Riproponiamo l’articolo di Ermanno Corsi apparso sul Roma di martedì 8 agosto all’interno della rubrica Spigolature
di Ermanno Corsi
Luglio mese da ricordare, meteo surriscaldante a parte. Nel 2001 apriva le porte il primo megastore con il nome di Feltrinelli, agente centrale nella storia del pensiero e grande artefice della diffusione libraria. Il respiro di una nuova modernità attraversava la parte bassa di Napoli. All’inizio di questo 2023 l’annuncio di una chiusura dovuta a problemi di “riorganizzazione e ammodernamento”. Fiato sospeso per le tante iniziative che improvvisamente si fermavano senza dare certezza di ripresa. Così non per la Feltrinelli. Dopo i sei mesi previsti, in data 11 luglio scorso, giusto venti anni dopo il primo insediamento, la riapertura con incoraggianti novità funzionali,42 mila volumi molto bene esposti e un contenitore rinnovato che vuole proiettarsi “verso il futuro del libro e della lettura”, come hanno assicurato i promotori.
DALLA SODDISFAZIONE ALLE POLEMICHE.A guastare il clima beneaugurante, l’annuncio di un possibile insediamento della Feltrinelli in altra parte della città, forse il Vomero. Il calore della polemica è diventato rovente e il tono ambiguo, proprio delle contrapposizioni “quartierarie” precostituite. Da una parte chi apprezza le dimensioni editoriali e librarie in grado di reggere meglio sul mercato, dall’altra chi è arroccato su se stesso e non vede vie d’uscita allo stato di crisi strisciante o permanente. E’ indubitabile che le mega dimensioni spaventano, ma è anche troppo resistente la tendenza dei piccoli imprenditori che preferiscono essere ciascuno il tutto di un ristretto ambito, anziché la parte di un tutto che può crescere e affrontare con maggiore prospettiva la concorrenza dei “grandi”. Per questo è di buon senso e spirito pragmatico la riflessione di Guido Trombetti, già rettore della Federico II, quando considera “sterile” il conflitto tra megastore e piccole librerie napoletane.
POSSIBILI VIE D’USCITA. La principale sembra proprio quella indicata da Titti Marrone quando scrive “no alla guerra delle librerie, ma un piano per moltiplicarle”. Anche qui, però, senza una programmazione ponderata, ogni nuova iniziativa rischia d’essere un salto nel buio. Si legge poco, si comprano meno libri, i costi d’esercizio sono in crescita gravosa. Ogni imprenditore, grande o piccolo, sembra abbandonato a se stesso. Quali le iniziative più efficaci per allargare la platea ben oltre i pochi “divoratori di pagine”? E le biblioteche: centri attivi di formazione o semplici e polverosi depositi di volumi? Ancora: tra amministrazioni pubbliche e capitale privato, chi deve muoversi per primo, a chi tocca il primo passo?
UNA BELLA SFIDA. ”Io ricomincio da tre”, disse Massimo Troisi. E Aldo Masullo, filosofo sapientemente ammonitore, aggiunse: ognuno dica tra sé “io ricomincio da me!”. Il clima generale sembra diventato, oggi, più favorevole allo spirito di iniziativa che alla ristagnante rassegnazione. E del resto sono lontani i tempi in cui un ministro (Giulio Tremonti?), affermava che “con la cultura non si mangia”. Più recentemente Dario Franceschini (al Governo fino al 2022) ha ben precisato, in un libro, che la cultura non è solo leva di crescita civile, ma motore di uno sviluppo economico sostenibile, chiave per costruire “il mondo che verrà”. A sua volta Gennaro Sangiuliano è tanto fiducioso nel suo “progetto cultura” che non mostra alcun interesse a lasciare il Ministero per diventare governatore della Campania.
RICOMINCIO DAI LIBRI. Questo il felice avvio della Fiera letteraria che giunge alla nona edizione “più grande e innovativa”. Sede l’Archivio di Stato (direttrice Candida Carrino) che dal 22 al 24 settembre non manca di riproporsi come “casa delle storie e della loro tutela”. Responsabile artistico Lorenzo Marone, è la presidente Deborah Divertito a ricordare che questa fiera è “la più longeva della Città”. Pertinente e ragionato il ricordo di Italo Calvino (nacque il 15 ottobre 1923) con la sua stimolante narrativa sulle “città invisibili”. Se Napoli gli appariva “non corrispondente alla bellezza delle sue cartoline”, non per questo bisognava rinunciare a capire come muoversi nel disordine “che l’abita e che ci abita” e quanto in mezzo all’inferno ”non tutto è inferno”.