Opere pubbliche, in calo i cantieri incompiuti

9

Sono in calo le opere pubbliche incompiute in Italia: dopo anni di sostanziale stabilità, il numero è calato significativamente, passando dai 365 del 2022 ai 266 del 2023, con una riduzione pari al 37 per cento. A evidenziarlo è Centro Studi Enti Locali che ha elaborato i dati pubblicati dalle singole regioni, che restituiscono la situazione al 31 dicembre 2023. Diminuito significativamente anche l’importo complessivo degli interventi aggiornato all’ultimo quadro economico delle opere censite, il cui valore attuale si attesta intorno a 1,6 miliardi, contro i 2,3 dell’anno precedente. Meno significativa, ma comunque rilevante, anche la diminuzione dell’importo complessivo degli oneri per l’ultimazione dei lavori, passati dagli 1,4 miliardi del 2022 agli attuali 1,1 miliardi. Per opere incompiute, sottolinea Veronica Potenza autrice della ricerca, si intendono lavori il cui termine contrattualmente previsto per l’ultimazione è passato e che sono rimasti in stallo per problemi come mancanza di fondi, cause tecniche, sopravvenute nuove norme tecniche o disposizioni di legge, fallimento, liquidazione coatta e concordato preventivo dell’impresa appaltatrice, risoluzione o recesso dal contratto e mancato interesse al completamento da parte della stazione appaltante, dell’ente aggiudicatore o di altro soggetto aggiudicatore. In linea con gli anni precedenti, i lavori incompiuti sono prevalentemente concentrati nel Mezzogiorno. Le stazioni appaltanti delle 266 opere incompiute coincidono nel 64 per cento dei casi con delle amministrazioni pubbliche del sud e delle isole (171). Per completarle serviranno più di 600 milioni di euro. Le opere incompiute localizzate nelle regioni del centro Italia sono 52, esattamente come l’anno precedente, mentre quelle nel nord del Paese sono passate da 40 a 37. Le restanti sei opere in stallo, spiega il Centro Studi Enti Locali, sono di competenza delle amministrazioni centrali. Sebbene non siano numerose, queste hanno un peso specifico, in termini di oneri per completare i lavori, di gran lunga superiore alle 89 del centro-nord. Per portare a termine quelle sei opere servono, infatti, più di 437 milioni di euro, contro i 25,9 necessari per completare i lavori nelle regioni del centro e i 41,3 del nord. La diminuzione che salta più all’occhio e che ha fatto la differenza in modo significativo sul calo generale sul numero di opere incompiute, anche a livello nazionale, è quella registrata in Sicilia che è passata dal censire 138 opere nel 2022 a registrarne 47 nel 2023. Un crollo talmente enorme da far supporre qualche possibile motivazione legata a cancellazioni tecniche o a riconversioni di vecchie opere. Così come gli anni passati, anche nel 2023 è il Molise a detenere il record del più alto importo pro-capite degli oneri per l’ultimazione dei lavori. Mettendo in relazione i 52,4 milioni di euro necessari per completare le 7 opere incompiute alla popolazione di questa regione, emerge infatti che sulle spalle dei molisani gravano oneri pari a 181 euro pro-capite. Un dato distante dalla media nazionale di 22 euro ma più che dimezzato rispetto ai 422 euro dell’anno precedente. Seguono la Basilicata, che ha censito oneri per ultimazione lavori pari a 65 euro ad abitante e la Sardegna con 59 euro che si confrontano con i 139 dello scorso anno.