Prodotti tipici, 10 su cento sono campani

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Il Governo pubblica la lista dei cibi fatti secondo la tradizione, solo la Toscana ne ha di più

Alfonso Di MassaUn riconoscimento doveroso e di tutto rispetto per la nostra regione e per la nostra tradizione agroalimentare”. Alfonso Di Massa, presidente della Fedagri Confcooperative Campania, è entusiasta. Ha appena saputo che nell’elenco nazionale dei prodotti agroalimentari tradizionali (Pat), lista stilata dal ministero delle Politiche agricole alimentari e forestali, ci sono ben 457 prodotti della Campania. Il che vuol dire “che la nostra regione si colloca seconda per numero di prodotti tipici di valore, subito dopo la Toscana”, ed è seguita da Lazio con 393 prodotti, Emilia Romagna con 378 e Veneto con 370. Di Massa è contento perché a suo dire “il contributo della cooperazione a questo primato è indubbio e speriamo che anche la grande distribuzione si accorga del valore dei nostri prodotti”. L’elenco dei prodotti agroalimentari tradizionali, alla sua quindicesima revisione, è stata pubblicato ieri sulla Gazzetta Ufficiale. Il ministero precisa che la lista dei prodotti che, dal 2008, sono considerati espressione del patrimonio culturale italiano, si arricchisce quest’anno di 68 nuovi prodotti tradizionali e ne conta in tutto 4881. Lo stesso ministero chiarisce che “si definiscono prodotti agroalimentari tradizionali quei prodotti le cui metodiche di lavorazione, conservazione e stagionatura risultano consolidate nel tempo. In particolare, devono risultare praticate sul territorio di riferimento in maniera omogenea secondo regole tradizionali e protratte nel tempo, comunque per un periodo non inferiore ai 25 anni. Sono esclusi i prodotti agroalimentari registrati come Dop e Igp”. Ma come nasce, sette anni fa, l’esigenza da parte del governo italia o di dar vita a una lista di prodotti agroalimentari nazionali? Il fatto è che l’agricoltura italiana ha dovuto affrontare lo scenario della politica agricola dell’Unione europea partendo da condizioni nettamente svantaggiate. L’agricoltura moderna, estremamente indirizzata verso la meccanizzazione, richiede estensioni di terreno pianeggiante che in Italia difettano, sia per la configurazione naturale orografica, sia per l’antropizzazione spinta del territorio. Si uniscono a queste cause molti mali endemici dell’agricoltura italiana. Per reagire a questa situazione l’Italia ha deciso di puntare nettamente su settori di nicchia, valorizzando i prodotti tradizionali in cui prodotti agricoli o dell’allevamento venivano lavorati secondo antiche ricette. Ma è lo stesso ministero a riconoscere che tali prodotti di nicchia, di produzioni limitate in termini quantitativi e relativi ad aree territoriali molto ristrette, tali da non giustificare una Dop o una Igp, incontrano molte riserve in sede di Unione Europea. Questa in linea di massima è contraria a queste produzioni e vieta la registrazione di marchi collettivi che contengano un nome geografico. Il timore è infatti che si confondano con i prodotti Dop e Igp. Il ministero ha pertanto rinunciato ad un ruolo attivo, delegando tali compiti alle regioni, e conservando a sé stesso solo un ruolo di controllo e quello della tenuta ufficiale del libro. Comune a livello nazionale è la suddivisione per categoria: prodotti lattiero-caseari, prodotti a base di carne, prodotti ortofrutticoli e cereali, prodotti da forno e dolciari, bevande alcoliche, distillati.

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