di Ugo Calvaruso
Nel biennio 2020-21 l’accelerazione della domanda di apparecchiature digitali, di accessi alla rete e di servizi digitali ha reso esplicita in Italia “la crisi in cui versa il mercato digitale dal lato dell’offerta” (Svimez, 2021). Molte imprese italiane sono state soggette a uno shock in termini competitivi, dato che queste accelerazioni, insieme alla trasformazione delle abitudini di consumo e della domanda in generale, hanno generato una progressiva fuoriuscita dal mercato di parte delle imprese, in particolare quelle di minori dimensioni (soprattutto quelle cosiddette “a rischio strutturale” o “fragili”), molte delle quali possedevano anche un limitato contenuto tecnologico ed erano meno capaci di esportare. Non ha certamente favorito l’affermarsi del processo di spostamento verso produzioni con un contenuto di conoscenza più elevato, che è risultato molto lento e soprattutto fortemente disomogeneo a livello territoriale.
Si parla spesso di digitalizzazione, ma in Italia non tutte le imprese possono definirsi come “digitalizzate”. Tra il 2018 e il 2019, secondo il rapporto dell’Istat, infatti, era possibile individuare 5 differenti profili di impresa definiti a partire dalla combinazione di soluzioni tecnologiche infrastrutturali e applicative tra loro complementari.
Difatti:
● il 22,5% delle imprese non potevano essere definite come digitalizzate, poiché non avevano effettuato nessun investimento in tecnologie digitali;
● il 22,2% delle imprese erano definibili come asistematiche in quanto possedevano una infrastruttura di base (PC, connessione Internet, ecc.) e un software gestionale;
● il 35,2% sono state definite come costruttive dato che utilizzavano anche alcune applicazioni avanzate, come la connessione Internet in mobilità, e avevano previsto investimenti per la sicurezza informatica;
● il 17,1% sono le cosiddette imprese sperimentatrici in quanto usavano già prima della pandemia applicazioni avanzate in termini digitali in diversi processi aziendali;
● il 3,0% sono imprese digitalmente mature, ossia caratterizzate da applicazioni digitali estese a tutti i processi aziendali.
Con l’avvento della pandemia e delle restrizioni sociali le imprese hanno adottato differenti strategie (difensive, di rilancio o di espansione) e molte di loro hanno dovuto iniziare processi di digitalizzazione.
Considerando i gruppi sopra descritti basati sul livello di digitalizzazione (ossia imprese non digitalizzate, asistematiche, costruttive, sperimentratrici e mature), a partire dalla fine del 2020, l’Istat ha analizzato quelle imprese che sono state in grado di mantenere un livello di attività non inferiore del 10 per cento a quello del periodo precrisi.
Le osservazioni hanno evidenziato una maggiore reattività rispetto alla crisi pandemica delle imprese più strutturate dal punto di vista tecnologico. “Solo il 4,1 per cento delle imprese digitalmente mature”, si legge infatti nel rapporto dell’Istat del 2021, “ha dovuto affrontare un ridimensionamento delle attività, contro quote più che doppie di imprese nelle altre categorie. Tra queste ultime, le imprese definite asistematiche e costruttive – ovvero quelle che avevano già avviato un processo di trasformazione digitale – hanno sofferto per la crisi più delle imprese non digitalizzate (rispettivamente 11,4 e 11,9 per cento impegnate in un ridimensionamento, rispetto al 10,9 per cento delle non digitalizzate)”.
Pertanto, seppur negli ultimi anni le tecnologie digitali sono state essenziali per la prosecuzione delle attività produttive e l’erogazione di servizi, da queste osservazioni si può desumere che non sono l’unica fonte di “salvezza”.
Questo non vuol dire che la digitalizzazione non costituisca per tutte le imprese, in particolar modo per quelle cosiddette “fragili” (Istat, 2021), un elemento necessario, oltre che un fattore abilitante, per rimanere competitive sul mercato e assicurarsi una condizione di crescita. Ma, piuttosto che quando si parla di digitalizzazione bisogna comprendere “come” investire nelle tecnologie e, quindi, capire la modalità più adeguata per digitalizzare la propria impresa. Questo significa avere, innanzitutto, la capacità di identificare quali sono le principali tecnologie utili presenti per migliorare i nostri prodotti o servizi e, soprattutto, comprendere la possibilità o la necessità di rivoluzionare o modificare i business model dell’impresa.