Ciò che manca al Bazar è l’adattabilità sociale e la capacità di piantare radici cooperative che fanno evolvere il linguaggio dell’innovazione tanto da inventare un appropriato vocabolario tra le cui voci spiccano “fluttuazione”, perturbazione” e “squilibrio”. Esse si trovano nel bagaglio culturale dell’Homo Innovatus lungo il percorso che partendo dall’organizzazione chiusa nella sua bolla sbocca nell’innovazione che aprendosi al dialogo riesce a disegnare un futuro possibile. Con l’evoluzione del linguaggio si rafforza l’argomentazione a sostegno delle perturbazioni evolutive dei rapporti economici al posto della quiete economica assicurata dalle preferenze razionali, dalla massimizzazione dell’utilità e dei profitti, e dalla piena disponibilità dell’informazione pertinente: tre condizioni climatiche che tengono lontane le tempeste.
Come ci si muove nello spazio mentale dell’innovazione aperta? Una risposta prende spunto dal gioco degli scacchi. L’innovatore aperto è assimilabile al cavallo giacché salta da un team a un altro, e così spostandosi è fonte di sorprese. Il nostro giocatore ha infinite possibilità da sfruttare, e illimitate sono le possibili reazioni degli altri giocatori. Nell’incertezza radicale che li avvolge, ciascuno di loro si affida a semplici regole di comportamento, un po’ a occhio e croce.
Ci si può muovere spostandosi negli spazi adiacenti al proprio dominio. Così si comportò Nicholas Callan (1799-1864), scienziato e prete irlandese, cui si deve, nel 1836, la bobina nella quale circola una corrente alternata. Un risultato ottenuto combinando insieme due idee adiacenti: la scoperta nel 1831 dell’induzione elettromagnetica da parte del fisico e chimico Michael Faraday (1791-1867) e l’elettromagnete inventato nel 1825 dal fisico William Sturgeon (1783-1850).
Può accadere che gli spazi mentali adiacenti diano luogo a spazi fisici che sono sorgenti di combinazioni improbabili. Come racconta Christina van Houten (2016), la concentrazione nell’isola di Murano degli artigiani veneziani del vetro si rivelò una “creazione accidentale di una colonia di vetrai altamente qualificati”.
Il muoversi nelle adiacenze potrebbe indurre la comparsa della sindrome del ‘pensiero unico’ per lealtà alla comunità scientifica o al distretto industriale cui si appartiene. Si spostano verso spazi ampi e ‘bianchi’ (non contaminati) coloro che si addentrano nelle pieghe dell’anti-disciplina.