Nel dizionario dell’innovazione le parole il cui comune denominatore è la fisicità delle fabbriche e delle piazze di mercato s’incontrano e si scontrano con quelle della virtualità delle reti intrecciate da idee personalizzate e degli spazi virtuali di mercato dove convivono conoscenza, informazione e analisti simbolici.
Qui tratteggiamo il profilo dell’innovatore incrementale legato alle vocazioni imprenditoriali affermatesi nel corso delle passate rivoluzioni industriali. Nella prossima puntata, metteremo a fuoco la figura dell’innovatore dirompente, perturbatore visionario che rivoluziona i modelli di consumo e gli stili di vita.
Incrementalista
Chi è ricco di denaro ma povero di tempo, la cui attitudine non aggressiva è spesso impregnata di morbido bigottismo. Facendo ciò che è necessario per salvaguardare la continuità delle vocazioni originali, l’incrementalista è esperto nell’orditura di assonanze, praticando l’arte del fare previsioni – una tecnica tanto più ardua quanto più lontano è l’orizzonte temporale. La previsione che si regge sulla base del tendenzialismo (come dire una tendenza non destinata a continuare) è una luce che pur corroborando il proprio punto di vista può ingannare, inducendo a guardare dove essa si diffonde velocemente senza però che lì si trovi l’innovazione che cambia il mondo. È indossando un tale abito culturale che i sacerdoti dell’incrementalismo calcolano il tempo in funzione delle considerazioni finanziarie che riflettono il rendimento atteso dagli investimenti. A fondamento dei loro calcoli c’è il pregiudizio per cui le perdite fanno più male di quanto i guadagni della stessa grandezza rechino benefici. Per non dire che, come avvertiva quell’innovatore dell’investimento che fu John Maynard Keynes (1883-1946), “la saggezza del mondo insegna che è cosa migliore per la reputazione fallire in modo convenzionale, anziché riuscire in modo anticonvenzionale”.