Corsi e ricorsi e la storia lontana e recente viene riproposta nelle stesse vesti dai fatti di questi giorni. Le potenze del mondo agiscono e l’Italia resta a guardare. Sembra “L’INEVITABILE”. Hollande bombarda i campi dell’IS in Siria, mentre Renzi mette tutti in allerta dalla possibilità di trovarsi davanti ad una nuova Libia, dicendo no ai bombardamenti. La Francia interviene massicciamente in Siria! Non si può certo dire che a Hollande manchi l’opportunismo politico. Va ad annunciare l’inizio delle operazioni nel giorno in cui si riunisce il mondo, l’ONU, a New York, sapendo che il giorno dopo ci sarebbe stato il summit tra Obama e Putin sulla Siria. Grande operazione mediatica! FRANCIA CONTRO TERRORISMO. L’ha fatto quando, ormai, è chiaro a tutti il corso degli eventi. Si sta andando verso una soluzione politica del conflitto Siriano, che prevede il coinvolgimento dell’attuale Rais di Damasco, Bashar Al’Assad. Ma prima, bisogna estirpare le radici del terrorismo rappresentato dall’IS e da Al Nusrah, la filiale di Al Qaeda in Siria. Queste sono le direttive impartite agli operatori sul campo e che vengono, dichiaratamente, affermate dai leader mondiali dei grandi paesi. Ultimo in ordine di tempo, Kerry il ministro degli Esteri degli Stati Uniti. Salvo, poi, essere smentito dallo stesso Obama dopo il summit con Putin. Ma questo tira e molla, della posizione americana su Assad, serve proprio a preparare l’opinione pubblica a metabolizzare l’idea di accettare Il coinvolgimento di Assad, se democraticamente deciso dal popolo siriano. Questa è la base della bozza in elaborazione dietro le quinte. Si è creata una ” Grande Coalizione ” mondiale dell’anti terrorismo. La Russia di Putin è riuscita a coalizzare attorno a se l’asse Iran, Iraq, Siria e gli Hezbollah libanesi e presentarsi con forza al tavolo della discussione con Stati Uniti ed imporre la sua carta per la soluzione della crisi. In cambio, il suddetto fronte garantisce l’intervento via terra contro l’IS, che gli americani preferiscono non praticare con soldati propri, a causa delle innumerevoli incognite che si presenterebbero sul terreno di battaglia. Ma se la situazione è così chiara ai più, ci poniamo il quesito del perché l’Italia si chiama fuori dai giochi! O sarebbe forse più corretto pensare che è stata costretta a restarne fuori?! Crediamo, infatti, che questa volta, come quando si trattò della Libia, il bel paese sia stato estromesso dalla cerchia decisionale. La situazione in Siria è l’opposto di quel che successe in Libia quattro anni orsono. Tenendo ben in evidenza gli interessi ed i contro-interessi, economici e strategici, che muovono le potenze, a Tripoli ci fu l’intervento di alcuni paesi ( Francia e Gran Bretagna) a favore di una rivolta di popolo nata per rovesciare il regime. Mentre a Damasco, l’intervento è contro il terrorismo che vuole destabilizzare e rovesciare il regime. Non si possono, quindi, fare paragoni o parallelismi. Nella stessa giornata, il premier Renzi dichiara da New York che l’Italia diventerà, nel giro dei prossimi dieci anni, il paese leader d’Europa. “Più della Germania”, ha asserito. Bene, ce lo auguriamo, naturalmente. Ma la leadership dei paesi si misura, tra l’altro, dalla loro capacità di essere presenti nei momenti decisivi ed imporsi nei processi decisionali. Si misura dalla capacità dei loro governanti di assumere delle posizioni chiare e facilmente decifrabili.