Perché a Napoli le start-up non decollano

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Nessuna azienda ha un capitale superiore al mezzo milione di euro e la presenza nei comparti ad alta tecnologia è marginale in rapporto al numero di abitanti il capoluogo campano fa meglio solo di Roma. Appena 0,11 nuove imprese per Nessuna azienda ha un capitale superiore al mezzo milione di euro e la presenza nei comparti ad alta tecnologia è marginale in rapporto al numero di abitanti il capoluogo campano fa meglio solo di Roma. Appena 0,11 nuove imprese per mille cittadini Sottodimensionate e con un peso specifico di scarso rilievo sul sistema economico locale. Si presentano così le start-up innovative della Campania, un complesso di 201 imprese con una presenza consistente nei settori di servizi (163) e industria (23) e un impatto quasi irrilevante in ambiti come commercio (11) e turismo (2). L’unico elemento positivo è rappresentato dal grande fermento che si registra in questo specifico ambito, dal momento che in termini di valore assoluto la Campania, con le sue 201 aziende, è in cima alla classifica delle regioni del Sud, seguita da Puglia (143) e Sicilia (138). Allargando l’orizzonte al contesto nazionale, invece, le prime tre posizioni sono occupate da Lombardia, 762 start-up attive, Emilia Romagna (397) e Lazio (333). Tante idee pochi soldi L’analisi più interessante è quella relativa alle classi di capitale sociale delle imprese innovative campane. Il numero più consistente, 93 su 201, si concentra nel segmento compreso tra 5mila e 10mila euro. Quasi uguale, invece, il numero delle aziende che hanno un capitale sociale inferiore a 5mila euro (41) o compreso tra 10mila e 50mila euro (46). Solo dodici start-up, in Campania, hanno una dotazione finanziaria di partenza compresa tra 50mila e 100mila euro mentre addirittura due sono quelle che rientrano nella classe 250mila-500mila euro. “Si può dire – è il commento di Unioncamere, che cura il registro speciale riservato alle neo imprese innovative – che quello del sottodimensionamento in termini di capitale sociale è un problema che accomuna anche altre aree del Paese perché le startup sono legate quasi esclusivamente a un discorso di contributo pubblico. Di conseguenza è impensabile che questa tipologia di azienda possa partire con un consistente fondo finanziario”. La mappa delle start-up campane, peraltro, evidenzia come la concentrazione di queste aziende sia quasi solo su Napoli (52,2 per cento del totale) e Salerno (24,9 per cento). Se Trento è un modello da seguire Il Denaro, sulla base dei dati forniti da Unioncamere, analizza il peso specifico delle start-up nelle dieci province italiane più prolifiche. E scopre che Napoli, con 0,11 imprese per mille abitanti, è penultima in classifica e precede solo Roma, che ha un coefficiente di 0,01. In vetta troviamo Trento (0,82), Cagliari (0,47) e Modena (0,45) mentre Milano e Torino sono rispettivamente a quota 0,35 e 0,19 start-up per mille abitanti. Napoli è ultima, invece, nella top ten nazionale che esamina l’incidenza sul totale delle società di capitale nella provincia di riferimento. Con 11,91 start-up ogni 10mila imprese costituite sottoforma di spa o srl il capoluogo campano è lontanissimo dalla capolista Trento (102,79) e da realtà come Torino (43,41), Bologna (36,44) e Milano (28,73). Startupper? Meglio se esperto Uno studio dell’Università di Padova, che Il Denaro consulta, traccia l’identikit dei fondatori di start-up in Italia. Dati che, secondo gli estensori dell’indagine, hanno uguale rilevaza su tutto il territorio nazionale. Viene fuori che l’età degli startupper nel 41,6 per cento dei casi è tra i 41 e i 50 anni, nel 30,7 per cento tra 31e 40, nel 22 per cento oltre 50 anni e solo nel 5,7 per cento tra 18 e 30. Interessante l’approfondimento relativo all’evoluzione dei progetti. Solo il 7 per cento dei neo imprenditori si cimenta nella produzione di beni e servizi capaci di creare un nuovo mercato. Nel 42 per cento dei casi, invece, la start-up nasce per valorizzare l’esperienza che si è maturata nel lavoro, e non durante l’università, per cui il prodotto o il servizio che ne deriva non è del tutto innovativo. Il 55 per cento delle neo aziende, infatti, punta su un’innovazione di tipo incrementale e opera in settori già esistenti. Appena il 16 per cento si concentra su un mercato emergente ancora non consolidato. Così ti finanzio un’idea Chi vuole avviare una start-up, in Campania come nel resto d’Italia, può fare riferimento alla legge 221 del 2012. L’unico requisito richiesto è la produzione, lo sviluppo e la commercializzazione di prodotti o servizi a elevato contenuto tecnologico. Senza entrare nello specifico. Per ottenere fondi c’è il filone di Invitalia e quello, molto meno selettivo, del crowdfunding. In questo caso chi apre una nuova impresa innovativa può lanciare una campagna web di raccolta fondi per finanziarla. Peccato che questo strumento non dia ancora i frutti sperati. E gli altri requisiti? L’azienda deve avere sede in Italia, non redistribuire gli utili e investire parte dei profitti, si parla di un generico 15 per cento, in ricerca e sviluppo.