La testa nei mercati finanziari europei, i piedi ben saldi nei territori locali. A partire da quelli meridionali. C’è un bel pezzo di La testa nei mercati finanziari europei, i piedi ben saldi nei territori locali. A partire da quelli meridionali. C’è un bel pezzo di Sud nella Banca Popolare dell’Emilia Romagna (Bper), un Sud che nonostante l’inevitabile inglobamento nel colosso modenese, vuol continuare a contare. Eccome. La fusione della Banca della Campania (Bdc) e della Banca Popolare del Mezzogiorno (Bpm) all’interno della Bper è ormai scontata e, tempi tecnici permettendo, sarà cosa fatta entro la fine dell’anno. Sportelli e numero di dipendenti non sono in discussione ma in ogni caso fusione non significa annessione. “Non vogliamo che i nostri sportelli diventino solo unità da inquadrare all’interno di un’organizzazione magari imponente ma alla fin fine impersonale”. Ad avanzare questa preoccupazione è Giovampaolo Lucifero, candidato di “Insieme per Bper” alla prossima assemblea dei soci dell’istituto (sesto in Italia per raccolta e impieghi) in programma sabato 12 aprile per il rinnovo di sei consiglieri in seno al consiglio di amministrazione. Tre i centri di voto: Modena, Avellino e Lamezia Terme. Come ogni anno entreranno i primi cinque della lista prima classificata e il primo della seconda. “Insieme per Bper” fa da outsider all’attuale lista di maggioranza, “Bper avanti”, a trazione integralmente emiliana. Territoriali del Sud, traino per Modena – “Se finora la minoranza può contare già su due consiglieri – osserva Lucifero, amministratore della Emmepi Assicurazioni – a partire dal 13 aprile tra i 19 consiglieri del Cda ce ne saranno almeno tre a rappresentare con forza la voce dei territori”. Sì perché la ragion d’essere di “Insieme per Bper”, voluta due anni fa da Pina Mengano Amarelli, patron della celebre fabbrica di liquirizia, è quella di tutelare e valorizzare lo storico radicamento sul territorio di istituti come la Banca della Campania e la Banca Popolare del Mezzogiorno. Oltre alla Amarelli a rappresentare la minoranza nel Cda di Bper c’è anche l’avvocato napoletano Daniela Petitto. “Alla loro si aggiungerà la mia voce in difesa del legame che ogni centro decisionale deve mantenere col territorio di riferimento”. Che non si tratti una semplice richiesta di facciata, fatta magari per salvaguardare l’onorabilità di banche storiche del Mezzogiorno, ma di una scelta squisitamente strategica lo attestano i numeri. La Banca della Campania ha chiuso il 2013 con un utile di 12 milioni di euro, mentre la Banca popolare del Mezzogiorno con un utile di 23 milioni. Questo a fronte di soli 7,1 milioni di utili fatti registrare dalla Bper nel suo insieme. Dal Sud arrivano i capitali e da qualche altra parte, invece, escono. Banca delle economie regionali – “Il modello federale dà risultati” rimarca Lucifero, che a scanso di equivoci chiarisce: “La nostra mission è nel nostro nome, noi siamo per Bper e quindi vogliamo che questo flusso di produttività continui ad arrivare alla Bper, solo che siamo convinti che questi numeri siano dovuti proprio al fatto che i centri decisionali siano vicino alle piccole imprese e alle famiglie”. Forti dei numeri e dei progetti, i rappresentanti delle territoriali stanno per portare a casa un risultato storico. Nell’assemblea di sabato verrà ratificato il cambiamento del nome della capogruppo. L’acronimo rimarrà lo stesso ma starà a significare Banca delle Economie Regionali (Bper), a sottolineare ancora di più la vocazione territoriale del gruppo. No ai totem centralistici – La Bce e la Banca d’Italia esigono l’accorciamento della catena produttiva negli istituti bancari? Bene, rispondono Amarelli, Petitto e Lucifero, purché “non se ne faccia un totem”. “Se si allontana la parte manageriale di una banca dal cuore del territorio – spiega Lucifero – se ne corrompono insieme la finalità e la produttività perché, da un lato, si snatura la banca in una sorta di finanziaria e, dall’altro, si crea uno scollamento tra i decisori e il loro bacino di riferimento. Non si può pensare di puntare tutto sui grandi manager calati dall’alto. Certo sono importanti, ma così come arrivano se ne vanno”.