Napoli criminale, più miseria che nobiltà

154

Riciclaggio, prestanomi, usura, camorra, mafia. È fatto anche di questo l’economia di Napoli (manteniamo l’obiettivo su di lei ma potremmo allargarlo all’intero Paese). Non è una sorpresa per nessuno. Eppure, ogni volta che un episodio di cronaca ne fornisce la conferma si riparte con le analisi e le solite considerazioni. Necessarie, per carità, ma forse non sufficienti.
La scoperta della proprietà non proprio adamantina di un noto ristorante del centro storico – Dal Presidente – fornisce l’occasione per l’ennesima incursione nel campo grigio in cui si confondono malaffare e opportunismo di un ceto professionale e imprenditoriale che per bisogno o semplice desiderio di guadagno facile non arretra di fronte alle richieste di collusione.
L’esplosione del turismo in ogni forma – soprattutto in quella stracciona – ha trasformato la città in un coacervo di friggitorie e pizzerie che sfratta dai luoghi nobili antiche botteghe artigiane depositarie di saperi e mestieri. Affittacamere non sempre muniti di patente di legalità completano il quadro di una metropoli confusa e in cerca di un suo legittimo riscatto.
Esaurito il beneficio allargato del reddito di cittadinanza occorre pur dare una valvola di sfogo a una popolazione ancora in larga parte priva di un lavoro dignitoso. Gli sforzi per normalizzare la situazione sono tanti e lodevoli. Ma sono ancora lontani dal raggiungimento degli obiettivi che cominciano a delinearsi ma restano sullo sfondo per i ritardi accumulati.
Nel racconto dell’ultimo affare criminale c’è una storia minima che vale la pena mettere in evidenza. Un bravo e onesto giovane – per ammissione della stessa moglie del suo aguzzino – è costretto ad abbandonare la sua agenzia di viaggi per le minacce e le percosse periodicamente ricevute. Chiude l’attività e scompare non potendone più di vessazioni e mortificazioni.
Semplicemente, si arrende alla prepotenza. E non risulta si sia rivolto alle autorità di pubblica sicurezza per veder difese le sue ragioni. O, se lo ha fatto, non deve aver avuto soddisfazione a giudicare dall’esito della vicenda. Ed è quello che capita a tanti sfortunati che, magari in difficoltà, s’imbattono in improbabili salvatori che s’incaricano di portarti all’inferno.
Tutto questo convive con l’effervescente ripresa delle attività culturali, i grandi piani d’investimento a est come ad ovest (con la prospettiva di portare a termine bonifica e rilancio di Bagnoli), l’interesse di importanti investitori come gli arabi che di recente hanno avuto modo di apprezzare bellezze e potenzialità di un territorio che resta tra i più suggestivi al mondo.
Analisti ed esperti ci dicono che la ricchezza per abitante cresce al Sud più che al Nord. Conseguenza di uno spopolamento pericoloso perché riguarda i più intraprendenti, certo, e con ogni probabilità anche di un nuovo dinamismo diffuso: fatto di tante piccole accortezze che, messe insieme, cominciano a fare massa critica. E bisogna sempre guardare al bicchiere mezzo pieno.
Senza dimenticare la metà vuota, però, che spinge per avere più spazio e troppe volte ci riesce. Per contrastarne l’arroganza non bastano i buoni propositi, occorrono i fatti. E chi fa impresa in modo sano sa bene quanto sia difficile districarsi tra le tagliole manifestamente malavitose e quelle vestite con abiti legali più insidiose delle prime. È triste ma è difficile negare che sia la realtà.
Come sempre la nobiltà dei propositi si scontra con la misera dei comportamenti.