Milano, 23 gen. (/Labitalia) – Alle pmi piacciono temporary e fractional management. Questa la sintesi del convegno AIDP ANDAF sul tema del ‘Temporary e fractional management per pmi e start up’, realizzato con il contributo di Aisom, Bff banking group e Temporary Management & Capital Advisors, che ha preso spunto dal lavoro di due gruppi interregionali costituitisi in Aidp (Associazione per la direzione del personale) e Andaf (Associazione direttori amministrativi e finanziari) dedicati ad approfondire il tema dello sviluppo delle pmi attraverso l’iniezione di competenze manageriali. Interessante e importante la pluralità di regioni rappresentate: Lombardia, Liguria, Triveneto, Emilia Romagna, Lazio, Umbria, Campania, Basilicata, Puglia, Sicilia, Piemonte.
Le due associazioni manageriali, title sponsor dell’evento e tra le più importanti e quantitativamente rilevanti nel panorama italiano, hanno avuto modo di esprimere nella loro introduzione, attraverso Marco Vigini (presidente Aidp Lombardia) e Giancarlo Veltroni (presidente Andaf Lombardia), l’impegno e la determinazione costante portato avanti da diversi anni sia sul fronte dei manager sia sul fronte degli imprenditori per creare un substrato culturale positivo su cui poter costruire positivi apporti manageriali alle aziende di matrice familiare e imprenditoriale.
Entrambe le associazioni condividono, infatti, il duplice invito lanciato da Vincenzo Boccia (Confindustria) nella prefazione al volume ‘Soluzione temporary management’ che è stato scelto come filo conduttore dell’evento: alle imprese che devono metabolizzare il concetto che un dirigente, pur se con esperienza nella grande impresa, può fornire competenze strategiche anche per un’azienda di piccole dimensioni, ma anche ai manager che dovrebbero avvicinarsi maggiormente alle pmi, imparando a comunicare in modo chiaro quali benefici le aziende potrebbero trarre dal loro inserimento, anche temporaneo.
E’ quindi toccato a Maurizio Quarta, Managing Partner di Temporary Management & Capital Advisors, che ha ispirato il lavoro all’interno dei due gruppi associativi, dare voce al mercato e alle tendenze in atto. “La conoscenza – spiega all’Adnkronos/Labitalia – che le pmi hanno del TM è cresciuta nel tempo ed è oggi a un buon livello: l’indagine sul temporary management del 2015, frutto di un progetto congiunto tra Leading Network e Iim-Institute of interim management Italy, rivela che il 60% delle aziende più piccole (sotto i 20 milioni di fatturato) lo conosce. Di pari passo con la conoscenza, cresce anche l’utilizzo che si assesta intorno al 10-12% a seconda delle classi di fatturato”. “La ricerca – fa notare – fornisce riscontri positivi anche nel caso delle aziende molto piccole: nella fascia tra 2 e 5 milioni di euro di fatturato, infatti, la conoscenza dello strumento è pari al 63% con un utilizzo pari all’8%, soprattutto per progetti di lunga durata (esempio 24 mesi), ma gestiti a tempo parziale”.
“L’imprenditore – precisa Maurizio Quarta – tende a vedere e a privilegiare quelle con un più immediato impatto sul conto economico, mentre esistono due aree, risorse umane e finanza, in cui sarebbe peraltro possibile generare rilevanti risparmi e ritorni di efficienza con interventi a tempo parziale e mirati su specifici obiettivi e attività. Su queste aree, è necessario un grande lavoro di stimolo nei confronti dell’imprenditore: sulla finanza, per fargli superare l’ostacolo, soprattutto psicologico, legato al fatto di dare accesso ai propri conti e non tocchiamo il tasto delicato del rapporti con gli altri professionisti presenti in azienda, e sulle risorse umane per fargli comprendere il valore economico di una loro gestione in chiave professionale”. Maurizio Quarta chiarisce anche il concetto di fractional management: “Il fractional è in realtà una particolare declinazione del Temporary Management nata sulla spinta della domanda da parte di organizzazioni molto piccole (esempio sotto i 5 milioni di fatturato), per le quali il classico temporary manager full time potrebbe risultare ridondante, sia in funzione dei tempi che dei costi. Viene spesso utilizzato anche in aziende relativamente più grandi (ad esempio fino a 20 milioni o a partire da 100-150 dipendenti) per alcune funzioni di staff che necessitano di una guida operativa (soprattutto risorse umane, ma anche finanza) specie in fasi di crescita e sviluppo accelerato”.
