Neurologia, dopo lesioni cerebrali parte del cervello si “addormenta”

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(fonte foto https://it.depositphotos.com/)

La rivista ‘Nature Communications’ ha pubblicato un articolo Perspective in cui un gruppo di medici e ricercatori internazionali, coordinati da Marcello Massimini, docente di Fisiologia dell’universita’ Statale di Milano, presentano una nuova visione sulle conseguenze delle lesioni cerebrali, frutto dell’integrazione della letteratura esistente con le prime valutazioni del progetto ‘Nemesis – (Neurological Mechanisms of Injury and Sleep-like cellular dynamics), vincitore del bando ERC Synergy Grant nel 2022, con una assegnazione di oltre 10 milioni di euro. Il lavoro di ricerca suggerisce che parte dei deficit funzionali che conseguono al danno cerebrale strutturale (ischemico, emorragico e traumatico) e’ dovuto al fatto che zone di corteccia cerebrali adiacenti alla lesione o connesse a essa cadono in uno stato simile al sonno, mentre il paziente e’ sveglio. L’ipotesi emerge dall’integrazione di nozioni classiche con solide evidenze sperimentali raccolte dal team di neurofisiologi dell’università Statale nel corso degli ultimi anni. “Le conseguenze delle lesioni cerebrali focali (ischemiche, emorragiche e traumatiche) vanno ben oltre il danno causato direttamente dalla perdita dei neuroni”, spiega Massimini. “Già nel 1914 Constantin Von Monakow aveva intuito come i sintomi neurologici potessero dipendere in larga misura da un effetto a distanza del danno locale sull’attivita’ di aree cerebrali lontane. Questo e’ un dato rilevante, perche’ mentre e’ difficile riparare il danno strutturale, le alterazioni funzionali delle reti cerebrali possono in principio essere corrette”.

Dopo un secolo l’ipotesi di Von Monakow è stata confermata da registrazioni effettuate con moderne tecniche di neuroimaging: una lesione focale al cervello si associa ad alterazioni diffuse dei network cerebrali e queste alterazioni funzionali spiegano la sintomatologia. Tuttavia, i meccanismi neuronali di queste alterazioni non erano noti. Nel nuovo studio – riferiscono da UniMi – gli autori sono ripartiti da una nozione antica e un po’ dimenticata, quella della presenza di onde elettroencefalografiche lente, simili a quelle del sonno, nell’area della lesione. Rivedendo tale osservazione alla luce di recenti indagini elettrofisiologiche, emerge chiaramente che queste onde riflettono l’intrusione di dinamiche corticali simili a quelle del sonno durante la veglia. Nel loro lavoro i ricercatori illustrano come queste dinamiche vengono generate e come possono portare a una disgregazione dei network cerebrali e a deficit comportamentali. Infine, delineano uno scenario in cui “le onde lente post-lesione possono essere modulate per ‘risvegliare’ parti del cervello che si sono ‘addormentate’, ottimizzando così le strategie di riabilitazione e promuovendo il recupero”.