Perché il prezzo dell’olio è sempre più alto?

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Siamo nel periodo dell’anno in cui il consumo di olio extravergine di oliva – un elemento essenziale della Dieta Mediterranea – dovrebbe essere ai suoi massimi. In estate, infatti, le persone tendono a consumare maggiormente alimenti come insalate e verdure fresche, nonché piatti freddi di varia natura che sono più appetitosi se conditi con del buon olio extravergine di oliva, definito anche EVO. Eppure, molto probabilmente, anche in questi mesi estivi molti consumatori utilizzeranno questo condimento con più parsimonia, cercando di far durare le bottiglie il più possibile. Il motivo lo conosciamo tutti: negli ultimi anni si è infatti assistito a un notevole aumento dei prezzi dell’olio, soprattutto l’EVO. Secondo i dati Eurostat, nel gennaio 2024, il prezzo dell’olio nell’UE era mediamente il 50% più alto rispetto a gennaio 2023 (i valori italiani sono poco al di sotto di questa soglia).

Ma da che cosa è stato determinato da questo aumento? E che cosa potrebbe fare la ricerca scientifica a tutela della qualità di questo importantissimo alimento? Come racconta Antonia Lai, ricercatrice ENEA e responsabile del team di spettroscopia del progetto METROFOOD-IT, “l’olio si produce, oltre che in Italia, in tutta l’area mediterranea, Grecia, Turchia e Nord Africa. La Spagna è il maggiore produttore; da sola copre il 63% dell’intera produzione europea, con una estensione notevolissima delle coltivazioni adibite a olio di oliva soprattutto nel vasto territorio Andaluso, centro nevralgico della produzione di olive spagnole. Tuttavia, va sottolineato che l’olio prodotto in Italia rappresenta un’eccellenza della produzione agroalimentare italiana e presenta caratteristiche qualitative particolarmente elevate rispetto all’intera produzione dei Paesi dell’area mediterranea. Il comparto olivicolo italiano beneficia di un’eccezionale biodiversità: nel nostro Paese, infatti, esistono più di 500 cultivar, distribuite su tutto il territorio nazionale. Questa caratteristica, insieme alle numerose aree di coltivazione distribuite lungo il territorio, consente di produrre una grande varietà di olio EVO con diverse caratteristiche rispetto all’aroma e alla cosiddetta “intensità”, assicurando – appunto – un prodotto di eccellenza.

Un importante problema legato alla produzione di olio EVO è rappresentato soprattutto negli ultimi anni dai cambiamenti climatici a cui stiamo assistendo, che hanno portato a una riduzione dei raccolti con conseguente abbassamento dei volumi di produzione in tutta l’area Mediterranea, soprattutto in Spagna, il cui peso economico è determinante sul mercato. In definitiva il recente aumento dei prezzi è principalmente dovuto al cambiamento climatico, per il quale ad esempio, si assiste a episodi di caldo estremo con periodi di siccità alternati a forti piogge, che possono recare danno le fioriture e ai frutti. Inoltre il settore ha avuto a che fare con fenomeni legati al diffondersi di patogeni alieni come la Xylella Fastidiosa, che recentemente hanno colpito in maniera importante oliveti di vaste aree d’Italia a causa dell’aumento delle temperature, in particolare in Puglia”.

In questo contesto è quasi impossibile riuscire a coniugare la qualità con un basso livello dei prezzi: “L’olio extravergine di oliva deve rispettare diversi parametri entro soglie molto ristrette: deve avere un’acidità inferiore all’0,8% e deve essere ottenuto dalla spremitura esclusivamente con mezzi meccanici di olive sane e fresche e col giusto grado di maturazione. Tutto questo ovviamente ha un costo: per ottenere 1 litro di olio EVO servono circa dai 5 ai 7 kg di olive. È quindi praticamente impossibile acquistare un olio di qualità a pochi euro al litro. Del resto, è ormai da tempo dimostrato che l’olio extravergine di oliva è privo di colesterolo e povero di grassi saturi e ricco di antiossidanti, come i polifenoli e la vitamina E, che aiutano a proteggere le cellule dai danni dei radicali liberi, causa di invecchiamento cellulare”. Non sempre il consumatore riesce a cogliere immediatamente queste caratteristiche, tanto che il sapore amaro dell’olio (che in realtà è un segnale della presenza di queste componenti positive) viene in realtà spesso interpretato in maniera negativa.

In futuro, un aiuto alla maggiore consapevolezza potrebbe arrivare dalla ricerca applicata: “Il consumatore potrebbe avere la possibilità di valutare prima dell’acquisto la qualità dell’olio attraverso dei sensori portatili realizzati ad esempio con tecnologie innovative basate sulla spettroscopia a Infrarosso, in grado di individuare “in tempo reale” la presenza di polifenoli, vitamina E e diversi altri composti antiossidanti, oppure ancora rivelare eventuali alterazioni del prodotto”. Anche i produttori agricoli del settore, invece, avrebbero bisogno di ricevere degli input dal mondo della ricerca, ad esempio per migliorare la coltivazione dell’olivo. Ma anche per garantire una maggiore tracciabilità del prodotto e, di conseguenza, per difendere la qualità del nostro prodotto conferendo ulteriore valore aggiunto alle produzioni”.