“Il fractional – sottolinea – può essere quindi considerato una quarta via, accanto alla dirigenza tradizionale, al temporary management classico e alla consulenza attraverso cui un’azienda può accedere a risorse di qualità per migliorare i propri processi gestionali”. E’ qualcosa di diverso dal temporary management già conosciuto e utilizzato dalle pmi? “Gli attori – ammette Maurizio Quarta – sono sostanzialmente gli stessi. Se pensiamo ai manager, le caratteristiche di base del fractional manager sono esattamente le stesse del temporary manager: elevata seniority ed esperienza di gestione, grande motivazione nella ricerca di un progetto e delle relative sfide, più che di un lavoro a tempo indeterminato; approccio orientato al fare, quindi manageriale più che consulenziale”.
“Se guardiamo – chiarisce – alle società specializzate, possiamo notare che nei modelli stranieri sono le stesse società di temporary che gestiscono anche interventi di fractional nell’ottica di fornire al cliente la migliore soluzione possibile in funzione della sua tipologia e dei suoi bisogni specifici, partendo da un bacino di manager che è sostanzialmente lo stesso. Fractional e temporary possono anche intersecarsi sulla stessa azienda: il fractional può essere utilizzato sia in una fase diagnostica preliminare a un progetto temporary vero e proprio, sia al termine di un progetto temporary per l’implementazione graduale di quanto elaborato da un temporary manager durante l’intervento”.
“All’estero, specialmente in Usa, viene utilizzato – fa notare – dagli anni Novanta, ma anche in Italia le nostre prime esperienze risalgono al 2006. Addirittura in Usa, al termine fractional viene ormai sostituito il termine part time management. La novità è più che altro mediatica, dato che negli ultimi tempi se ne parla in maniera esplicita molto più che in passato, grazie ad esempio anche al contributo di Andrea Pietrini. Per la piccola impresa è uno strumento ideale per portare in casa competenze di alto livello non altrimenti disponibili, a costi accessibili, con il risultato di accrescere le capacità delle persone già operanti in azienda, che alla fine di un intervento saranno in grado di fare le stesse cose meglio di prima oppure di farne di nuove”.
Il format dell’evento scelto da Marco Vigini, Giancarlo Veltroni, Laura Torretta e Maurizio Quarta è stato particolarmente apprezzato per la scelta di far parlare insieme imprenditori e temporary/fractional manager che hanno operato in sintonia per la gestione di un progetto. “Ci troviamo in provincia di Verona – racconta Silvia Bonomi, consigliere di Bonomi spa – a circa 1.000 metri di altitudine sui monti Lessini e da anni realizziamo prodotti da forno quali sfogliatine, amaretti frolle e savoiardi sia con il marchio Forno Bonomi sia come copacker. Oggi in azienda sono presenti sia la seconda generazione ovverosia mio papà Renato e i suoi fratelli Fausto e Dario sia la terza generazione i miei fratelli, i miei cugini e io. Prima che iniziassimo a collaborare con Francesco e il suo studio, possiamo dire di non aver mai avuto una vera e propria funzione Hr, così come si è soliti intenderla. C’è sempre stato un bravissimo responsabile amministrativo che ha curato tutta la parte di gestione del personale a livello operativo”.
Tre le leve su cui ha lavorato il fractional manager, Francesco Menegalli: “La parte più importante riguarda la comunicazione, e la prima attività che si deve considerare quando si vuole migliorare la comunicazione è ascoltare. Abbiamo quindi cercato di calarci nella realtà dell’impresa e nella cultura aziendale, di ascoltare i lavoratori e la dirigenza e di capire dove e perché la comunicazione era inefficace. Un secondo strumento importante su cui abbiamo fatto leva è stata la revisione delle politiche premiali. L’azienda non era dotata di un piano premiale sistematico e organizzato, e i benefit venivano gestiti in maniera informale. Infine, abbiamo iniziato un percorso di mappatura e sviluppo dell’organizzazione, fatto di organigrammi, analisi delle posizioni, di procedure, ma soprattutto di bilancio delle competenze, per consentire all’azienda di conoscere se stessa e capire quali competenze ha e quali deve sviluppare o cercare sul mercato”.
Quali i vantaggi per l’azienda derivanti dall’utilizzare un fractional manager? “C’è sicuramente – osserva Menegalli – un vantaggio economico, ma oltre a questo per noi è stata importante la flessibilità. Avere a disposizione una figura di questo tipo ci ha consentito di affrontare diversi temi in tempi rapidi, concentrando le risorse di volta in volta su progetti chiave in maniera flessibile e veloce”.
