Procida 2022, con il San Carlo l’opera sbarca alla Chiaiolella. Il coro si esibisce dai balconi e dalle terrazze

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La baia che diventa teatro lirico, balconi e terrazze vista mare che si trasformano in palcoscenici privilegiati, il pubblico che assiste dalle barche del porticciolo e dagli angoli più caratteristici del borgo marinaro, il mare che è nuovamente sottile filo rosso che lega – stavolta con la potenza espressiva dell’opera lirica – storie celebri e vicende meno note: per Procida Capitale Italiana della Cultura 2022 va in scena venerdì 3 giugno, alle 20.30 a Marina Chiaiolella, il concerto “Opera(a)mare”, un progetto nato in collaborazione con la Fondazione Teatro di San Carlo per esaltare la relazione tra i cantanti e il pubblico, avvicinando anche un pubblico non avvezzo al linguaggio della lirica.
Diretto da José Luis Basso, con Vincenzo Caruso al pianoforte, il Coro del Teatro di San Carlo – singolarmente disposto tra le architetture identitarie del borgo marinaro – proporrà un viaggio tra le radici della musica napoletana passando per l’Italia e l’Europa tra il XIX e XX secolo, tra le note che incorniciano le parole di poeti come Bovio, Di Giacomo e D’Annunzio e i canti tradizionali del popolo napoletano e procidano, come “La Procidana”, un “dramma per musica” rappresentato per la prima volta nel 1809 che vede protagonista una donna isolana destinata in sposa a un pilota di navi e interprete di più lingue, fatalmente negato per entrambi i mestieri.
La partecipazione ai concerti è completamente gratuita. Sono previsti 200 posti a sedere con prenotazione obbligatoria (da effettuare sul sito www.procida2022.com), posti in piedi senza prenotazione.
“Il nostro obiettivo – spiega il direttore di Procida 2022, Agostino Riitano – è quello di portare l’opera, tra i patrimoni culturali che fanno grande il nostro Paese, tra la gente, negli spazi della vita ordinaria, favorendo così il coinvolgimento di un pubblico nuovo. Abbiamo così inteso mettere in dialogo la bellezza delle liriche con l’incanto delle baie più belle di Procida, insieme con il Teatro San Carlo, con il quale avevo già avuto modo di sperimentare la formula dell’opera a cielo aperto in occasione di Matera Capitale Europea della Cultura 2019”.
Il secondo appuntamento con “Opera(a)mare” è in programma, con le stesse modalità e lo stesso repertorio, in un altro luogo simbolo dell’isola, Marina Corricella, per sabato 25 giugno, con inizio alle 20.30 (prenotazioni già aperte).

Coro del Teatro di San Carlo
La storia del Coro affonda le sue radici nell’Ottocento, periodo di intensa e raffinata attività. Le prime notizie relative ad un ensemble vocale stabile del Teatro risalgono agli anni Venti del secolo scorso, a quando il maestro Giuseppe Papa, reduce dai successi alla Scala, a Madrid e al Colón di Buenos Aires, decide di stabilirsi a Napoli, organizzando in pochissimo tempo un complesso corale di ottime qualità. Bisognerà però attendere la stagione 1951-1952 perché il Coro diventi un elemento di riferimento abituale per la vita del Teatro, contribuendo regolarmente al prestigio delle stagioni d’opera e tenendo viva, così, una tradizione particolarmente sentita a Napoli. Pur senza fornire nomi e dettagli, infatti, già le cronache dell’Ottocento riferiscono di un’attività corale, in Teatro, raffinata ed intensa. Nel 1820, ad esempio, al pubblico napoletano viene presentato l’oratorio Die Schöpfung di Haydn, mentre nel 1893 è il turno de La damnation de Faust, titoli, l’uno e l’altro, ritornati di recente al centro degli interessi dell’ensemble. Due musicisti, in particolare, hanno scandito la storia del complesso sancarliano negli ultimi cinquant’anni: Michele Lauro e Giacomo Maggiore. Il primo Maestro del Coro per oltre vent’anni a partire dal 1951, l’altro alla testa del gruppo per un periodo di tempo quasi identico, fino al 1994. Prima ancora, però, frequenti – anche se non stabili – erano stati i rapporti del complesso con Roberto Benaglio, prestigioso didatta molto attivo alla Scala e alla Staatsoper di Vienna. Attuale Direttore del Coro è José Luis Basso.

in foto Jose Luis Basso (ph Luciano Romano)

