Uno degli obiettivi che l’Italia punta a raggiungere con il Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr) è la riduzione del divario di cittadinanza. Chiunque viva in Italia, infatti, dovrebbe poter avere accesso agli stessi servizi e allo stesso livello di qualità nella loro erogazione. Oggi però sappiamo che purtroppo non è così. Le differenze sono notevoli tra i diversi territori. Ad evidenziarlo è Openpolis, che sta portando avanti un’analisi sul Pnrr e sulle risorse impiegate per il recupero delle periferie urbane. Openpolis spiega: “Squilibri nella qualità della vita e nell’erogazione dei servizi non caratterizzano soltanto la dicotomia nord-sud o tra aree interne e centri maggiori. Anche all’interno delle città stesse infatti il divario può essere notevole. Ad esempio tra chi vive in centro e chi invece risiede in periferia. È per questo motivo che nel Pnrr è prevista una specifica misura che punta a riqualificare le periferie delle principali aree metropolitane del nostro paese con l’obiettivo primario di ridurre l’emarginazione e le situazioni di degrado. Lo scorso maggio un decreto del ministero dell’interno di concerto con quello dell’economia ha assegnato le risorse per questo tipo di interventi”. E, nel dettaglio, Openpolis evidenzia come si distribuiscono le risorse sul territorio e quali sono i progetti finanziati.
Cosa prevede il Pnrr per le aree urbane
La misura del Pnrr di riferimento è denominata Piani urbani integrati e, come già anticipato, punta a finanziare progetti volti alla riduzione di situazioni di degrado, in particolare nelle periferie delle aree metropolitane. “Ciò potrà avvenire anche attraverso interventi di rigenerazione urbana, con il recupero, la ristrutturazione e la rifunzionalizzazione ecosostenibile delle strutture edilizie e delle aree pubbliche”. Sono finanziati con questo investimento anche interventi per l’efficientamento energetico e idrico degli edifici e la riduzione del consumo di suolo, anche attraverso operazioni di demolizione e ricostruzione. Sono sostenuti anche progetti legati alle smart cities, con particolare riferimento ai trasporti e al consumo energetico. L’intervento in particolare è dedicato a quei territori che rientrano nelle aree delle città metropolitane. “Obiettivo primario – si afferma – è recuperare spazi urbani e aree già esistenti allo scopo di migliorare la qualità della vita, anche promuovendo processi di partecipazione sociale e imprenditoriale. I progetti inoltre non dovranno semplicemente riqualificare immobili. Con questo investimento infatti ci si pone anche l’ambizioso obiettivo di favorire occasioni di incontro per la comunità. Ciò può avvenire attraverso la promozione di attività sociali, culturali ed economiche, con particolare attenzione agli aspetti ambientali”. Per quanto riguarda il cronoprogramma del Pnrr, entro la fine dell’anno era prevista l’entrata in vigore del piano di investimenti per progetti di rigenerazione urbana nelle aree metropolitane. Milestone che è stata conseguita, in anticipo, lo scorso maggio con la pubblicazione in gazzetta ufficiale del decreto che assegna le risorse ai soggetti attuatori (in via principale i comuni). Entro il 30 luglio 2023 invece questi ultimi dovranno aggiudicare tutti gli appalti per la realizzazione dei progetti selezionati. “Anche in questo caso, come si legge nel decreto, ci sono state alcune difficoltà – si evidenzia. – Infatti il compito di individuare i progetti ammissibili al finanziamento era demandato alle città metropolitane. Operazione che si è conclusa nel marzo scorso. Tuttavia diversi soggetti (si fa esplicito riferimento ai territori di Catania e Messina) hanno commesso degli errori nella compilazione delle domande. Ciò ha reso necessario l’invio da parte del ministero di una nota alle amministrazioni interessate al fine di apportare le correzioni e integrazioni necessarie. Queste difficoltà hanno determinato alcune lacune per quanto riguarda le informazioni sulla territorializzazione degli investimenti”.
