Non è soltanto questione di definizioni, talvolta sono gli stessi argomenti di cui si tratta a essere strampalati 

in foto il primo Consiglio dei ministri del governo Meloni (Imagoeconomica)

Ogni sforzo del Governo, ammesso che intenda farlo, atto a chiarire il suo comportamento nella seduta di lunedì scorso, risulterebbe vano. Un tempo era diffusa l’ idea che rendere una qualsiasi espressione del pensiero da lineare e facilmente comprensibile a oltremodo ingarbugliata e ostica, fosse una prerogativa pressoché esclusiva della burocrazia e, a pari merito, del sottogoverno italiano. I provvedimenti dell’ultimo Consiglio dei Ministri prima del “tutti a mare”, che se non proprio volti a augurare buone ferie, almeno sarebbero potuti essere di rasserenamento per gli animi tutt’altro che tranquilli degli italiani, sono stati invece come il culmine di un crescendo rossiniano. A ben pensarci però, il paragone più calzante è quello con i fuochi d’ artificio che vengono sparati ogni 31 dicembre a Napoli: gli ultimi, quelli che chiudono la sequenza, facendo più rumore e avendo più colori di quelli che li hanno preceduti, sono definiti “cascia”. Di conseguenza, per concludere quella performance pirotecnica, in loco si dice: “sparare ‘a cascia”.

Così è stato a Palazzo Chigi, per di più in relazione a argomenti non proprio legati a un esercizio di alta cosmogonia. Al tempo. Chi solitamente da un’ occhiata, anche solo en passant, alle pagine economiche dei quotidiani, nel corso del tempo si sarà fatto un’ idea, seppure non dettagliata, quantomeno sufficiente a imbastire una conversazione con pretese di essere tra quelli unti laicamente dal Professor Einaudi, seppure in via posticipata, con il benzinaio del villaggio. L’ argomento potrebbe essere che I sistemi economici, all’interno di un soggetto politico sovrano, possono essere tanti, ma non tantissimi e peraltro cervellotici, quando non addirittura pasticciati.