Francesca Caricato è cfo e board member di Charget, azienda che opera nel settore fast fashion (pronto moda femminile) con 25 punti vendita ubicati nel Centro Nord Italia, generando un fatturato di circa 10 milioni e occupando 70 dipendenti. Tipica pmi di matrice familiare, in cui la famiglia proprietaria esprime l’amministratore e tutti i ruoli chiave della struttura organizzativa. “Abbiamo scelto – riferisce – di far ricorso un hr temp perché era il momento giusto nella storia della nostra azienda di far entrare un professionista che l’aiutasse a crescere creando metodi e supportando le risorse più junior. I vantaggi immediati di questa scelta è vere a disposizione quotidianamente una serie di competenze tecniche senza dover chiamare ogni volta il legale, mentre a più lungo termine aver dato ordine e sistema all’attività e aver creato un rapporto di fiducia e collaborazione anche su temi di business e gestione aziendale”.
Secondo Carlo Dalla Valle, il fractional manager che ha gestito il progetto, “l’intervento ha creato valore per l’azienda; nel suo svolgimento sono peraltro emersi alcuni elementi critici, tipicamente rilevabili in contesti piccoli e di matrice familiare, che hanno richiesto particolare sensibilità e sagacia nella lor gestione e trasformazione in fattori di positività quali ad esempio la distanza culturale tra background del temporary manager e realtà aziendale con la conseguente necessità di comprensione e adattamento agli stili di leadership esistenti. La classica domanda: Fino ad ora ho deciso da solo, perché adesso dovrei cambiare? Superamento del carattere familistico/amicale presente nella maggior parte delle relazioni professionali”.
Roberta Pellegrini socia e amministratore Coner Costruzioni, e Cristina Ceccato, la fractional manager che ha seguito il progetto, hanno parlato del caso Coner. La principale attività di Coner costruzioni è la costruzione di carpenteria metallica medio-pesante, il relativo montaggio e il montaggio di carpenteria fornita da terzi. Nel corso degli anni l’azienda ha trovato un suo preciso collocamento tra le più importanti imprese di costruzione e montaggio di fabbricati industriali, ponti, viadotti e grandi opere realizzate in tutto il territorio nazionale e all’estero.
Diverse le aree dell’azienda toccato dall’intervento, di cui ne sono state citate solo alcune: riorganizzazione della struttura amministrativa, revisione dell’organigramma aziendale, predisposizione del budget economico e finanziario di commessa, predisposizione del cash flow previsionale, spostamento di attività gestite esternamente all’interno dell’azienda, creazione del modello per il controllo di produzione e di magazzino. Sulla dimensione socio-antropologica della relazione imprenditore-manager si sono soffermate Laura Torretta (consulente trasformazione positiva e counselor sistemico relazionale) ed Elga Corricelli (consulente trasformazione positiva e business coach). “Partiamo dal fatto – hanno detto – che nel family business le relazioni personali e professionali sono spesso sovrapposte ai vari livelli, ci sono relazioni parentali ma anche frequentazioni amicali al di fuori del lavoro nella comunità territoriale dove ha sede l’azienda. Per questo occorre recuperare ‘la giusta distanza’, portare struttura e processi, qualificare e riconoscere ruoli, competenze e valore. Le organizzazioni sono sistemi e evolvono in modo sostenibile se rispettano alcuni ordini: inclusione di tutti, rispetto delle radici e delle tradizioni, equilibrio negli scambi transazionali”.
Per Torretta e Corricelli, un buon punto di partenza possono essere “i nodi e snodi del sistema tra soci titolari, tra titolari e capi presenti, tra imprenditori e nuovi manager, tra capi e manager e collaboratori è la chiave di volta per capitalizzare il passato e riprogettare il futuro”.
“Le abilità di counseling sistemico relazionale – dicono – e i progetti di trasformazione positiva supportano la generazione di senso comune per tutti, abilitano e mobilitano le risorse, sviluppano ben-essere personale, professionale, organizzativo e si diffondono in tutte le relazioni. E’ importante lo sviluppo di coaching skills da parte di manager usciti da grandi aziende per far crescere la relazione in questi nuovi contesti: accendere la chimica positiva con leadership positiva, più noi e più capacità di essere al servizio della mission condividendo i propositi della proprietà”.
Per Gianmarco Senna, consigliere Regione Lombardia e presidente della commissione Attività produttive, istruzione, formazione e occupazione, “è importante continuare l’opera già avviata di semplificazione e sburocratizzazione del sistema per favorire l’attività imprenditoriale, sgravandola da tutti quegli oneri operativi impropri che ne impediscono la focalizzazione sul business e sulla crescita”. Inoltre, stimolato anche sul tema di attivare processi di finanziamento di progetti temporary, come ad esempio il caso della legge denominata ‘Bertossi’ della Regione Friuli Venezia Giulia, ha raccolto l’invito a una “riflessione operosa ritenendolo un percorso possibile”.