Napoli, un passo avanti e un passo indietro

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in foto la nuova stazione Chiaia della linea 6 (ph Raffaele Manfredonia)

Sì, è vero, a Napoli qualcosa sta cambiando. Si riapre la partita di Bagnoli con soldi veri e un progetto credibile di rigenerazione e rilancio (decisiva la scelta di non smantellare la colmata a mare), si inaugurano stazioni e linee della metropolitana (addirittura va in funzione la tenera Ltr che sembrava defunta e sepolta), comincia a delinearsi un piano per il recupero della zona industriale con l’attribuzione di nuove funzioni, l’Albergo dei Poveri promette di tornare utile alla città inglobando una serie di servizi e attività a beneficio della collettività, Pompei brilla, Ercolano altrettanto, i musei sono affollati di visitatori.
Nuovi imprenditori vengono alla ribalta in settori emergenti che riguardano la rivoluzione digitale, la trasformazione ambientale, l’intelligenza artificiale. Le Università sfornano corsi sempre più sfidanti, si moltiplicano i progetti di ricerca anche di caratura internazionale in cui si fanno coinvolgere o che promuovono direttamente, i giovani che si laureano sono mediamente più preparati che in passato. I turisti di tutto il mondo hanno scoperto che non esistono solo Capri e la Costiera perché la città custodisce bellezze tesori che mai avrebbero immaginato prima.
Dunque, va tutto bene? Vorremmo tutti che così fosse. Che davvero si sia impressa quella svolta tante volte invocata in convegni e riportata nei titoli dei giornali che alla prova dei fatti si è però dileguata. Le delusioni del passato non devono certo smorzare gli entusiasmi del presente. Ma consigliare prudenza, sì. Per il frequentatore abituale ci sono ancora molti aspetti che lasciano a desiderare. Se non fosse per la consapevolezza che nessun risultato si raggiunge senza sforzo verrebbe quasi da dire che la metropoli nata dallo spiaggiamento di una sirena stia avendo successo a sua insaputa.
O con poco merito. Perché le mete alternative che stavano spopolando qualche anno nel Mediterraneo sono oggi infrequentabili per via delle guerre o comunque dei regimi poco liberali. Perché si è magicamente innescata la dinamica del passaparola che in un mondo abitato da otto miliardi di persone riversa qui un abbondante fetta dei viandanti globali. Perché si diventa all’improvviso di moda e tanti elementi che ieri erano considerati negativi cominciano a essere osservati con occhi benevolenti. E cambia la narrazione: d’incanto l’inferno diventa paradiso e tutti sono contenti del miracolo.
Ma se tutto questo è vero. Se Napoli sta davvero vivendo la sua resurrezione tornando a essere una delle capitali internazionali che non si può non aver visitato e lodato prima di morire, perché resistono tanti atteggiamenti degni della più nera vergogna? Perché si tollera che il comportamento di un pugno di tassisti, per dirne una, debba mortificare chi viene da fuori e i residenti costretti a un impatto da paura nei punti nevralgici dell’aeroporto, della stazione ferroviaria, del molo degli aliscafi e i traghetti per le isole? Le mele marce, si dirà, si trovano dappertutto. Quindi, nessuna meraviglia.
Ma sconcerto sì, per la certezza dell’impunità esibita con gli sgarbi reiterati da chi dovrebbe invece fornire un servizio pubblico e rendere più agevole e piacevole il soggiorno nel luogo della resurrezione. Per non parlare dell’inciviltà che s’incunea anche nella cosiddetta società civile complice delle soste in doppia fila, della pretesa circolazione in controsenso, di piccoli e grandi gesti di arroganza che mal si accordano con il presunto carattere d’oro dei cittadini. E stiamo parlando dei peccati veniali, quelli che si potrebbero evitare con un po’ di educazione e senso civico in più. Sappiamo che c’è anche altro.
Bisogna sognare e anche credere. Credere e anche agire. Agire e pretendere che lo facciano anche gli altri se davvero si vuole stabilizzare un cambiamento oggi più emotivo che reale. Basta poco per ritrovarsi a terra. Nessuna conquista è per sempre, figuriamoci la sua semplice sensazione. Non possiamo accontentarci di qualche segnale incoraggiante. Dobbiamo utilizzare il tempo fortunato che ci è concesso per meritare la condizione di favore che stiamo vivendo. Gli uomini e le donne buona volontà ci sono. Ma il numero di chi sopravvive a se stesso è ancora troppo alto per avere fiducia nel futuro.