Musei in poltrona, ad Haifa viaggio nell’Archeologico di Napoli

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Nell’ambito dell’iniziativa “Musei in poltrona“, lo storico dell’arte Efi Ziv proporrà ad Haifa un viaggio nel “Museo archeologico nazionale di Napoli e il Gabinetto segreto“: la conferenza, promossa con il sostegno dell’Istituto italiano di cultura, si svolgerà lunedì 18 gennaio alle 10 presso il Centro culturale Beit Aba Hushi. Il Museo archeologico nazionale di Napoli, uno dei primi costituiti in Europa in un monumentale palazzo seicentesco tra la fine del Settecento e gli inizi dell’Ottocento, può vantare il più ricco e pregevole patrimonio di opere d’arte e manufatti di interesse archeologico in Italia. Vi sono esposti oltre tremila oggetti di valore esemplare in varie sezioni tematiche e conservati centinaia di migliaia di reperti databili dall’età preistorica alla tarda antichità, sia provenienti da vari siti antichi del Meridione, sia dall’acquisizione di rilevanti raccolte antiquarie, a partire dalla collezione Farnese appartenuta alla dinastia reale dei Borbone, fondatori del Museo.
“Gabinetto segreto” è il nome che i re Borbone di Napoli hanno dato alle sale riservate (alle quali “avessero unicamente ingresso le persone di matura età e di conosciuta morale”) in cui vennero raccolti i vari reperti a soggetto erotico o sessuale che man mano venivano alla luce negli scavi di Pompei ed Ercolano o erano acquisiti in altro modo. Nel corso dei secoli la collezione è stata chiamata anche “Gabinetto degli oggetti riservati” o “osceni” o “pornografici”. Dopo i moti rivoluzionari del 1848 il Gabinetto divenne simbolo delle libertà civili e di espressione, quindi censurato in quanto considerato politicamente pericoloso. Venne addirittura proposta la distruzione dei reperti, in quanto “monumenti infami della gentilesca licenza” e “lascivissimi”, al fine di salvaguardare la buona reputazione della casa reale. Tuttavia l’allora direttore del real museo borbonico riuscì ad ottenere che la collezione venisse chiusa ai visitatori e resa difficile la sua visita. Il culmine della censura la si ebbe nel 1851 quando, dopo che vi furono rinchiuse anche tutte le Veneri semplicemente perché nude, la collezione fu definitivamente sigillata e infine anche murata affinché “se ne disperdesse per quanto era possibile la funesta memoria”.