Napoli, il cardinale Sepe: Il 2020 sia l’anno dei giovani

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in foto il cardinale e arcivescovo di Napoli, Crescenzio Sepe

“Il 2020 sia l’anno dei giovani, di appagamento dei loro sogni e delle loro aspirazioni, del pieno riconoscimento dei loro diritti”. E’ l’auspicio che il cardinale Crescenzio Sepe ha rivolto alla città nel corso della celebrazione del Te Deum ieri sera nel Duomo partenopeo. Ecco il testo integrale della Liturgia di fine anno.

“Distinte Autorità,
Cari fratelli,
devo confessarvi che aspetto molto questo momento di incontro, che non è un appuntamento come un altro, bensì occasione di riflessione comune per affrontare con più fiducia e coraggio il nostro prossimo futuro, l’anno che viene.
Ogni comunità viva ha bisogno di ritrovarsi e fare il punto sul proprio cammino: Napoli più di altre, a motivo del suo naturale respiro universale alimentato da una storia tanto grande che non le consente di rassegnarsi alle mediocrità.
È per questo che Napoli non abbassa la testa: c’è un’inesauribile “forza di dentro” pronta a soccorrerla anche quando tutto sembra perduto, quando il buio cala su di essa per la protervia di alcuni e di forze del male che quel buio se lo portano dentro e cercano di trascinare la città in un folle disegno di violenza.
Così le sirene dell’emergenza suonano da ogni versante, compreso quello delle aziende e delle fabbriche che chiudono, o che dismettono rami di attività, un tempo fiorenti e oggi messe sotto accusa anche per il devastante impatto ambientale.
Che fare?
Non è una domanda nuova per Napoli. Ma anche oggi non c’è altra risposta che la speranza. Niente serve di più a Napoli e alla sua gente, soprattutto ai suoi giovani.
Sulla speranza si è svolto quello che può essere definito il magistero dei Papi su Napoli. Prima San Giovanni Paolo II, poi papa Benedetto, più recentemente Francesco sono venuti a riaccendere, ognuno per il proprio tempo, questa fiamma a volte tremolante, flebile, presa di mira da venti avversi, eppure sempre tenace, robusta, mai rassegnata a spegnersi. Ora è tempo che questa fiamma si ravvivi del tutto, ritorni a essere forte e a “invadere” di sé una città che non può vivere senza .
Viene in mente la profezia delle parole che Papa Wojtyla affidò a Napoli nel suo storico pellegrinaggio del 1990, quasi 30 anni fa.
Organizzare la speranza fu il leit-motiv di quella straordinaria visita.
Per essere reale, comunque, anche la speranza ha bisogno di appoggi solidi e concreti.
Il “che fare” di Papa Wojtyla venne al termine di una lucida elencazione dei mali della città, a partire dalla violenza. “È certamente violento chi uccide, affermò nell’incontro con i giovani al “San Paolo”, ma non lo è meno chi umilia in tanti modi la dignità della persona umana. È violento chi è operatore di una tessitura malefica che avvolge e schiavizza la dignità della persona. È violento chi non rispetta la società e i doveri sociali, chi mortifica la crescita umana, sociale, civile, religiosa, specialmente dei bambini e dei giovani “.
Che fare, allora, si chiedeva il Papa?
Ma ecco il suo grido che, oggi, vogliamo raccogliere e rilanciare con tutta la nostra forza alla città e alla chiesa di Napoli:” Non scoraggiatevi, non lasciatevi abbattere, non rifugiatevi nell’alibi del vittimismo, che sarebbe la peggiore risposta all’alibi del pregiudizio non sempre disinteressato su Napoli e sul Mezzogiorno”.
È tempo di riprendere quel grido e farne lo scudo di una nuova speranza per Napoli.
Senza speranza Napoli è morta. Non ha futuro e stenta a vivere anche un presente che rischia di sfuggirgli ogni giorno di mano.
È paradossale, per esempio, che la città sia tornata al centro di un grande interesse internazionale. Non sono solo i flussi turistici ad avere riscoperto Napoli: l’arte, la cultura, numerosi organismi e istituzioni di grande profilo continuano a rivolgere la loro attenzione sul grande patrimonio e sul significato stesso della città nel nuovo ordine mondiale.
Ma la speranza non è attesa, la speranza non è rinvio a domani ma è fare e tutti siamo chiamati a fare, a mettere in atto progetti finalizzati al bene di tutti, specialmente dei più deboli.da subito, ciascuno per la propria parte.
E’ l’impegno che dobbiamo assumere oggi, in questo momento di riflessione e di ringraziamento al Signore per l’anno che ci ha dato da vivere e per quello nuovo che si apre davanti a noi.
In particolare, dobbiamo tutti impegnarci, con determinazione e concretezza, perché
IL 2020 SIA L’ANNO DEI GIOVANI, DI APPAGAMENTO DEI LORO SOGNI E DELLE LORO ASPIRAZIONI, DEL PIENO RICONOSCIMENTO DEI LORO DIRITTI.
Intanto, un pensiero buono e doveroso per l’ultimo giorno di dicembre è quello del ringraziamento: si canta il Te Deum, ricordando le vicende dei dodici mesi trascorsi. Ci si accorge che «tutto è grazia», che tutto è stato attraversato e indirizzato da un influsso misterioso e benefico, quello della Provvidenza divina, che rivolge a bene ogni cosa (cfr. Rom. 8, 28). È questa una delle osservazioni più belle e sapienti, che noi possiamo fare oggi sul tempo passato, e che ci fa incontrare, a questo traguardo, il volto paterno di Dio, da dove parte e dove termina il nostro cammino nel tempo.
A Maria, che domani ricorderemo come Madre di Gesù e Madre nostra, affidiamo il nostro cammino, sicuri che lenirà le piaghe di tutti i suoi figli.

Buon anno a tutti e ‘A Maronna c’accumpagne!”