Pietreionne, ecco la falanghina (in purezza e metodo classico) vanto del Sannio

294
in foto l'enologo e proprietario della cantina Pietreionne, Daniele Giovanni Corbo

di Giuseppe Delle Cave

“È una falanghina di carattere”. Daniele Giovanni Corbo lo ripete più volte parlando del suo Cru, Maiorano, vino strutturato, affinato in acciaio per sei mesi, frutto della selezione delle migliori uve di Pietreionne, una cantina tutto sommato giovane di Ponte (nata nel 2015 e a pieno regime dal 2020) ma destinata a far parlare di sé per l’opera di valorizzazione del territorio (quello sannita) e dei vitigni autoctoni (su tutti la Falanghina del Taburno). Giovane come giovane è il suo enologo, Daniele, che a 33 anni alleva viti con cura e perizia, propria di chi ha fatto della passione un lavoro, rinnovando le pratiche agrotecniche nell’azienda di famiglia (giunta alla quarta generazione) e promuovendo con coraggio innovazioni non solo a casa sua ma in tutto il Beneventano, dove propone l’abbinamento, per niente scontato, tra il metodo classico e un vitigno storico come la falanghina. Nasce così Helza (dall’elsa, l’impugnatura della spada, che la forma della bottiglia ricorda), altro vanto con Maiorano di questa piccola perla della provincia di Benevento, che è anche agriturismo.

Il tour vigna-cantina
Quando si arriva sulla via Francigena da Pietreionne (il nome è un omaggio alle pietre “ionne”, tonde, della collina), a Ponte, la vista riempie gli occhi, il verde è ovunque e la struttura ha uno stile rustico-elegante che fa sentire a casa. Daniele accoglie gli ospiti invitandoli subito ad un giro a piedi presso la vigna, che si estende fino a Solopaca per circa 20 ettari. È qui che vien fuori tutta l’esperienza, lo studio e la passione dell’enologo sannita (diplomato in Viticoltura ed Enologia ad Avellino, dal 2009 in Assoenologi, per 4 anni in una cantina nell’Alto Casertano e, poi, dal 2010 al 2015 con l’enologo Carmine Valentino, il suo mentore, presso la Fattoria Alois)
“Dall’allevamento a tendone siamo passati a quello a spalliera, che si presta meglio anche ad un discorso di meccanizzazione”, dice. “Molti demonizzano l’utilizzo della vendemmiatrice, dicono che non faccia qualità, invece non è così”, aggiunge. “A metà-fine settembre abbiamo avuto molta pioggia e la falanghina ha iniziato a risentirne. L’acino si è ingrossato, iniziandosi a spaccare, la raccolta meccanica ci ha consentito di portare in cantina delle uve già selezionate, grazie sopratutto al lavoro degli scuotitori. I chicchi non maturi, colpiti da botrite e vuoti non si sono staccati. In questo modo sono arrivati in cantina per la lavorazione acini sani e di ottima qualità. Non so quanti operatori si sarebbero accorti di malformazioni e difetti di questo tipo. Molto si riempiono la bocca parlando di raccolta manuale ma non è sempre un bene”, spiega.
A poche centinaia di metri dall’agriturismo si trova invece la cantina. Qui avviene tutto il processo di vinificazione e l’avventura della spumantizzazione della falanghina. E’ qui che Daniele realizza, tra l’altro, Helza, un metodo classico dosaggio zero che sta sui lieviti per un anno dopo un mese di rifermentazione in bottiglia, e con metodo charmat Fibula, un extra dry piacevole che sta bene anche sul dessert.
“Terroir, eleganza, mineralità, freschezza. Sono i quattro punti distintivi di Pietreionne”,
tiene a far notare. “Ogni bottiglia – sottolinea Daniele – riflette il forte legame con il territorio. I profumi e gli aromi dei nostri vini sono frutto della diretta e dinamica interazione tra le viti, la tipologia di suolo su cui crescono ed il microclima caratteristico delle colline sannite”.

Cibo-vino, nulla è lasciato al caso
Il territorio si ritrova tutto nel bicchiere. Grande acidità, freschezza, bocca pulita e asciutta ad ogni sorso. Ma anche la cucina è raffinata e con materie prime di primissima qualità. In questo caso a dettare i tempi di cotture e pietanze, mai banali, è la chef Giovanna Corbo, sorella di Daniele, che quest’anno ha anche firmato il menù dell’Immacolata, sottolineando con i suoi piatti le eleganti bottiglie di Pietreionne. Tris di baccalà come èntrèe in abbinamento ad Helza Spumante di Falanghina; tagliolini con castagne e pancetta a coccolare il palato mentre si sorseggia il Maiorano; filetto di maialino con mele annurche e torretta di patate gratinate come secondo in abbinamento a Falanghina del Sannio
Vendemmia Tardiva (Sprecamugliera il nome, che prende spunto dal sentiero e dalla leggenda del posto, che voleva le donne smarrirsi lungo una via periferica e tortuosa di campagna). Infine, il dolce, un panettone artigianale in due versioni (castagna e gocce di cioccolato) della pasticceria D’Abate di Isernia (64 anni di attività, anch’essa alla quarta generazione, con il pastrychef Enzo D’abate e il figlio Michele pronti a deliziare anche i palati più esigenti), in questo caso accompagnato da Fibula, l’Extra Dry della casa.
Un’esplosione di sapori, profumi e…di orgoglio per una cantina giovane, ma già degna di grandi palcoscenici, che ha saputo fare dell’identità (sannita e campana), del territorio e dello studio la sua stella polare.