Roma, 11 feb. (Labitalia) – Nel 2018, sono balzati da 6.725 a 10.596 gli utenti iscritti a Federprivacy, registrando così un aumento del 57,5% tra professionisti e manager che si occupano dei temi della protezione dei dati. Complice l’introduzione del Gdpr, la privacy si è rapidamente affermata come una materia interdisciplinare che interessa platee sempre più diverse di addetti ai lavori rilevabili dal background degli iscritti alla principale associazione di riferimento italiana del settore, che sono per il 19% avvocati e giuristi d’impresa, per il 13% consulenti informatici e altre figure dei settori Ict, per il 12% data protection officer e referenti privacy aziendali, e per il 25% titolari e funzionari direttivi di piccole e medie imprese. Ad evidenziarlo sono le ultime statistiche stilate dall’Osservatorio di Federprivacy, che come negli scorsi anni forniscono anche un focus sulle certificazioni professionali in ambito privacy diffuse sul territorio nazionale. Sono, invece, quasi duemila (18%) quelli che hanno fatto della data protection una vera e propria professione.
Ancora pochi i dipendenti della pubblica amministrazione (6%) che seguono i temi della privacy. Nonostante la pubblicazione di una specifica norma tecnica nel novembre del 2017, sono stati finora solo 290 i data protection officer che hanno ottenuto una certificazione basata sulla Uni 11697:2017, da uno dei nove enti che la propongono in Italia. Prosegue stabile la crescita (+14,5%) della certificazione di privacy officer e consulente della privacy basata sullo schema proprietario di Federprivacy e rilasciata da Tuv Italia dal 2012, conseguita ad oggi da 426 professionisti che hanno visto certificare le proprie competenze dall’ente bavarese. Pur avendo registrato un aumento del 22,3%, sono in tutto appena 793 i professionisti che hanno finora ottenuto una certificazione professionale nel settore della privacy, numero esiguo se messo a confronto con le oltre 43mila nomine di Dpo ricevute dal Garante.
Interpretiamo questa cautela nel ricorrere alle certificazioni come un sintomo positivo a seguito dei chiarimenti forniti dal Garante, il quale ha precisato che esse non sono obbligatorie e non costituiscono un’abilitazione a svolgere il ruolo di data protection officer”. A dirlo Nicola Bernardi, presidente di Federprivacy. “Benché tali certificati – spiega – rappresentino uno strumento utile, anche quello di privacy officer rilasciato da Tuv è di natura volontaria, ha come principale finalità quella di dare un riscontro oggettivo da parte di un ente indipendente e imparziale sul possesso delle competenze del professionista”.