tenere sana l’economia e che non si debba maggiormente gravare sui bilanci dello Stato, il Governo dovrebbe agire per convincere della necessità di un po’ di solidarietà nazionale e che una piccola stretta alla cintura potrebbe risolvere anche questa questione e, prevenire dannosi risvolti a catena. 

Il Governo dovrebbe, quindi, intervenire soltanto con il concetto della “intelligente persuasione” su grossisti e commercianti, tramite le Associazioni di categoria, per venire incontro alle legittime richieste degli agricoltori, senza danneggiare i consumatori, che, anch’essi, hanno i medesimi problemi.