Politica culturale…ah quanto manchi

156

Che il conto alla rovescia cominci. Dopo la chiusura, che sia open padlock. E che sia. Senza regole, con regole, con limitazioni. Ah, saperlo. Ipotesi di ogni tipo, obblighi come se piovesse. Una sola domanda: chi paga, cosa paga e fino a quando. Non sono quisquilie, non in questo periodo. Le strutture espositive, i siti archeologici potranno riaprire, ma, di fatto, le regole non sono del tutto note e quel che si sa lascia molto ai voli di fantasia. Gli altri settori non hanno informazioni maggiormente definite, ma il mezzo gaudio, a fronte di questo male molto più che comune, non consola. Autobus e linee metropolitane con ridotto numero di passeggeri. Aprire un museo significa renderlo raggiungibile, ohibò. Fare entrare il pubblico, anche se scaglionato, implica sorveglianza del numero di frequentatori per ambiente. Neon lampeggiante 1: quanti metri quadri a visitatore, prego. In modo sommario è stato annunciata senza specifiche la possibilità di trasferire all’esterno alcune attività. Neon Lampeggiante 2: in barba a qualsiasi previsione metereologica, ragionare, prego. Piovono interviste a super esperti e operatori del settore che lamentano la mancanza di sostegno economico da parte dello stato. Neon Lampeggiante 3: evitare che il COVID19 mieta anche il paesaggio culturale tra le proprie vittime, prego. 1000 gallerie d’arte in Italia di cui un centinaio in Campania. Non solo Musei. Dipendenti, addetti, consulenti come se piovesse. Nel settore privato come in quello pubblico. Tutti in attesa di un risarcimento un indennizzo, un incentivo. Il risultato, e non per tutti, è la possibilità di contrarre qualche debito con la propria banca. Entusiasmante. Il pericolo è che il panorama di strutture culturali rischia di scomparire depauperando il tessuto urbano. Per i privati infatti può essere conveniente non riaprire e trasferire la propria attività sul Web. Le gallerie, in particolar modo, quelle che si fondano anche sulle vendite d’opere d’arte, invece di pagare affitto e utenze, sorveglianza e pulizie, potrebbero comporre sul proprio sito la galleria e la struttura commerciale. Non va bene, la città ha bisogno di librerie, di gallerie d’arte, centri culturali e teatri. Solo la lungimiranza della talpa può far pensare che la nostra vita possa essere trasferita sul web. Come diceva Aristotele, che di natura umana ne capiva, l’uomo è un animale sociale, l’uomo, come individuo singolo, non potrebbe mai realizzare la sua più intima natura, cioè lo sviluppo e l’esercizio della ragione. Sul web si è praticamente soli, in barba ai siti che sono detti social. Strumenti che possono divertire, supportare, aiutare ma non sostituire la natura sociale dell’uomo.
La recessione economica che non è più uno spauracchio da cui tenersi lontani, ma un carico reale che soffriremo per tanto tempo questa volta. Bisogna essere pronti e non con le parole. Faremo, diremo, opereremo. Neon lampeggiante 4: sostituire il tempo futuro con il presente e riconiugare prego. Bisognerà aspettarsi la chiusura del teatro privato, l’assenza di reddito per musicisti e scrittori, gli imprenditori in crisi economica. Però la misura della politica culturale non è data dal numero degli artisti cui garantisce la sopravvivenza. Sarebbe relativamente facile la soluzione: una pioggia di sussidi e tuttibenegrazie fino al prossimo bonifico.
La cultura non è un lusso di cui bisogna occuparsi solo una volta assicurata la sopravvivenza. È produttrice di reddito ed ora nel post Covid, come prima della pandemia deve essere trattato da settore economico qual esso è. Gli effetti economici della cultura sono oggi inconfutabili e proprio in questo periodo nel quale stanno venendo a mancare si avverte chiaro il segnale. Il panorama culturale italiano non ha confronto ma, anche se pochi se ne accorgono, è in competizione globale per la sua narrazione. Italia vs tuttoilrestodelmondo. La grande assente è la politica culturale. In molti altri paesi è invece una bandiera per i governi.