Profughi, allarme rosso La soluzione è in Africa

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In tema di accoglienza profughi, provenienti per la maggior parte dai paesi africani si va, in sede Unione europea già sfaldando quel principio “dell’equa accoglienza”, che aveva fatto ben sperare e che avrebbe visto una “equa ripartizione” dei profughi divisi per quote tra tutti i paesi membri UE. Si sfalda il principio elaborato con difficoltà in sede UE, perché l’inglese Cameron, seguito dalla Spagna si rifiuta di accogliere un solo profugo di quelli sbarcati sulle coste di altri paesi, che significa in questi tempi prevalentemente Italia; dunque più che una logica comune tra gli Stati UE sembrerebbe prevalere l’interesse dei singoli paesi, interessi quindi nazionali. Per il momento si attende comunque una decisione nel corso del mese di giugno, con cui, in sede UE, dovrebbe essere ripreso l’argomento e sempre che nel frattempo il Consiglio di Sicurezza dell’ONU non dia il via ad una operazione militare navale, tesa a distruggere i barconi degli scafisti a terra nei vari porti mediterranei dell’Africa. Intanto, con il rinvio di decisioni sovranazionali e con il ripensamento da parte di singoli Stati, gli sbarchi sono ripresi in massa con l’aggravarsi sempre più del problema. Il tentativo in Italia di ripartire i profughi non solo nei centri di accoglienza delle regioni del Centro e del Sud del paese, ma anche verso quelle del Nord, ha visto in particolare la Lombardia (Maroni), il Veneto (Zaia) e la Liguria (Totti) opporsi all’invio nelle loro aree dei profughi e quindi, anche in Italia ad imitazione del clima esuropeo, prevalgono interessi regionali a scapito di quelli nazionali. A giustificare (in parte) in sede europea il no degli inglesi è il pericolo di infiltrazioni terroristiche; naturalmente pur non escludendo per principio una tale possibilità, va detto, che i due problemi non vanno assolutamente confusi e come sia quindi indispensabile che a livello di difesa nazionale i Ministri degli Interni dei paesi europei affrontano tutti i rimedi possibili per scongiurali. Va anche detto che Cameron si batte anche per l’avvio di operazioni comuni militari tra i vari paesi europei, tese a distruggere a terra i barconi degli scafisti. Su questo piano va subito aggiunto che comunque sarebbe facile per gli spericolati e senza scrupoli trafficanti di uomini procurarsi in breve tempo altre imbarcazioni nei vicini Egitto, Tunisia e Marocco. Ma oltre queste obiezioni ve ne è poi una ulteriore: il pericolo che uomini senza scrupoli quali sono i trafficanti da un lato potrebbero stoccare in campi di concentramento sulle coste dei paesi africani i profughi in attesa di imbarco, e la seconda che una volta ricomprati i barconi in sostituzione di quelli distrutti potrebbero usare i profughi come propri e veri scudi umani, da contrapporre alle iniziative delle navi delle marine europee con rischi di gravi incidenti. Le soluzioni quindi al problema che interessa particolarmente il nostro paese non si intravedono ancora; anche perché l’UE non è voluta andare al fondo dello stesso, cosa che avrebbe potuto fare rafforzando nei vari paesi africani (come avvenuto nel Niger) la presenza di contingenti europei con il compito di polizia internazionale, capace, cioè di controllare il fenomeno presidiando e controllando nello stesso territorio africano “i corridoi umani” con allestimento di campi di raccolta in loco, dove prevedere il riconoscimento ed un mantenimento provvisorio teso alla salvaguardia di profughi che sfuggono a dittature oppressive (come in Siria ed Eritrea).