Napoli, Vizzino: Gioco d’azzardo? Le ordinanze spot non servono a nulla

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“La lotta al gioco d’azzardo non la si fa con ordinanze spot”: è il commento di Riccardo Vizzino, presidente dell’associazione Il Dado contro il gioco d’azzardo patologico, al tanto discusso provvedimento con cui la giunta De Magistris ha deciso di limitare l’orario di apertura delle sale da gioco cittadine. A tal riguardo Vizzino, che è stato anche promotore di diversi testi di regolamentazione del gioco d’azzardo in campo regionale e nazionale, chiarisce a Ildenaro.it la sua posizione.
 
Avvocato cosa pensa dell’ordinanza dalla giunta comunale di Napoli?
Penso che qualsiasi legge o ordinanza fatta col solo scopo di farsi pubblicità è sbagliata.
 
E’ un giudizio molto critico il suo. Non crede che l’ordinanza possa servire a combattere il gioco d’azzardo?
Non credo che servirà a raggiungere risultati apprezzabili. Sono anni che mi batto per una normativa più stringente in questo settore e posso assicurarle che sono ben altre le cose che il Comune avrebbe dovuto fare.
 
Tipo?
Avrebbe dovuto guardare ben oltre le slot machine. Giovani e anziani, che rappresentano la fascia di popolazione che negli ultimi anni è maggiormente cresciuta, non si avvicinano affatto alle case da gioco, eppure consumano interi patrimoni. Lo sa come?
 
Come?
Giocando al “gratta e vinci”, al “win for life”, al “10 e lotto” o peggio sui siti internet specializzati in scommesse. Pensi che il traffico on line negli ultimi cinque anni è cresciuto del 160%. Vorrà dir pur qualcosa questo. o no?
 
Dunque, secondo lei, limitare gli orari di apertura delle sale gioco serve a poco.
Serve a poco se tale disposizione non è inserita in un pacchetto di norme più generali. Il Comune, per esempio, avrebbe la possibilità di imporre controlli più stringenti sulla pubblicità ingannevole dei “gratta e vinci”. 
 
In che senso ingannevole?
Nel senso che nessun avviso rende chiaro all’utente che, nelle lotterie istantanee, le probabilità di successo dopo le vincite milionarie si riducono drasticamente. Chi compra il grattino pensa di avere uguali chance di vittoria rispetto a chi ha sbancato prima di lui ma non è così. Nei bar o nelle ricevitorie questo non viene detto, anzi chi si accosta al bancone viene invogliato a giocare da schermi e tabelloni pubblicitari. Il primo controllo andrebbe fatto lì.
 
E poi?
E poi, allargando il raggio d’azione, andrebbe posto un freno alla pubblicità sulle tv tematiche per le quali la legge non dispone alcun divieto. Il tutto soprattutto a tutela dei minori, che rappresentano i soggetti più fragili e più facilmente condizionabili. 
 
Le norme già proibiscono il gioco per i minori.
E’ vero, ma i controlli dove sono? Per un adolescente comprare un “gratta e vinci” in un bar o in una tabaccheria è facilissimo perché la rapidità dello scambio di soldi e biglietto rende minimo per l’esercente il pericolo di essere scoperto da un eventuale controllo. Nelle sale da gioco le cose sono diverse: occorre star lì almeno mezz’ora per una partita. Ecco perché i minori non vi si avvicinano. Lo stesso accade agli anziani che sempre più giocano nei supermercati o alle poste. 
 
Servono controlli, dunque.
Sì ma non solo. Un’altra cosa che, per esempio, non si vede nell’ordinanza del Comune è la prevenzione.
 
Cosa andrebbe fatto?
Al sindaco De Magistris, col quale pure ci siamo confrontati su questi temi, proponemmo l’organizzazione di campagne e corsi all’interno delle scuole. E’ da lì che occorre partire se si vuol combattere questa che, sia chiaro, non è una malattia ma un costume che diventa malattia. Alla fine non si è fatto nulla. Eppure le istituzioni – e parlo anche del governo centrale – hanno grandi responsabilità su questo fronte. Basti pensare che col gioco d’azzardo lo Stato da un lato incassa 9 miliardi di euro, dall’altro ne vede uscire 20 tra spese sanitarie e ore lavorative perse (ben 70 milioni).
 
Quali le colpe di Roma?
La più grave è quella di non aver ancora approvato una legge seria su questo tema con la quale, tra l’altro, modificare l’articolo 415 del codice civile per estendere le norme sulla inabilitazione, valide nei casi di alcol e droga, anche per la ludopatia, nonché introdurre un fondo per le vittime del gioco d’azzardo.
 
E contro le scommesse on line?
Basterebbe introdurre l’obbligo di fornitura del codice fiscale per evitare che chi guadagna 400 euro al mese ne spenda 450 al gioco. In questo modo anche i controlli sarebbero molto più facili. Si tratta, come vede, di provvedimenti semplici che le istituzioni non avrebbero difficoltà ad introdurre se volessero realmente evitare il ripetersi di drammi che non sono solo personali e familiari ma anche sociali. Per questo lanciamo un appello affinché si apra un tavolo di confronto con Regione e Comune per studiare insieme le misure concrete contro il gioco d’azzardo.