Notizie ASviS, sempre più evidenti gli effetti della crisi climatica in Sicilia e Sardegna

Si riporta di seguito il testo integrale di Ivan Manzo   della Redazione ASviS – Comitato Scientifico diretto da Enrico Giovannini –  apparso sul sito ASviS in data 5 settembre 2024. Dai morti per caldo che triplicheranno in Europa all’intensificarsi della siccità nelle isole italiane, fino alla sparizione di siti Unesco. Ma abbiamo le misure per contrastare le conseguenze del cambiamento climatico.  

 

“La crisi climatica ha aumentato del 50% la probabilità che la siccità provochi gravi carenze idriche e perdite agricole devastanti in Sardegna e Sicilia”. La stima si trova all’interno dello studio del World weather attribution (Wwa) – Climate change key driver of extreme drought in water scarce Sicily and Sardinia -, pubblicato il 4 settembre e condotto da un gruppo di 15 ricercatori (tra cui scienziati di università e agenzie meteorologiche di Italia, Svezia, Stati Uniti, Regno Unito e Paesi Bassi).

La Sardegna e la Sicilia stanno diventando sempre più aride a causa dei cambiamenti climatici – ha dichiarato Mariam Zachariah, ricercatrice presso il Grantham institute – Climate change and the environment -. Il caldo torrido e prolungato colpisce le isole con maggiore frequenza, facendo evaporare l’acqua dai terreni, dalle piante e dai bacini idrici. Per gli agricoltori e le città che hanno sopportato mesi di restrizioni idriche, questo studio è una conferma: il cambiamento climatico sta intensificando la siccità”.

Sardegna e Sicilia nel mirino della crisi climatica

Sebbene Sicilia e Sardegna siano abituate a estati calde e secche le cose stanno peggiorando. Gli agricoltori siciliani hanno per esempio subito enormi perdite nei raccolti di grano e sono stati costretti ad abbattere prematuramente il bestiame, mentre gli ulivi in alcune aree dell’isola stanno perdendo le olive con mesi di anticipo rispetto al solito.

La crisi idrica ha inoltre colpito la popolazione locale e il settore turistico, con entrambe le isole costrette a mesi di razionamento dell’acqua. Le condizioni di siccità hanno poi favorito lo scoppio di incendi che hanno devastato foreste e terreni agricoli. Di conseguenza, la Sicilia ha dichiarato lo stato di emergenza a marzo, seguita dalla Sardegna a luglio.

Se non smettiamo rapidamente di bruciare combustibili fossili, la frequenza e l’intensità di questo tipo di eventi estremi continuerà ad aumentare, con conseguenze inimmaginabili. In Sicilia, la siccità che oggi classifichiamo come ‘estrema’ diventerà ‘eccezionale’ se la temperatura globale aumenterà di soli 0,7 °C. Per questo sarà fondamentale sviluppare strategie di adattamento per proteggere settori vitali per la Sicilia e la Sardegna, come l’agricoltura e il turismo, ma sarà altrettanto importante per l’Italia rispettare gli accordi internazionali sulla riduzione delle emissioni”, ha affermato Luigi Pasotti, dirigente responsabile al Servizio informativo agrometeorologico siciliano (Sias).

Lo studio è stato così commentato da Antonello Pasini, fisico del clima del Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr): “La cosa che a mio modo di vedere è più interessante è che con i modelli climatici riusciamo a quantificare l’effetto dei vari fattori fisici sui fenomeni studiati. Così si scopre che questa intensa siccità è dipesa più dall’aumento di temperatura e conseguente incrementata evaporazione dai suoli ed evapotraspirazione dalle piante, che fa perdere ulteriore acqua, che non dalla diminuzione delle precipitazioni, che pure c’è stata. Perché è importante aver capito questo? Perché in scenari di riscaldamento globale futuro, mentre c’è ancora incertezza sull’andamento delle precipitazioni, l’aumento di ondate di calore è molto più sicuro e questo pesa tantissimo sulle nostre siccità. Così, oltre alle necessarie misure di adattamento, occorre lavorare seriamente ad una mitigazione rapida ed efficace, uscendo rapidamente dal mondo dei fossili, se vogliamo evitare ulteriori impatti devastanti sull’agricoltura ma non solo”.

Oltre a dismettere le attività fossili, la ricerca scientifica ci ha negli anni fornito una serie di soluzioni per ridurre gli effetti nefasti della crisi climatica. Per esempio, uno dei principali strumenti per mitigare gli effetti della siccità è una gestione più efficiente e sostenibile delle risorse idriche. Tra le soluzioni più innovative troviamo la raccolta e conservazione dell’acqua piovana, una pratica utilizzata nel settore agricolo e che ora si si sta diffondendo anche nelle aree urbane con sistemi di accumulo domestici. Un’altra opzione, anche se costosa, è data dalla desalinizzazione, specialmente nelle regioni costiere. Anche il riciclo delle acque reflue rappresenta una pratica fondamentale: trattare e riutilizzare l’acqua proveniente da attività domestiche e industriali riduce la pressione sulle fonti di acqua dolce.

Il lavoro di ricerca del Wwa sottolinea, infine, come l’invecchiamento delle infrastrutture stia aggravando la crisi idrica. Sul tema, le infrastrutture verdi, come tetti verdi e giardini verticali, possono giocare un ruolo fondamentale assorbendo l’acqua piovana e riducendo la necessità di irrigazione. Inoltre, lo sviluppo di spazi verdi urbani contribuisce a ridurre l’effetto “isola di calore” che amplifica i danni della siccità, migliorando al contempo la gestione delle riserve idriche.

Le morti per il caldo potrebbero triplicare, siti Unesco a rischio

Come è noto, la crisi climatica mette a rischio la stabilità dell’intero Pianeta, Europa compresa. Negli ultimi anni il nostro Continente ha vissuto alcune delle sue estati più caldi che hanno comportato un aumento dei tassi di mortalità dovuti a temperature estreme. Tassi destinati a crescere “in modo significativo”, secondo una recente indagine condotta dai ricercatori del Joint research centre della Commissione europeapubblicata sulla rivista the Lancet public health. Lo studio ha previsto che i decessi legati alle alte temperature in Europa potrebbero triplicare entro la fine di questo secolo. La ricerca, la prima a stimare le morti attuali e future dovute alle temperature estreme in tutte le regioni europee, evidenzia inoltre forti disparità tra le diverse aree, con quelle meridionali che saranno “particolarmente a rischio”.

Nello specifico, i ricercatori sostengono che con un riscaldamento di 3°C – in confronto alla media della temperatura del periodo preindustriale -, i decessi legati alle temperature estreme aumenteranno del 13,5% (55mila morti in più ogni anno) rispetto a oggi. Le persone più colpite saranno quelle con più di 85 anni. Le aree che subiranno le conseguenze più gravi del riscaldamento e dell’invecchiamento della popolazione sono Spagna, Italia, Grecia e parti della Francia. In Italia, per esempio, si prevede che le morti annuali legate al caldo aumenteranno da 10mila a 28mila. In generale, in Europa le morti per temperature estreme potrebbero aumentare da circa 43mila l’anno a più di 128mila entro il 2100.

Infine, ricordando che il cambiamento climatico minaccia anche il patrimonio culturale e artistico mondiale, l’agenzia Climate X ha stilato i 50 siti Unesco che potrebbero sparire nei prossimi 25 anni a causa degli eventi estremi. Tra i luoghi più in pericolo troviamo il teatro dell’Opera di Sydney (Australia), il tempio del Sole di Konarak (India) e le pitture rupestri della grotta di Pont d’Arc (Francia).