Ircocervi, grifi, minotauri. Creature mitologiche e fantascientiche come le aziende che coniugano capacità di profitto e rispetto della legalità premiate dal Gruppo Economy in una bella cerimonia al Senato in collaborazione con la società d’intermediazione creditizia Nsa e la società di revisione e organizzazione contabile Rsm.
Più che una provocazione, o non solo una provocazione, l’iniziativa accende un faro su un aspetto colpevolmente in ombra della dinamica imprenditoriale nazionale: nel Paese dei furbi c’è spazio anche per chi rispetta la legge nel condurre le sue attività economiche senza per questo perdere in slancio competitivo.
In un’epoca in cui latitano gli esempi positivi, mentre ce ne sarebbe un gran bisogno, si tratta di una bella notizia. Il segnale che i luoghi comuni non sempre sono frequentati da convinzioni attendibili e che la vera forza dell’Italia sta proprio nei tanti tantissimi attori che interpretano la loro parte con impegno e serietà.
Certo, le eccezioni esistono in ogni campo e si potrebbe ritenere che questo ne sia un caso. Se pure fosse, è meritorio mostrarlo perché insegna che brigare, sgomitare, imbrogliare non è strettamente necessario per avere successo ma è possibile affermarsi anche facendo le cose per bene. Per sé e per gli altri.
Il contesto non aiuta, è vero. Quando il sistema in cui si vive e si opera premia la slealtà e istiga all’accomodamento verso il basso non è facile scegliere la correttezza nei comportamenti. Occorre lavorare meglio e più dei concorrenti. Avere una visione e saperla realizzare. Guardare avanti senza cadere in tentazione.
Nella società del sospetto nella quale siamo cascati – o che ci siamo scrupolosamente costruiti attraverso una serie di decisioni irresponsabili – gli sbarramenti a qualsiasi tipo di azione sembrano escogitati apposta per impedire il cammino di chi riga dritto tanti e tali sono gli ostacoli piantati lungo il percorso.
Chiunque abbia avuto esperienza di un’attività che ha bisogno di permessi, autorizzazioni, licenze ha potuto verificare come l’impianto normativo, i regolamenti e perfino le interpretazioni di chi detiene anche un briciolo di potere siano inesorabilmente scoraggianti. La burocrazia è un mostro che fa paura.
Invece che aprirsi al mondo esterno ci si richiude nel proprio particolare. D’altra parte, da noi il fallimento è ancora un’infamia dalla quale è praticamente impossibile riaversi. Chi ne viene bollato è fuori dal consesso civile e per evitarne le conseguenze si è disposti a tutto talora perfino in buona fede.
A maggior ragione trovare tante realtà disposte a sfidare l’ostilità che le circonda senza ricorrere a sotterfugi è ancora più encomiabile. Grazie a loro si può constatare che il rispetto dell’etica pubblica e della moralità privata può diventare finanche un acceleratore di opportunità e risultati lusinghieri.
Restano sullo sfondo questioni delicate assai accentuate nella patria degli azzeccagarbugli. Se l’adesione al comando è formale ma non sostanziale come si valuta il caso? Se si sbaglia per errore e non per cattiva volontà si è colpevoli o vittime di un ordinamento impazzito? Esiste un confine tra legalità e onestà?
E ancora, se è la paura del castigo e non la buona coscienza a tenerci lontani dal crimine siamo egualmente meritevoli di approvazione? Lasciamo le risposte a qualcuno più bravo di noi. Resta il fatto, come Economy insegna, che per guadagnare soldi e rispetto non è necessario vendere l’anima al diavolo.