José Luis Basso
Nato a Buenos Aires e di nazionalità italo-argentina, ha studiato Pianoforte e Direzione d’Orchestra presso l’Università della sua città natale. È stato nominato Maestro del Coro al Teatro Argentino di La Plata dove ha trascorso quattro anni preparando opere liriche e corali. Nel 1989 ha assunto l’incarico di Maestro del Coro al Teatro Colón di Buenos Aires. Nello stesso anno ha diretto il Coro dell’Associazione Wagner di Buenos Aires e nel 1994 è diventato Assistente del celebre Maestro del Coro Romano Gandolfi. Negli anni successivi divenne Maestro del Coro al Teatro di San Carlo di Napoli, innestando in quell’organismo corale un nuovo dinamismo, come dimostrò il notevole consenso con cui furono accolte le sue direzioni del Lohengrin e della Nona Sinfonia di Beethoven.
Passato poi a dirigere il Coro del Maggio Musicale Fiorentino, nel 2003 ha vinto un Grammy Award con quel Coro e il soprano Renée Fleming per l’album Bel Canto. Negli ultimi due decenni ha lavorato al fianco di molti dei più importanti direttori d’orchestra mondiali: Zubin Mehta, Giuseppe Sinopoli, Claudio Abbado, Riccardo Muti, Georges Prêtre, Antonio Pappano, Seiji Ozawa, Wolfgang Sawallisch, Carlo Maria Giulini, Myung‑Whun Chung, Peter Schreier, Bruno Bartoletti, Rafael Frühbeck de Burgos, Semyon Bychkov, Daniel Oren, Valery Gergiev, Stéphane Denève, Jordi Savall, Fabio Luisi, Marc Piollet, Pinchas Steinberg, Michael Boder, Sebastian Weigle, Gerd Albrecht e Josep Pons. Dal 2004 al 2014 è stato Maestro del Coro e Consulente Artistico presso il Gran Teatro del Liceu di Barcellona. Poi dal settembre 2014 al 2021 è stato Maestro del Coro dell’Opéra di Parigi. Dal 2021 è nuovamente Maestro del Coro del Teatro di San Carlo.

Il repertorio
Nel 1809 fu rappresentata al Teatro dei Fiorentini La Procidana, un “dramma per musica” il cui libretto era scritto dallo specialista Giuseppe Palomba con la musica di Giuseppe Latilla. Non si conosce nulla su questo compositore, probabilmente un discendente del compositore barese Gaetano Latilla, molto famoso ancora intorno al 1770, ma soprattutto non è sopravvissuta la partitura di quest’unica opera in musica dedicata all’isola di Procida. Abbiamo invece il libretto stampato per l’occasione, che presenta sette personaggi, di cui alcuni parlano in lingua napoletana, secondo un antico uso del Teatro dei Fiorentini. Riportiamo la vicenda in estrema sintesi come omaggio iniziale di questo programma all’isola capitale culturale italiana del 2022. Angelica, “donzella procidana” è destinata in sposa a Don Caspero Annettapuorto, pilota di navi e interprete di più lingue, ma negato per entrambi i mestieri (questo ruolo era interpretato da Carlo Casaccia, esponente di un clan famigliare di cantanti buffi per quasi un secolo a Napoli). La ragazza è però amata dal suo tutore, il Dottor Amfibio Scorticoni, un “medico sciocco”, promesso sposo della sua governante Silvietta, mentre anche Don Caspero ha un’amante segreta, Isabella, che è destinata in sposa ad un capitano di vascello, il capitan Gerundio. L’ultimo personaggio, calibrasso, sembra anticipare l’Elisir d’amore donizettiano perché è presentato come un “ciarlatano, che in Procida si finge barone”), ed anche lui è innamorato di Angelica. Davvero irresistibili sono le gag di Don Caspero quando tenta di parlare le lingue straniere, esattamente come in un’epoca più vicina a noi sarà ripetuto da Totò e Peppino a Milano. come nella migliore tradizione di commedia, tutto si risolve nel finale dove le coppie giuste si sposano (Angelica e il pilota, il dottore con la governante, Isabella col capitano di vascello mentre il ciarlatano, scoperto, è messo in prigione, mentre il coro finale canta:

Ogni lingua, sempre in festa,
per un giorno, e settimana,
dell’allegra Procidana
il bel genio narrerà.

Il programma di questo concerto non poteva che essere ispirato dal mare e dall’idea di popolo di marinai che da sempre caratterizza Procida ancor più delle altre splendide isole sorelle nel Golfo. Innumerevoli sono le opere in musica, non solo italiane, che presentano situazioni marine, come ha dimostrato il bel libro di Salvatore Mazzarella Mare immenso ci separa (Sellerio 2002) che analizza il rapporto tra il melodramma e il mare attraverso centinaia di libretti d’opera. Per simboleggiare questo legame, vitale per un Teatro lirico di una capitale mediterranea come Napoli, il Coro del San Carlo presenta proprio all’inizio la celebre “barcarola” dall’opera di Giuseppe Verdi I due Foscari, ambientato nella città più acquatica d’Italia, a Venezia, alla metà del Quattrocento. Un’altra barcarolle è tratta più avanti dalla spumeggiante opera Di charles Offenbach Les contes d’Hoffmann, mentre del trionfatore dell’opera di primo Ottocento Gioachino Rossini, che era stato per sette anni direttore del Teatro di San carlo prima di trasferirsi in Francia, sono presentate alcune canzoni per coro. Il maggior spazio in questa selezione, e non poteva essere diversamente, è dedicato allo straordinario repertorio della canzone popolare, dagli anonimi più antichi alle canzoni d’autore che si sparsero in tutto il mondo, sempre attraverso la lente del mare: “A Marechiaro”, “Michelemmà”, “‘O paese d’o sole” e tante altre, cui l’esecuzione corale assegna un particolare afflato comunitario, un’intera società unita dal canto. Questo avveniva con le sfrenate esecuzioni di Tarantelle a mare, riprodotte in centinaia di quadri celebri a cominciare da quelli di Peter Fabris, e naturalmente la regina del canto tradizionale dell’Isola, La Procidana, che aveva fatto brillare la stella dell’indimenticabile esecutrice figlia di Procida, Concetta Barra (il cui testimone è stato raccolto dal figlio Peppe, genius loci per eccellenza).

Dinko Fabris