Il sindaco Luigi de Magistris, lo ha assicurato più volte: per Napoli mai il dissesto. E ora gli occhi sono puntati sul tavolo tecnico di domani a Palazzo Chigi chiamato a trovare una soluzione sul debito Cr8 per sbloccare il pignoramento delle casse comunali e dare ossigeno alle finanze di Palazzo San Giacomo. Ma in futuro, quello che auspica il Comune, una “legge sul debito storico” che possa risolvere sì i problemi finanziari di Napoli, tracciando anche una strada per altri enti che potrebbero trovarsi nella stessa situazione del capoluogo campano. D’altra parte i dati dicono che, negli ultimi anni, sono diversi gli enti locali, specie al Sud, con i conti in rosso costretti a dichiarare il dissesto o a chiedere la procedura di riequilibrio finanziario pluriennale. Sono quasi ottocento, ossia circa il 10% del totale, gli enti locali che dal 1989 a fine 2017 sono stati interessati da rilevanti criticità finanziarie che hanno determinato il ricorso all’istituto del dissesto piuttosto che del riequilibrio finanziario pluriennale, come emerge dal recente Rapporto 2017 della ricerca sulle ”Criticità finanziarie dei comuni” dell’Università Ca’ Foscari di Venezia. L’ateneo, insieme al ministero dell’Interno, hanno realizzato il progetto di costruzione di una banca dati che raccoglie la documentazione riguardante le procedure di dissesto e riequilibrio dei Comuni italiani.
Nel 1989, si ricorda nel Rapporto, fu introdotta la procedura di dissesto nell’ordinamento giuridico italiano per rispondere alle crescenti criticità finanziarie degli enti locali. Gli enti che hanno fatto ricorso alla procedura del dissesto dall’anno della sua introduzione alla fine del 2017 sono 592, in stragrande maggioranza Comuni (588): circa il 7% sul totale dei Comuni italiani. Per alcuni Comuni l’esperienza non è rimasta isolata: sono, infatti, 32 gli enti “recidivi”, ovvero che, nel lasso di tempo considerato, hanno sperimentato più di un ricorso alla procedura del dissesto. Non solo. I dati dicono che si tratta di una questione soprattutto meridionale: l’82% delle procedure di dissesto (485) è relativo a Comuni del Sud Italia, l’11% a Comuni del Centro Italia e, infine, appena il 7% a Comuni del Nord. Sono praticamente 4 su 10 (172) gli enti locali che in Calabria hanno fatto ricorso almeno una volta alle procedure di dissesto (di cui 13 ‘recidivi’), si legge nel Rapporto, mentre sono uno su 4 (152) in Campania (di cui 13 ‘recidivi’). Seguono, più distanziate, Sicilia (51 enti) e Puglia (44). Fra i territori più virtuosi, le regioni autonome del Nord Italia, nelle quali non si è registrato alcun caso di dissesto in quasi trent’anni, e diverse altre regioni per le quali si registrano meno di una decina di casi, molti dei quali anche datati nel tempo (Veneto, Sardegna, Umbria, Liguria, Toscana, Marche, Emilia-Romagna). Riguardo poi alla procedura di riequilibrio pluriennale, nonostante la sua recente introduzione, a fine 2017, sono già 253 gli enti locali (ben 13 le province) che ne hanno fatto richiesta: circa il 3% del totale.