Parole dell’innovazione, sul treno dell’apertura mentale

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L’oggi è già vecchio. È giunta l’ora di muoversi verso il domani. Le parole dell’innovazione aperta lasciano la stazione dei pregiudizi, dell’esperienza e dell’arroganza del successo già acquisito seguendo la regola del ‘fare tutto in casa’ e salgono sul treno dell’apertura mentale, dell’epifania e della passione. Il loro bagaglio contiene la transculturazione e l’antidisciplina.

Innovazione aperta
Popolarizzata nei primi anni ‘2000, l’innovazione aperta è un processo sistematico attraverso il quale le idee penetrano da un’organizzazione a un’altra e viaggiano su diversi vettori di opportunità per la creazione di valore.
Nella sua versione 2.0, frutto dei progressi delle tecnologie digitali e degli sviluppi delle scienze cognitive, l’innovazione aperta è un paradigma che segna il passaggio dai guadagni marginali e incrementali ai mutamenti radicali – lunghi colpi che rendono possibile un grande passo in avanti nello sviluppo economico e sociale. Essa mira a produrre benefici per la società e non solo per l’economia, individuando e realizzando innovazioni che ci spingano collettivamente verso la traiettoria di un modo di vivere che sia intelligente e quindi sostenibile. Con ciò rendendo evidente come nuovi servizi e mercati possano essere co-creati in ecosistemi aperti dove i risultati a vantaggio di tutti (“io vinco, tu vinci”) subentrano alle situazioni che separano i vincenti dai perdenti (“io vinco, tu perdi”).

Transculturazione
Termine coniato dall’antropologo cubano Fernando Ortiz Fernández (1881-1969), la transculturazione è una rete di scambio reciproco di influenze culturali che si sovrappongono a vicenda.

Antidisciplina
L’anti-disciplina è un metodo che abbatte le barriere che separano discipline e specializzazioni. In Europa, all’inizio del XIX secolo, un processo educativo volto ad abbracciare tale metodo fu innescato dal St Patrick’s College di Maynooth – il Seminario nazionale cattolico d’Irlanda fondato nel 1795. Ciascun studente, senza eccezione alcuna, abbracciava un ampio campo di studi che comprendeva, oltre alla teologia, discipline umanistiche, retorica, belle lettere, logica, matematica e fisica.
Il biologo di Harvard Edward. O. Wilson (On Human Nature, Harvard University Press, Harvard, 1978) intende l’anti-disciplina come una relazione avversaria che spesso esiste quando i campi di studio ai livelli adiacenti di organizzazione iniziano a interagire generando tensioni creative. Con l’obiettivo di abbattere barriere che separando le discipline impediscono la soluzione di problemi sempre più ardui da fronteggiare, Joichi Ito, direttore del Media Lab del MIT (Massachusetts Institute of Technology di Boston disegna grandi spazi ‘vuoti’, cioè antidisciplinari. Allargando ancora di più la prospettiva, s’intravede quanto nell’economia delle idee sia grande e crescente il contributo della convergenza, definita da Tom Siegfried (A Beautiful Mind. John Nash, Game Theory, and the Modern Quest for a Code of Nature, Joseph Henry Press, Washington, D.C., 2006) “febbre da fusione”, tra rami scientifici (scienze matematiche, fisiche e naturali) e rami umanistici, e quanto l’innovazione aperta che ha la sua ricchezza nelle molteplici diversità dei partecipanti possa agire da catalizzatore che accelera questa tendenza.

piero.formica@gmail.com