Pmi, l’assalto alla Cina passa per Hong Kong

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A cura di Alfonso Vitiello Passata la tempesta della contestazione e chiusi gli ombrelli (usati per difendersi dai lacrimogeni della polizia e assurti a simbolo della protesta) del Movimento studentesco “Occupy Central”, A cura di Alfonso Vitiello Passata la tempesta della contestazione e chiusi gli ombrelli (usati per difendersi dai lacrimogeni della polizia e assurti a simbolo della protesta) del Movimento studentesco “Occupy Central”, Hong Kong riparte alla grande rilanciando il suo ruolo di porta del business per la Cina. Una notevole espansione, favorita da nuove leggi, potrebbe far esplodere – secondo gli esperti – nel breve tempo l’economia di Hong Kong. Una volta, per ottenere la residenza e quindi poter esercitare un’attività economica, le aziende straniere dovevano versare 10 milioni di Hong kong dollar: oggi non è più necessario. Il Cies (Hong Kong Capital Investment Entrant Scheme) e il Governatore CY Leung hanno deciso il mondo del nusiness sarà separato da quello dei permessi per residenti. Molte sono le aziende italiane che già nel corso del 2014 si sono affacciate sul mercato di Hong Kong. A breve dovrebbe entrare in vigore un nuovo trattato tra Cina ed Italia, e molte imprese potranno beneficiare di nuovi e più favorevoli regolamenti: grazie ai quali Hong Kong si affermerà ancora di più come piattaforma economica per il continente cinese. I settori trainanti attualmente sono: la moda, il lusso e l’agroalimentare. Ed è notevole la presenza di aziende campane soprattutto nei primi due comparti, e in particolare in quello della gioielleria. In crescita anche la presenza di start up italiane, e ci sono grandi opportunità di investimento. Attualmente ai primi posti per numero di progetti industriali nell’area di Hong Kong ci sono il Giappone, l’Inghiterra e l’Italia (presente con circa 450 aziende in tutto il territorio a regime speciale). Complessivamente i Paesi rappresentati da proprie imprese a Hong Kong sono 47 con 360 progetti di investimento: si tratta di oltre 4 milioni di investitori per un business totale di 14.2 trilioni di dollari. E tuttavia, benché la protesta del Movimento Occupy central si sia esaurita restano ancora focolai di contestazione. Come dimostrano le tende nelle quali sono asserragliati i giovani che non sanno decidersi a rifiutare apertamente le regole imposte da Pechino o accettare qualche compromesso. Ma questo non intralcia la ripresa degli affari. E crescono le imprese italiane consapevoli del fatto che passare per Hongkong è una tappa fondamentale per poter accedere al paese della Forbidden City, meglio conosciuta come la Città Proibita.