Perché scricchiola il dogmatismo della Chiesa e dei suoi guardiani

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in foto monsignor Marcinkus

Scricchiola con marcata evidenza il dogmatismo della chiesa cattolica e di chi dovrebbe stare a guardia della sua egemonia. Era già da tempo, precisamente dalle dimissioni di Benedetto XVI, che si erano palesati segnali di una interpretazione non corretta di cosa significasse sedere sul trono che fu di Pietro. Per essere ancor più precisi sulle distorte ipotesi che più di un cardinale si è impegnato a fare, sarà bene andare con la mente a circa cinquanta anni fa. Allorquando, dopo poco più di un mese dall’elezione, papa Giovanni Paolo I, al mondo monsignor Luciani, fu trovato morto. Non si è mai conosciuta, né mai si saprà, quale sia stata la causa che lo fece ritornare, improvvisamente e senza motivi palesi, a casa di chi lui stesso rappresentava su questo mondo. Certo è, di contro, che non fosse né vecchio, né malato. Si da il caso che, all’ epoca di quel pontificato, a capo dello Ior, l’Istituto per le Opere di Religione, fosse tale Monsignor Marcinkus, che dava del tu alla finanza come lo da al latino Monsignor Ganzwein, già segretario fino all’ ultimo di Papa Ratzinger. Anche se molti resteranno delusi dal suo comportamento, si correrebbe il serio rischio di essere inseriti tra gli ipovedenti se non si facesse almeno cenno a quanto ha fatto quel monsignor segretario il giorno prima delle esequie del suo diretto superiore. Ha dato ex abrupto fiato alle trombe e, riassunto in poche parole, ha dichiarato urbi et orbi, nonché apertis verbis (riferendosi a quel latinista, sarà tollerato l’abuso della lingua a lui cara) che i rapporti tra i due papi non erano idilliaci come Francesco ha tentato finora, in ogni occasione, di far credere a questo e a quell’altro mondo. Se però ai tempi di Papa Luciani era stato il fruscio di banconote, allora in lire, a alterare profondamente i suoi rapporti con Monsignor Marcinkus, questa volta l’incipit sarebbe, il condizionale è usato impropriamente, quello di una vera e propria campagna elettorale del relativamente giovane monsignore bavarese. Il suo non è il corrispondente del conto senza l’oste, al contrario! È l’aggiunta di un altro pungolo a Francesco perché cambi mestiere e al più presto. In campagna non hanno indugiato a ricorrere alla citazione di vecchi aneddoti tutt’altro che fuori luogo. Vuole la storia non scritta che, alla fine delle guerre coloniali e ritornati tutti a casa, fosse incaricato di svolgere la funzioni dk parroco del villaggio un cappellano militare. Lo stesso aveva svolto il suo servizio pastorale in quei luoghi dove era normale incontrare facce e faccette nere. Non aveva fama di essere stato, in quelle contrade al di là del Mediterraneo, un casto Giuseppe. Per evitare che i parrocchiani azzardassero domande imbarazzanti, soleva anticiparsi con l’ espressione: “Fate ciò che il prete dice, non fate ciò che il prete fa”. La querelle ormai scoppiata nella Santa Sede, sicuramente è solo all’ inizio e l’idea che se ne trae è che non é destinata a chiudersi presto, né tanto meno senza lasciare vittime sul campo.
Se saranno vere e proprie eliminazioni fisiche non è dato sapere e l’ augurio è che ciò non avvenga: sarebbe malauguratamente uno dei casi in cui repetita non juvant. Tanto per conservare un minimo di fair play, cioé per evitare che da oltre le Mura possano giungere commenti tutt’altro che benevoli. Fare quindi in modo che, ancora una volta, non si verifichi quanto inevitabilmente “parrebbe brutto”. La vicenda è appena agli inizi e l’unica indicazione che si può trarre da quanto è già successo è che il 2023 tutto potrà essere eccetto che un anno santo. Come avrebbe reagito il papa emerito è facilmente immaginabile. Probabilmente avrebbe recitato anche il mea culpa per aver accettato l’incarico quando dal conclave uscì la fumata bianca. Essa annunciava che la scelta dei cardinali era caduta su di lui e quindi onore al merito. Salvo a accorgersi, di lì a poco, che cosa è fare il capo della chiesa più importante del mondo, tutt’altra è rivestire il ruolo di capo di uno stato, la Santa Sede. Per quanto sia la stessa il più piccolo sul pianeta, é collocata senz’altro tra quelli più importanti. Tutto ciò mal si combina con lo studio della teologia che si attesta molte spanne più in alto. Tanto basta e avanza. Del resto al momento della vestizione, come previsto dal cerimoniale, il Cardinale Camerlengo, mentre la penna di gallina incendiata si consumava in poco più di un attimo, lo aveva con rispetto ammonito: “Sancte Patre, sic transit gloria mundi”. Farà bene Monsignor Ganzwein a riflettere bene su tanto prima di fare altre esternazioni del genere di quella innanzi accennata. Tenendo conto che il peccato di hybris non offendeva solo le divinità pagane del mondo classico, che punivano severamente chi lo commetteva. Oggi quel comportamento provoca reazioni negative altrettanto gravi. Umane, questa volta, va de plano.