Le parole dell’innovazione sono un fiume carsico che scorre a un livello molto profondo, sotto lo strato superficiale delle mode culturali del momento. Scendendo in profondità si scopre che non regge alla prova dei fatti la visione manichea dell’innovazione, la sua netta divisione nei due princìpi opposti della chiusura e dell’apertura dell’innovatore, sia esso un singolo o un team, al mondo esterno. Già negli anni ‘80, sia in Svezia che in Finlandia, i programmi tecnologici si svolgevano tramite collaborazione tra imprese, università e autorità pubbliche. Più in generale, in assenza di un’apertura culturale, l’innovazione aperta si presenta come un vino vecchio messo in nuove botti.
Altruismo
In un ambiente chiuso, l’innovazione prende forma dalla “convinzione stupefacente – nel linguaggio attribuito a John Maynard Keynes (1883-1946) – che il più malvagio degli uomini farà la più malvagia delle cose per il maggior bene di tutti”. Al contrario, in un ambiente aperto, l’innovazione è plasmata da persone e organizzazioni altruistiche, tendenzialmente più cooperative che competitive, meno egoiste e più propense alla condivisione. Secondo David Sloan Wilson, biologo dell’evoluzione, nelle comunità in cui l’altruismo è fortemente radicato nel tessuto sociale, i gruppi altruistici hanno nel corso del tempo la meglio su quelli egoistici.
Cultura
Principale attivatore dei processi d’innovazione, particolarmente in modalità “innovazione aperta, è la cultura di cui la conoscenza è una delle componenti insieme alla lingua, alle tradizioni, convinzioni e prassi, ai codici di condotta, e alle istituzioni. Se l’habitat della cultura è malsano, la conoscenza ne risente. A sua volta, il malessere della conoscenza si riflette negativamente sulla cultura.
Homo innovatus
È portatore della cultura dell’innovazione aperta. Immerso nel campo cognitivo di quest’innovazione intellettuale, l’Homo Innovatus apprende a scoccare le frecce del dubbio, del pensiero, dell’azione e della realizzazione. Apertura ed espansione del campo dipendono dalla direzione e dalla velocità di propagazione delle quattro frecce. Non esiste una sequenza lineare che, a partire dal dubbio, sbocca nella realizzazione. L’incertezza del giudizio (dubbio), il peso (pensum, participio del verbo pendere, “pesare” – come dicevano i Romani con riferimento al “pensiero”) del tema da trattare, la volontà di cambiare (azione) e la sua concretizzazione si intersecano e si integrano lungo un percorso circolare. Alla loro migliore fusione, l’Homo Innovatus contribuisce con il coraggio di divergere dai suoi pari, essendo consapevole del valore attribuito alla diversità personale e al tratto distintivo della propria cultura per ottenere prestazioni più creative, più sostenibili e più eque. In tal modo, l’Homo Innovatus modella l’ambiente d’innovazione aperta che, a sua volta, forma la propria personalità.