Napoli riparte dal saper fare Nuovi cluster contro la crisi

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A Napoli è tempo di ripartire dalla moda e dal “saper fare” delle imprese partenopee. Magari puntando su cluster che uniscono all’alta qualità la possibilità per le Pmi di ammortizzare i costi. Ne A Napoli è tempo di ripartire dalla moda e dal “saper fare” delle imprese partenopee. Magari puntando su cluster che uniscono all’alta qualità la possibilità per le Pmi di ammortizzare i costi. Ne è convinto Carlo Palmieri, presidente della Sezione Sistema Moda Unione Industriali di Napoli e amministratore delegato del Gruppo CarpisaYamamay, tra i protagonisti dell’evento organizzato oggi alla Mostra d’Oltremare di Napoli. “Il comparto industriale della moda gode in Campania di una duplice valenza – spiega -: se da un lato possiamo contare sulla presenza di imprese dell’alta sartorialità riconosciute in tutto il mondo, dall’altro siamo stati capaci di essere competitivi anche in un altro segmento, quello del ‘lusso accessibile’, riuscendo a ribattere colpo su colpo a colossi esteri come il gruppo Zara o H&M. La filiera campana della moda – aggiunge Palmieri – quindi, riesce bene a mettere insieme stile, qualità e quantità e sa rendersi appetibile sui mercati nazionali e internazionali. Queste due anime del settore sono due mezzi fondamentali per fattori essenziali per le imprese come crescita ed internazionalizzazione, ma dobbiamo integrare tutto questo con un progetto comune che riesca a dare forza ai molti piccoli imprenditori che hanno reali opportunità di guardare anche all’estero”. Ripartire dalle eccellenze – Una necessità, quella di lavorare in rete, rilanciata con forza anche dal presidente dell’Unione Industriali di Napoli, Ambrogio Prezioso: “Dobbiamo ripartire dalle eccellenze della regione – dice -,in particolare dal manifatturiero, come dimostra la celebrazione del centenario di Marinella. Manifatturiero ma non solo: tutti i settori si possono aiutare tra loro riunendosi in cluster, come già abbiamo proposto col progetto città digitale. Una burocrazia troppo pesante – prosegue Prezioso – rappresenta una giungla, un disastro dove si annidano abusivismo, malaffare e corruzione, e dove troppo spesso si bloccano ottime procedure”. Il brand Napoli – L’economia Campania può ripartire dalla Moda anche secondo il presidente dell’Ice, Agenzia per la promozione all’estero e l’Internazionalizzazione delle imprese italiane, Riccardo Monti. Che parla del comparto come di un “fattore di sopravvivenza per la Campania e per Napoli. I dati dell’export 2013 – aggiunge – registrano un volume d’affari di 450 milioni e il 2014 sta dando importanti segnali di crescita. Per avere un’idea dell’importanza di questo settore basti pensare che il sistema moda Italia è stato in grado di superare il sistema auto tedesco. Una grande filiera dell’abbigliamento – prosegue – è necessaria per far ripartire il territorio, una filiera che andrebbe a integrarsi con quelle dell’aerospazio, automotive, farmaceutica, conserviera e delle scarpe, solo per citarne alcune. Il Pil del Sud è stato sicuramente martoriato dalla crisi ma esistono ottime prospettive di rilancio e crescita, anche attraverso alcuni fattori, come una promozione intelligente dei brand, la folta presenza pressoché in ogni angolo del globo di napoletani e una fortissima rappresentanza alla Farnesina. E poi – conclude Monti – non bisogna mai dimenticare che di per se Napoli è già un grandissimo brand”. I cento anni di Marinella – Testimonial d’eccezione delle eccellenze della moda in Campania, Maurizio Marinella elenca i segnali positivi che si possono cogliere in questo periodo:”Oggi festeggio 100 anni della mia impresa con l’idea che non si tratti di un punto di arrivo – dice -ma di una nuova partenza. Ci arrivo con grande entusiasmo e voglia di fare. È vero che l’Italia,  il Sud e Napoli stanno attraversando un periodo di grande difficoltà, ma questo non vuol dire che non ce la si possa fare. In primo luogo bisogna puntare sui mercati esteri, internazionalizzare