Piccoli istituti: No caccia alle streghe

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L’ “equazione banche di territorio uguale a banche fragili è fuorviante, oltre che non veritiera“. Non ci stanno i rappresentanti del sistema bancario cosiddetto minore a finire nel calderone indistinto delle polemiche che infuriano in questi giorni, a proposito delle obbligazioni subordinatee, più in generale, del “salvataggio di stato” di Banca Etruria, Banca Marche, Carife e CariChieti. “Le notizie che in questi giorni vanno diffondendosi sugli organi di stampa” – stigmatizzano da Salerno i vertici di Federcasse, la federazione delle 19 banche di credito cooperativo che operano in Campania, dal giugno scorso guidata da Lucio Alfieri, presidente della BCC dei Comuni Cilentani – ingenerano la convinzione che sussista un nesso di causalità tra quanto avvenuto nelle 4 banche, oggetto del Decreto 183,e le banche locali che, com’è noto, sono oggi rappresentate in gran parte dalle Banche di Credito Cooperativo e Casse Rurali”. Peraltro, aggiungono piccati in Federcasse, “tra le banche nella bufera non c’è nessuna Bcc”. Da via Santa Margherita, al civico 1, dove ha sede la federazione campana, più che le parole intendono far parlare i numeri. E i numeri dicono che il patrimonio di sistema (capitale e riserve) è di 20,5 miliardi, e che nell’ultimo anno, a dispetto della crisi, è cresciuto dell’1,3 per cento. E non per le obbligazioni subordinate. Ma su questo torneremo. Del resto, basta dare una scorsa al bilancio 2014 per avere un oggettivo riscontro dei numeri del sistema, sia sotto il profilo degli impieghi, che dal punto di vista della raccolta. Infatti, “la raccolta da clientela – cresciuta da 3 miliardi e 778 milioni (dic. 2013) a 3 miliardi e 977 milioni (dic. 2014) – ha fatto registrare un incremento del 5,27%, pari a quasi 200 mln di € in valore assoluto”, si legge nella relazione che accompagna il documento contabile. Insomma, per farla breve, la bufera – che nel caso della Banca Etruria e delle altre tre non soffia evidentemente da oggi, né da ieri – di sicuro non interessa, né può interessarela rete delle Bcc della Campania. E, tuttavia, questo non significa che sono tutte rose o fiori. Nel senso, cioè, che se difficoltà ci sono, o meglio,ci sono state, esse sono direttamente correlate alla negativa congiuntura economica, che al di qua del Garigliano èin ognicaso più sfavorevole rispetto alla condizione generale del Paese. “Attenzione a fare di tutta l’erba un fascio”, ribadisce infatti Ernesto Pappalardo, responsabile della comunicazione della Federazione. “Intanto va chiarito che una cosa sono le Bcc e altra le banche popolari. Dopo di che, se guardiamo all’indicatore principe che misura il livello di solidità degli istituti di credito, notiamo che se in Italia il “Cet 1 ratio” – questo il nome dell’indice – è complessivamente dell’11,8%, in Campania e in par- ticolare con riferimento al nostro sistema, esso sale al 19,9%”. “E in ognicaso il significativo rating della solidità non viene assolutamente inficiato dall’utilizzo di questo strumento, atteso che intanto le obbligazioni subordinate non appartengono alla tradizione delle Bcc. Ma se anche fosse stato utilizzato – e mi risulta che sono soltanto due le banche che hanno emesso questo tipo di obbligazioni – i risparmiatori non hanno da temere, anche perché questa raccolta incide solo marginalmente sulla tenuta complessiva del sistema”. Dunque, in pancia di qualche vostra banca comunque c’è del ve- leno, par di capire? E quali sono le Bcc intossicate? “Ma no,cosa dice”, afferma Fausto Salvati, direttore generale della Cassa Rurale ed Artigiana Banca di Credito Cooperativo di Battipaglia e Montecorvino Rovella. Salernitano di 59 anni, laureato in Scienze Economiche e Bancarie presso l’Università di Siena, Salvati vanta una lunghissima esperienza nazionaleed internazionale maturata con il gruppo Bnl. “Il sistema Campano delle Bcc è sufficientemente compatto e solido da fronteggiare,come del resto già sta facendo,eventuali situazioni di difficoltà”. Salvati non fa nomie, più in generale, il riferimento alle difficoltà è per la Bcc Irpina, che infatti attualmente è commissariata. “Ma commissariata non significa, appunto, che sta fallimendo”, insiste Salvati. “Peraltro – aggiunge – tenga conto che, anche nel caso del salvataggio delle quattro banche che con l’Etruria sono nell’occhio delciclone, il sistema nazionale delle nostre Bccsta contribuendo con la bella cifra di 220 milioni di euro”. Insomma, per farla breve: “la verità è che le banche, a prescindere dalle dimensioni, si misurano solo in termini di solidità”, argomenta il direttore della Cra-Bcc di Battipaglia e Montecorvino Rovella. E dunque? “Le nostre banche sono solide, anche se non sono grandi”, chiosa. E, tuttavia, il ragionamento in ogni caso apre la strada ad una serie di interrogativi, il più importante dei quali – quasi un paradosso – potremmo sintetizzarlo così: ma se queste banche di territorio non hanno difficoltà,come mai invece il tessuto economico su cui poggiano ne ha, eccome? Ma qui il discorso si complica e rischia di portarci lontano. “Le nostre banche accompagnano la piccola, spesso piccolissima realtà imprenditoriale”, dice Salvati, “che può dare un contributo alla crescita del Pil soltanto in termini marginali, benché diffusa. E’ evidente, che la parte più importante da farsi spetta ad altri, in primis al governo, alle politiche economiche, che non si vedono. Io le posso dire soltanto che la situazione in generale non è facile e, tuttavia, le nostre piccole banche la loro parte l’hanno sempre fatta. E continue- ranno a farla”.