Napoli? Stato autonomo degli artisti. Parola di Jerry Calà

Nuova mission per Gerry Calà che giorni fa è giunto a Napoli, nel corso del tour di presentazione del suo primo libro dal titolo“Una vita da libidine”
Jerry Calà; il suo rapporto con Napoli?
Questa è una città che mi sta particolarmente a cuore e non a caso l’ho individuata tra le tappe del tour di promozione del mio libro. Napoli è stata inaspettatamente e da sempre molto generosa con  me ed i miei compagni di avventura nello spettacolo, parlo di Umberto Smaila, Franco Oppini, Nini Salerno. Nonostante la nostra provenienza nordica, questa città è stata la prima a darci fiducia teatralmente. Correvano gli anni “70 ed il Teatro Cilea  ci offrì due settimane in cartellone con il nostro spettacolo, quando a quell’epoca noi altrove eravamo abituati ad esibirci al massimo nei cabaret, in piccoli ritrovi. Debuttammo al teatro vomerese e dopo  2 o 3 spettacoli, grazie al passaparola positivo del pubblico, registrammo il tutto esaurito per le repliche successive. Ricordo che in quel periodo l’allora direttore del “Sancarluccio” ci offrì un posto stabile nel suo teatro ma noi, pur lusingati dell’offerta, rifiutammo preferendo essere artisticamente itineranti.
Il pubblico partenopeo la segue molto anche al cinema?
Esattamente; io ero un maniaco degli incassi ai botteghini dei cinema, che seguivo attentamente in ogni città quando un mio film era in programmazione e ricordo che le più grandi soddisfazioni le ricevevo dagli incassi di Napoli.
Definirebbe Napoli come  fucina di talenti?
Certamente sì, sotto il profilo artistico credo che essa rappresenti in assoluto uno Stato Autonomo con una tradizione unica in tutti i segmenti dello spettacolo, dalla musica al teatro.
Com’è cambiata oggi la comicità rispetto a ieri?
Moltissimo, all’epoca mia i comici inventavano i personaggi, vedi ad esempio Villaggio, Pozzetto, mentre oggi, tranne le dovute eccezioni, i comici sono degli imitatori. Per dirla tutta, riferendomi allo stato attuale, mi piace parlare di una “comicità parassita”.
Attore di successo, come spiega questa sua nuova veste di scrittore?
Per la verità, avevo sempre preso in giro gli amici /colleghi che si erano messi a scrivere un libro, fino a quando un bel giorno una casa editrice importante mi fece la proposta di raccontare la mia vita; allora ho cominciato  ad andare indietro nel tempo e ad aprire i cassetti della memoria, svuotando  un armadio pieno di scheletri; la mia non è una biografia didascalica ma un racconto in cui tracciando le fasi della mia vita, ripercorro di riflesso tutti i grandi cambiamenti  di quell’epoca, quali ad esempio, nella musica, il passaggio da Claudio Villa ai Beatles, soffermandomi anche sull’esperienza artistica ed esistenziale vissuta con gli altri componenti dei Gatti di Vicolo Miracolo con i quali per anni interi ho condiviso ogni cosa.
Ci parli del libro.
E’ diviso in capitoli che toccano più città a cui ho dedicato un diverso genere musicale; la struttura del racconto in realtà riprende un po’ la mia esistenza da “vagabondo”, per la professione del mio papà che era interprete. Io sono nato a Catania, il mio vero cognome è Calogero, poi sono andato a Milano, ho frequentato l’Università a Bologna e da qualche tempo mi sono fermato in modo stanziale con la mia famiglia a Verona.
Di origine siciliana; cos’ha conservato caratterialmente della sua terra?
Il culto dei valori familiari ed il rispetto e l’amore per gli anziani, molto forti nel sud e molto poco sentiti nel Nord Italia.
Progetti per il cinema?
Sì, proprio durante la lavorazione del libro, mi è venuta la voglia di condividere di nuovo un’esperienza lavorativa  con i miei amici di sempre, facendo un film con loro ; poiché tutti noi abbiamo una certa età, ho individuato un titolo ad hoc: “2016, Odissea nell’ospizio”. Ho pensato  ad una storia vagamente autobiografica  in cui con Umberto, Nini e Franco ci ritroviamo insieme per puro caso perché tutti rifugiati in una stessa casa di riposo. Nella struttura  si verificheranno tante situazioni divertenti anche se il film tocca argomenti seri di scottante attualità, quali il problema della malasanità con l’episodio del direttore della struttura che si è mangiato al gioco il budget di spesa pubblica per sostenere l’ospizio ed il fenomeno dell’immigrazione con l’assegnazione coattiva alla casa per anziani  da parte del comune di appartenenza di ben 10 profughi.
“Una vita da libidine”; come definirebbe la sua esistenza?
Proprio con il titolo che ho dato al mio libro; la vita l’ho un po’ mangiata ed ancora oggi ho voglia di assaporarla. Il termine “libidine” è stato un po’ il mio tormentone nel privato e sulla scena. Alla mia età, desidero trasmettere ai giovani la mia filosofia di vita, esortandoli ad avere anche loro “fame “ di esperienze, di futuro, di realizzare le proprie aspettative senza attendere nessuno. Purtroppo oggi i ragazzi si lasciano andare , tendono a lamentarsi , sono indolenti, pretendendo “il piatto del futuro sul tavolo” bello e servito. Chi ha un sogno, deve combattere per realizzarlo con le unghie ed i denti, con tutte le sue forze ed alla fine potrà esclamare con soddisfazione: ho vinto!!.