il settore, poi bisogna ragionare da sistema moda e non come singola impresa. A Napoli esistono tantissime aziende di piccole e medie dimensioni, quello che si deve evitare è una sorta di ‘polverizzazione’”. Fucina del manifatturiero – “Il Sud è una grande fucina di imprese manifatturiere – dice il presidente di Sistema Moda Italia Claudio Marenzi -: tessile e abbigliamento rappresentano il secondo settore industriale per importanza in Italia. Si tratta di un settore fondamentale, come testimoniato dall’immagine di Marinella nel mondo. Al di là dei numeri (parliamo di un fatturato complessivo di oltre 52 miliardi) si tratta di un biglietto da visita come il food o il designa. Di fondamentale importanza – prosegue Marenzi – è la collaborazione tra i tanti soggetti interessati, e in tal senso stiamo svolgendo un grande lavoro in Italia come all’estero,  specialmente negli Stati Uniti. Con il supporto del Governo, e magari uno snellimento di alcune procedure burocratiche, vogliamo proseguire nella spinta all’internazionalizzazione”.”La moda è un esempio lampante dell’internazionalizzazione dell’Italia in Europa e nel mondo – aggiunge il Direttore Centrale per l’Internazionalizzazione del Sistema Paese, ministero degli Affari Esteri Vincenzo De Luca – . C’è la necessità di avvicinare i mercati attraverso un sistema: è l’unico modo per essere davvero competitivi. Non sono poche – conclude De Luca – le piccole e medie imprese che hanno capito questa necessità per penetrare nei mercati esteri anche grazie al loro saper fare”. Internazionalizzazione, ma non per tutti – Chiude il dibattito il vice ministro dello Sviluppo economico Carlo Calenda mettendo in risalto un dato: “L’internazionalizzazione non è per tutti. E’ importante focalizzarsi sulle imprese che abbiano effettive possibilità di penetrare i mercati esteri, ad oggi parliamo di 70mila realtà. Abbiamo in programma – prosegue il vice ministro – di aiutare concretamente gli imprenditori, ad esempio agevolando le assunzioni di export manager o rafforzando i grandi eventi di settore in Italia. Per crescere ci vuole una distribuzione organizzata, strutturata. Solo in un secondo momento possiamo essere pronti ad aggredire i mercati a grande potenzialità, Paesi come l’Azerbaijan o come alcuni stati americani, ad esempio il Texas, dove ancora non siamo abbastanza presenti. Una struttura l’Italia ce l’ha – conclude Calenda – il potenziale di crescita è enorme e la filiera è straordinaria. Ora serve una politica commerciale, un lavoro da fare insieme alle imprese”. Il caso del Bassotto – A margine dell’incontro prendono la parola anche gli imprenditori del territorio. A parlare per primo è Domenico Menniti, ad di Harmont & Blaine, che sottolinea la necessità, per le imprese italiane della moda, di dotarsi di “strutture preparate a gestire le difficoltà di questa seconda globalizzazione. Ad 8 anni dalla nostra prima apertura in Cina – dice – abbiamo avuto gravissimi problemi per lo sfruttamento illegale del nostro marchio, cosa che ci ha costretto a chiudere alcuni dei nostri negozi. Inoltre è di fondamentale importanza non perdere mai di vista il mercato italiano per poter pensare ad un’espansione all’estero”. Un consiglio per la promozione dei brand italiani arriva, invece da Carlo Casillo, numero uno del Gruppo Push, che sottolinea l’importanza delle fiere di settore come “vetrina per il made in Naples”. Non poteva mancare il padrone di casa, il presidente Mostra d’Oltremare, Andrea Rea che si dice soddisfatto di aver “restituito la Mostra alla città, uno spazio che rappresenta una funzione di sviluppo per tutto il territorio. Stessa funzione, peraltro, esercitata dal comparto della moda, che raccoglie in sé i quattro cardini per lo sviluppo: risorse, competenze, identità e lavoro. In particolar modo è importante favorire il nesso tra territorio e progettualità – conclude Rea – per rilanciare un quadro che sappia fare leva sulle competenze e sulle capacità di un settore che rappresenta una delle più importanti eccellenze di tutta la Campania”.