Introdotta dalla legge di stabilità del 2016 (art. 1 co. 284 l. n. 208/2015) ed in vigore dal 2 giugno scorso, il part-time agevolato si configura quale misura (per ora a carattere provvisorio) volta a favorire il turn over lavorativo, in un’ottica volta ad incentivare la flessibilità in uscita dal mondo del lavoro.
Nella mente del legislatore, l’istituto ha l’obiettivo di agevolare un processo di riduzione dell’orario di lavoro per quei dipendenti che sono prossimi alla pensione, spalmando i costi dell’operazione tra il datore di lavoro, lo Stato e il lavoratore.
In concreto la norma prevede che i lavoratori full time a tempo indeterminato impiegati nel settore privato, possano, su base volontaria, richiedere una riduzione dell’orario lavorativo (dal 40% fino ad un massimo del 60%) per un periodo massimo di 3 anni prima del raggiungimento della pensione di vecchiaia. Il passaggio da un orario di lavoro full time ad uno a tempo parziale non permette l’applicazione della disciplina ai lavoratori che sono già titolari di un contratto di lavoro part-time, e sono contestualmente esclusi dal novero dei destinatari dell’istituto anche lavoratori intermittenti, domestici, co.co.co ed associati in partecipazione.
La normativa relativa al part-time agevolato esclude l’applicabilità dell’istituto ai dipendenti pubblici ma si ritiene invece possano fruirne i dipendenti delle Ferrovie dello Stato e di Poste Italiane, in virtù del processo di privatizzazione dei predetti enti avvenuto nel corso degli anni ’90.
I lavoratori, inoltre, per poter fruire di questa possibilità, devono soddisfare i requisiti per l’accesso alla pensione di vecchiaia (cioè 66 anni e 7 mesi) entro il 31 dicembre 2018, a condizione di aver maturato, ai sensi della legge, i requisiti minimi di contribuzione per il diritto al trattamento pensionistico di vecchiaia, cioè almeno 20 anni di contribuzione al momento della trasformazione del contratto di lavoro da full time in part-time.
La trasformazione del contratto di lavoro, comportando una ovvia riduzione dell’orario lavorativo, avrà delle ripercussioni sul piano retributivo e pensionistico: il dipendente che avrà concordato con il datore di lavoro il passaggio al tempo parziale agevolato si vedrà corrispondere mensilmente a carico di questo ultimo, in aggiunta alla retribuzione per il part-time (che non potrà essere inferiore ai 2/3 della retribuzione percepita dal lavoratore in regime di full time), un ulteriore emolumento corrispondente ai contributi previdenziali relativi alla prestazione lavorativa non effettuata. La diminuzione retributiva quindi sarà compensata dall’erogazione in busta paga dei contributi versati dal datore di lavoro. Come però precisato nel decreto n.115/16 del Ministero del lavoro di concerto con il Ministero dell’Economia e delle Finanze, tale elemento aggiuntivo della retribuzione ha peculiari caratteristiche: non concorre infatti alla formazione del reddito da lavoro dipendente e non è assoggettato ad un alcun tipo di contribuzione previdenziale, inclusa quella relativa all’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro.
Dal punto di vista pensionistico invece, sarà lo Stato ad addossarsi i costi dell’operazione, andando a coprire figurativamente la quota di retribuzione perduta dal lavoratore. Di conseguenza la pensione verrà corrisposta come se il rapporto di lavoro non fosse mai stato trasformato in part-time.
La circolare INPS n.90/2016 ha previsto che il lavoratore, per aderire alla misura, dovrà fare istanza all’INPS di certificazione del raggiungimento del requisito anagrafico necessario ai fini pensionistici e dell’anzianità contributiva minima di 20 anni. Ottenuta tale certificazione, datore di lavoro e dipendente potranno stipulare l’accordo individuale di trasformazione del contratto di lavoro, comunicandolo poi alla DTL competente che dovrà emanare entro 5 giorni un provvedimento di autorizzazione. L’iter procedurale terminerà con una nuova pronuncia dell’INPS di accoglimento o rigetto dell’istanza sulla base delle informazioni fornite dal datore di lavoro e dei vincoli finanziari previsti dal Governo in relazione all’istituto.
La legge di stabilità del 2016 ha infatti stabilito precisi limiti allo stanziamento delle risorse da destinare al finanziamento della contribuzione figurativa a favore dei lavoratori che opteranno per il part-time agevolato, erogando a tal fine 60 milioni di euro per il 2016, 120 milioni per il 2017 e 60 milioni per il 2018 e predisponendo un dettagliato meccanismo di monitoraggio della spesa in capo all’INPS.
L’introduzione del part-time agevolato mira non solo a promuovere una graduale uscita del dipendente pensionando dal mondo lavorativo, compensando il calo retributivo (circa il 20%) con una sensibile riduzione dell’orario di lavoro, ma anche a diminuire gli oneri economici gravanti sul datore di lavoro in relazione ai dipendenti prossimi all’età pensionabile, senza intaccare le spettanze di questi ultimi in ordine al trattamento pensionistico.
Sebbene sia presto per trarre delle conclusioni sufficientemente esaustive circa la reale efficacia della misura predisposta dal legislatore, è forte la speranza che tale istituto possa anche favorire una sorta di ricambio generazionale, aprendo la strada a nuove assunzioni, introducendo quindi linfa nuova in settori lavorativi ormai stagnanti a causa della cronica mancanza di turn over.
Rossana Grauso