Parlo Napoletano e me ne vanto. Quando una lingua è patrimonio Unesco

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Il Napoletano è una lingua patrimonio dell’umanità. A dirlo non sono i ” patrioti” campani, quelli fieri ed orgogliosi della loro terra natia, bensì l’Unesco, Organizzazione delle Nazioni Unite. Come vera e propria manna dal cielo, questo riconoscimento, a molti Il Napoletano è una lingua patrimonio dell’umanità. A dirlo non sono i ” patrioti” campani, quelli fieri ed orgogliosi della loro terra natia, bensì l’Unesco, Organizzazione delle Nazioni Unite. Come vera e propria manna dal cielo, questo riconoscimento, a molti sconosciuto, riecheggia in un momento in cui Napoli ed i suoi abitanti necessitano di una boccata d’ossigeno, soprattuto  a seguito delle tragiche vicende della Terra dei fuochi. Il Napoletano e’ quotidianamente parlato in ampie zone del Meridione, ma anche il Nord Italia non sembra restar immune dall’influenza dei frutti della “Città del Sole”. Arrestare, però, la capacità diffusiva della lingua Campana alle barriere nazionali, sarebbe una pura offesa intellettuale. Non bisogna, infatti, dimenticare che nei quartieri di stati esteri, come nella “Little Italy” americana, il Napoletano diventa il filo conduttore attraverso cui gli italiani, emigrati durante la seconda guerra mondiale, si sentono un po’ a casa. Celebri frasi, quali ” Adda passa’  ‘a nuttata” del mitico De Filippo, o ” a pizza cu a pummarola n’coppa” famoso ritornello di una nota canzone, diventano idiomi utilizzati un po’ da tutti, quasi come se fossero gli “Hallo” o ” Goodbye”  made in Naples.  Ecco dunque svelato il vero motivo per cui il cittadino campano e’ capace di farsi sempre capire: americani, russi o tedeschi, poco importa. Il napoletano e’ cittadino del mondo. Attuali,  così, diventano le parole di una  Sofia Loren un po’ profetica quando, con tanto orgoglio e fierezza, disse al mondo intero: “Io non sono italiana, sono napoletana! È un’ altra cosa!”. Antonia Conte