Spingendosi talvolta a un livello tale che né il Professor Keynes nel settore occidentale del mondo, né il Filosofo Marx in quello orientale, potessero arrivare a affermare, almeno per una volta d’accordo: “È troppo anche per noi”. Questi i fatti. Come, almeno per sentito dire, è noto ai vari livelli della società italiana, il tormentone- nel vero senso della parola- di questa estate, oltre al caldo eccezionale, è il settore dei trasporti, sia privato che pubblico. Lo stesso sembra aver iniziato a dar di matto e non poco, al punto che, volendo cercare di capire dove voglia andare a parare, ci si predispone a affrontare un’ impresa pressochè ciclopica. È bene andare a ritroso nel tempo e riavvolgere il nastro, anche se in maniera veloce. Triplo salto mortale all’indietro con la mente, fino ai primi anni ’50 e l’ Italiano tipo, assetato di novità, si trova a seguire con attenzione i nuovi documentari settimanali dell’ Istituto INCOM, nato dopo la perdita del monopolio dell’ informazione su pellicola dell’istituto Luce, voluto e protetto dal Fascismo. La Settimana Incom precedeva nella sua edizione, appunto settimanale, la proiezione del film in cartellone, di rigore in bianco e nero, il più delle volte della serie ” Totò, Peppino e…” qualunque persona o cosa fosse possibile abbinare con loro. Erano gli italiani che, dopo il buio conoscitivo della guerra e l’obnubilazione portata dal ventennio, cercavano con entusiasmo di capire cosa stesse finalmente organizzando la macchina statale, coloro i quali seguivano quelle proiezioni con profitto, avidi di informazioni sul nuovo che stava avanzando oltre che politiche.In quel frangente i Padri Costituenti avevano disciplinato la materia concernente l’imprenditoria nel Paese: essa sarebbe stata libera, rimanendo riservate alla Mano Pubblica l’esercizio di alcune attività strategiche per la loro particolare importanza e sensibilità nel sociale. Gli italiani erano così desiderosi di poter vedere immagini che non fossero di imbonimento ideologico, cioè quei documentari democratici, perché anche loro privati potessero, qualora ne fossero ricorsi i presupposti, esercitare, tra le altre, anche quelle attività che venivano illustrate e commentate. Da tener presente che, all’ epoca, l’Italia era e sarebbe rimasta ancora per diversi anni, un paese prevalentemente agricolo. Fermi restando i limiti di non apportare nocumento agli operatori pubblici, nacque così l’istituto della Concessione Governativa, tutt’ora in essere, seppure con notevoli modifiche rispetto all’ originale. Per rimanere in argomento, è opportuno ricordare che in Italia, ancora oggi, le attività di trasporto di persone e cose sono in regime di concessione governativa. E valga il vero, perché generare cortine fumogene che annebbino ancor più le menti già provate, sulle modalità di esercizio nazionale e estero di quel servizio, sarebbe certamente fuori luogo e deviante. Le stesse che perfezionano quel contratto- niente paura: l’acquisto del titolo di viaggio o biglietto (aereo, ferroviario, ricevuta del taxi o del monopattino) che chiamar lo si voglia, che dovrebbe mettere l’utenza in sicurezza. O quanto meno in una situazione di certezza che gli operatori non stiano adottando con i loro comportamenti, una particolare strategia per la messa in atto di un “consilium” volto a danneggiare l’utenza in qualsiasi modo. I deliri che lunedi sono usciti fuori dalle bocche dei componenti dell’ esecutivo sono niente altro che una conferma inequivocabile che ogni cosa vada fatta a tempo debito: con questo caldo è fuor di luogo avventurarsi per sentieri tortuosi, anche se in quota( aria condizionata…). Le misure adottate nella appena descritta ultima tornata del Governo a tal riguardo sono del genere dei Quesiti della Sfinge e relative risposte post litteram. Peró, a ben pensarci, che non si stia cercando di trovare un’ altra via per rivedere le costruzioni economiche già esistenti, che allo stato sfugge anche a chi certi argomenti li affronta come guardando in una sfera di cristallo in quanto non è all’ altezza della situazione ? Potrebbe essere un’ ipotesi percorribile e non chiudere così il cuore degli utenti appena descritti alla speranza. Ma non è finita. Con un coup de theatre di rara efficacia, alla Houdini per intendersi, in quella riunione di buontemponi è stato tirato fuori dal cilindro un coniglio, questa volta ferragostano, non più pasquale, come souvenir a banche e banchieri: una tassazione extra sugli extraprofitti, sia perdonato il gioco di parole. Come pensierino di buone vacanze non è stato niente male e merita di essere valutato meglio a freddo, in tutti i sensi. Ciò che può essere opportuno evidenziare al momento, seppure a spanne, è un comportamento specifico che non sará sfuggito a nessuno: prima della seduta, non eta trapelato nulla che facesse intuire che tra gli argomenti in discussione fosse presente anche quello della tassazione agli utili “extra” delle banche. Né, a loro dire e sembra corrispondere al vero, erano stati informati i diretti interessati da quel provvedimento, gli istituti di credito. Un commento disincantato. In campagna si usa ancora il termine creanza, uno spagnolismo che deriva da crianza, raccolta, vendemmia e operazioni del genere, di massima positive. In generale la buona creanza, soprattutto nel villaggio, è sapersi comportare correttamente.
Probabilmente lo stesso Ministro per l’Agricoltura ignora questo stato dei fatti.. Per ora è sufficiente così, ma non si può negare che il tonfo di ieri in borsa dei titoli bancari, qualcosa da dividere con quel provvedimento dovrà pur avercelo avuto. Proprio tra le zolle si dice:” prima di tagliare una qualsiasi cosa, albero o simili, operazione solitamente irripetibile, prendi molte volte la misura, diminuendo così, mai eliminando, l’eventualità di sbagliare”. Che dire di chi agisce senza nemmeno avvisare: equivale al comportamento di quell’ artigiano che lavora senza usare strumenti di controllo. Nel villaggio si commenta: “mastro a occhio, ha solo spocchia’. Non si può controbattere. Il seguito a breve a mare calmo, anche perchè l’ estate deve ancora esprimersi completamente.