Come sono state distribuite le risorse
I criteri utilizzati per la selezione delle proposte da ammettere al finanziamento sono numerosi. Tra questi c’era la necessità di presentare delle proposte che fossero ad un livello progettuale avanzato. Come già evidenziato spesso infatti, la necessità di completare gli interventi entro il 2026 ha spinto in molte occasioni i soggetti coinvolti a ripresentare progetti vecchi che non avevano ricevuto risorse piuttosto che produrne appositamente di nuovi. I progetti finanziabili inoltre non potevano avere un valore complessivo inferiore a 50 milioni di euro. “Ma l’elemento forse più interessante riguarda il fatto che anche in questo caso si è fatto ricorso all’indice di vulnerabilità sociale e materiale (Ivsm) – evidenzia OpenPolis -. Un indicatore prodotto da Istat che è stato recentemente al centro di polemiche poiché giudicato obsoleto. L’Isvm misura la vulnerabilità di un territorio in base alle condizioni sociali e abitative dei suoi abitanti. Per questo bando nello specifico, erano ammissibili al finanziamento quei progetti che sarebbero andati a intervenire su aree urbane il cui Ivsm è superiore a 99 o alla mediana dell’area territoriale. In questo caso però non si sono registrate particolari polemiche, sebbene la cifra messa a bando fosse consistente, perché tutte le aree metropolitane del nostro paese hanno avuto accesso ai fondi”.
Le cifre
Ammontano a 2,7 miliardi di euro le risorse del Pnrr per i Piani urbani integrati delle città metropolitane. A questi, inoltre, si aggiungono altri 272 milioni di euro di risorse nazionali provenienti dal Fondo ripresa resilienza Italia istituito dall’articolo 8 del decreto legge 152/2021. Tale fondo può coprire fino a massimo il 25% del costo dei progetti. Complessivamente i piani urbani finanziati sono 31. Questo perché, ovviamente, le città metropolitane potevano presentarne anche più di uno. Nel napoletano ad esempio ne saranno finanziati 6. Nell’area metropolitana di Roma 5, nel milanese 4 mentre nelle aree metropolitane di Torino, Bari, Firenze, Catania e Messina 2. A livello di finanziamenti per progetto, quello che riceverà la quota più consistente di fondi interessa la città metropolitana di Palermo (circa 196 milioni di euro). Seguono Catania (185,5 milioni) e Bologna (157 milioni). Queste tre realtà hanno presentato un singolo progetto ciascuna. Se però si analizza la quantità di risorse assegnate a ogni città metropolitana, al primo posto troviamo Napoli (351 milioni circa). Seguono Roma (330 milioni) e Milano (277 milioni). Da notare che le risorse assegnate a territori del mezzogiorno ammontano al 46,9%. In questo caso quindi la clausola sulla riserva del 40% dei fondi del Pnrr al meridione è stata rispettata. Le città metropolitane erano il soggetto istituzionale a cui spettava il compito di individuare i progetti da finanziare. Ma tutti i comuni il cui territorio insiste in queste aree potevano potenzialmente essere eletti come soggetti attuatori. Grazie alle informazioni fornite dagli allegati al già citato decreto, si può osservare che i territori interessati da questo punto di vista sono oltre 300. Se si esclude Roma (a cui vanno circa 330 milioni di euro) che ha una struttura istituzionale particolare (Roma capitale), il singolo comune a cui vanno più fondi è Milano (166 milioni). Troviamo poi Messina (132 milioni). Anche quello della città siciliana però è un caso un po’ particolare. Infatti nel proprio piano non ha indicato la ripartizione territoriale tra i comuni che ne fanno parte. Escludendo quindi anche questo caso un po’ complesso, sul podio insieme a Milano troviamo Genova (127 milioni) e Bologna (125). Mentre il comune non capoluogo che riceverà l’importo più rilevante è Cardito (Na) a cui andranno oltre 52 milioni di euro. Seguono Bagheria (Pa, 20 milioni), Imola (Bo, 17 milioni circa) e Sant’Olcese (Ge, 14,5 milioni).